Delitti Esoterici. Stefano Vignaroli

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Delitti Esoterici - Stefano Vignaroli

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      «No, dottoressa. Però stiamo prelevando anche detriti carbonizzati, forse possiamo trovarvi qualcosa di utile. Appena finito il lavoro in laboratorio le invieremo un rapporto dettagliato. Per ora qui abbiamo finito. La Polizia Mortuaria è arrivata e possiamo far trasferire il cadavere all'obitorio.»

      Ritornando verso il piazzale dove era parcheggiata la nostra auto, un cartello in legno, che indicava la Fonte della Noce, attirò la mia attenzione.

      «Andiamo a dare un'occhiata?» mi rivolsi a Mauro e, senza neanche attendere la sua risposta, imboccai il sentiero che si addentrava in una zona di bosco fitto. Avanzammo per un breve tratto e guadagnammo una radura dominata da un grosso albero di noci, in prossimità del quale, da un fontanile, sgorgava un invitante zampillo d'acqua. Dato il caldo e le fatiche della giornata, sia io che Mauro ingurgitammo qualche sorso di acqua freschissima, poi iniziammo a guardarci in giro per scorgere qualcosa di particolare, qualche segno, qualche indizio. A prima vista sembrava non esserci nulla di interessante. Mentre mi rammaricavo di non avere con me il mio fido Furia, impareggiabile cercatore di tracce, il mio occhio cadde proprio vicino al grande albero, dove notai della terra smossa.

      «È stato fatto un disegno sul terreno con un oggetto appuntito, un coltello o un bastone a punta. Di solito gli appartenenti alle sette eseguono dei riti in determinati luoghi, disegnando dei simboli, pentacoli o altro, che alla fine vengono eliminati. Sembra che qui il disegno sia stato cancellato in fretta e furia, dato che ancora se ne vedono alcune parti. Si scorgono anche alcune scritte. Forse la cerimonia è stata interrotta o disturbata e gli adepti si sono dovuti dileguare, altrimenti avrebbero avuto molta più cura nel cancellare ogni traccia.»

      «Pensi a una Messa Nera, magari con sacrificio, che so, di un animale, di una vergine, di uno degli stessi adepti?»

      «Per ora non penso nulla, mi limito a osservare e fare bagaglio di ciò che vedo e sento. Di elementi ce ne sono tanti, ma non so ancora quali possano essere utili e quali no. Il sentiero si dirige da quella parte. Proseguiamo?»

      Dopo pochi passi la vegetazione diveniva talmente intricata che sembrava che il sentiero finisse. Stavo per tornare sui miei passi, quando intravidi, a una trentina di metri, una sagoma arrugginita.

      «Deve essere la carcassa del mezzo del taglialegna andato a fuoco anni fa. Nessuno si è preoccupato di asportarla, anche perché il proprietario era defunto da anni. Data la vegetazione, direi che non riusciremmo mai a raggiungerla» fu il commento di Mauro.

      «Già, dovremo portarci un'attrezzatura adatta a sfoltire la vegetazione per andare a darci un'occhiata» risposi. «Torniamo all'auto ora!»

      Ci avviammo ad andatura moderata giù per i tornanti che riconducevano verso il fondo valle, percorrendo l'incantevole Valle Argentina. Superato l'abitato di Molini di Triora, la strada scendeva ancora. Un cartello pubblicitario indicava che da lì a poche centinaia di metri avremmo trovato il ristorante "Da Luigi".

      «Vogliamo verificare l'alibi della strega?» proposi a Mauro.

      «Sì, volentieri» fu la sua replica. «E visto che è pomeriggio inoltrato e non abbiamo messo ancora niente sotto i denti, proporrei di sfruttare il ristorante anche per la sua funzione specifica.»

      Il locale a quell'ora era deserto. Ci sedemmo a uno dei tavoli e aspettammo che comparisse qualcuno. Il proprietario del locale, un uomo sui quarantacinque anni, sovrappeso, la faccia rubizza e sudaticcia, non tardò a farsi vivo.

      «Posso esservi utile, signori? Purtroppo a quest'ora in cucina abbiamo poco.»

