Delitti Esoterici. Stefano Vignaroli

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Delitti Esoterici - Stefano Vignaroli

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Tra poco sarà qui anche il magistrato. Le auguro buona fortuna, non sarà un'indagine semplice!»

      Mi congedai da lei e andai verso gli uomini in uniforme.

      «Si sa qualcosa dell'identità della vittima?» chiesi.

      «Sicuramente non aveva documenti addosso!» fu la risposta sarcastica di un sovrintendente, che fulminai con lo sguardo. «Capisco, non era una battuta felice. Ciò che sappiamo è che la vittima è stata legata con del grosso nastro adesivo, quello da pacchi per intenderci, all'inferriata metallica ed è stato appiccato il fuoco. Quella specie di grotta è in realtà una vecchia legnaia, all'interno della quale c'era legna secca e altro materiale infiammabile. Dal momento che in questa zona si parla tanto di streghe, abbiamo pensato che qualcuno abbia voluto simulare l'esecuzione di una strega al rogo. Magari un gioco sadico tra due amanti, perché no? Lei si fa legare, consenziente, lui accende un fuocherello per dare più verve al gioco, ma poi la situazione sfugge di mano, si alza il vento, scoppia l'incendio e per la donna, così legata, non c'è scampo. Ci siamo fatti quest'idea.»

      «Molto fantasiosa, direi, e mal supportata da elementi probatori. A lei piace fare giochetti di questo tipo con la sua compagna?»

      Forse colpito nella sua intimità, arrossì, si schiarì la voce e cercò il modo di defilarsi: «Sta arrivando il magistrato. Ora sarà lui a formulare le ipotesi giuste. Mi perdoni, le mie erano solo congetture.»

      Il magistrato era un uomo sui cinquant'anni, capelli brizzolati, alto quasi quanto Mauro, magro. A vederlo somigliava a un rapace, con il naso adunco, le labbra strette e gli occhiali da lettura alzati sulla fronte. Si avvicinò a Mauro, che gli strinse la mano e mi presentò.

      «Dottor Leone, la dottoressa Ruggeri. La mia collega è appena arrivata da Ancona e si è già trovata nel pieno delle attività.»

      «Già, vedo! Bene, credo che qui per me al momento ci sia poco da fare. Tenetemi aggiornato sulle indagini e cercate di chiudere questo caso nel più breve tempo possibile. Non siamo abituati a tali delitti efferati in questa zona e non voglio noie con i giornalisti.»

      Cercai di intervenire, chiedendogli se volesse interrogare insieme a noi la proprietaria della limitrofa abitazione, la famosa Aurora, ma lui si congedò con una morbida stretta di mano e un “Buon lavoro!”.

      Chissà perché ho sempre odiato le persone che quando ti danno la mano non la stringono, comunque intentai un sorriso a denti stretti e risposi: «Grazie.»

      Quando si fu allontanato, mi rivolsi a Mauro.

      «Se ora arrivasse anche il questore di Imperia e fosse altrettanto simpatico, rischierei di giocarmi il posto che ho appena ricoperto. Mi capisci, vero? Bene, mentre la scientifica fa il suo lavoro qui, andiamo a conoscere questa strega.»

      Mauro mi sorrise con aria complice e mi seguì volentieri. Tutto sommato iniziava a starmi simpatico e presto avrei scoperto che, dietro l'aria da Rambo tutto muscoli, nascondeva un'intelligenza spiccata ed era un buon osservatore, tutti elementi che ne facevano un bravo poliziotto ed un valido collaboratore.

      Un sentiero attraversava la vegetazione, usciva sulla strada sterrata da cui eravamo giunti e conduceva a un edificio isolato, una specie di casa colonica, dall'aspetto antico, ma in ottime condizioni.

      Sullo spiazzo antistante faceva bella mostra di sé l'auto della padrona di casa, una Porsche Carrera di colore grigio metallizzato. Ci accolse una bella quarantenne, bionda, gli occhi di un verde-azzurro raro a vedersi, più alta di me, la carnagione chiara, liscia, senza una ruga evidente. Indossava un kimono scuro con degli strani disegni, in cui riconobbi alcuni simboli esoterici, chiuso sul davanti solo da una cinta. A ogni passo faceva capolino dall'abito una lunga coscia rosata. Il decolté dava buona visibilità al prosperoso seno e non lasciava molto spazio all'immaginazione. Vidi lo sguardo di Mauro posarsi con interesse sul soggetto, forse con la speranza che prima o poi l'insulsa vestaglia fosse caduta in terra, rivelando al suo occhio