      «Polizia» lo apostrofò Mauro. «Le andrebbe di rispondere a qualche nostra domanda?»

      «Immagino si riferisca al delitto della scorsa notte. Il luogo è abbastanza distante da qui. Come posso aiutarvi?»

      «Lei conosce Aurora Della Rosa, vero?» intervenni.

      «Certo, è una cliente affezionata, ogni tanto capita qui e io approfitto per chiedere qualche consiglio. Soffro di sciatalgia e lei ha dei rimedi toccasana a base di erbe, molto meglio della medicina convenzionale.»

      «Ieri sera è stata qui?»

      «Sì, è arrivata verso le nove e mezzo e se ne è andata a mezzanotte inoltrata. Era strana, piuttosto taciturna rispetto al solito. Ha ordinato da mangiare, ma credo che non abbia toccato cibo. L'ho anche dovuta riprendere perché, seduta al tavolo, si era accesa una sigaretta e fumava in sala. Non erano presenti molti avventori, e nessuno si sarebbe lamentato, ma essendo proibito dalla legge, sa, sono dovuto intervenire!»

      «Era sola?»

      «Sì, sola.»

      «E solitamente viene da sola o in compagnia?»

      «Dipende. A volte sì, viene sola, ma spesso è in compagnia di una sua amica mora, una bella donna dall'accento straniero. Sembra che le due facciano coppia, qui in zona si dice che siano lesbiche.»

      Per pronunciare queste ultime parole si avvicinò a noi, abbassando il tono della voce.

      «Omosessuali» lo corressi.

      «Sì, è giusto. Oggi, nelle grandi città, non vi si fa più neanche caso, ma nelle nostre zone non siamo molto abituati a certi atteggiamenti.»

      «Bene, mio caro Luigi, basta così! Direi che io e l'ispettore Giampieri gradiremmo mangiare qualcosa. Che cosa ci propone?»

      «Beh, come vi dicevo prima non c'è molta scelta a quest'ora. Vi posso consigliare un bel piatto di trofie liguri al pesto alla genovese con fagiolini e patate, un piatto unico che vi lascerà di certo soddisfatti.»

      «Ce ne porti due porzioni abbondanti.»

      Era ormai quasi sera quando raggiungemmo Imperia e parcheggiammo avanti al distretto di Polizia.

      «Eccoci qua» disse Mauro. «Hai raggiunto il tuo nuovo posto di lavoro. Qui siamo in una zona decentrata della città, mentre la Questura è proprio in centro, in Piazza del Duomo. Credo che domani mattina, prima di iniziare qualsiasi attività, dovremo farci un salto. Il questore è uno che tiene molto ai formalismi e quindi ti dovrai pur presentare a lui!»

      Mauro mi guidò in un labirinto di corridoi e uffici, fino a raggiungere quello che sarebbe stato il mio ufficio.

      «Certo, ma prima di recarmi in Questura, gradirei fare conoscenza con il personale in servizio qui. Pensi che sia possibile incontrare gli uomini in prima mattinata?»

      «Farò in modo che siano tutti qui, salvo eccezioni giustificabili, alle otto. Per ora, credo tu voglia riposare. Là in fondo c'è una stanza con un letto e il bagno è nel corridoio. Troverai i tuoi bagagli e, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, sappi che io passerò la notte nella guardiola.»

      «Beh, finché non troverò una sistemazione migliore, mi adatterò, poi vedremo. Adesso sono troppo stanca per cercarmi un altro alloggio. E poi, comunque, sono abituata a vivere nel posto in cui lavoro!»

      Diedi un'occhiata alla mia scrivania, dove già troneggiava uno scatolone, contenente tutti gli atti delle indagini sulle persone scomparse a Triora. Non avevo certo voglia di metterci le mani al momento, anche perché temevo che qualsiasi cosa pescata lì dentro avrebbe potuto modificare le idee che mi ero fatta nel corso della giornata. Meglio ragionare a caldo e non farsi influenzare dal lavoro degli altri! A ogni buon conto, il mio occhio si posò su una copia di una rivista

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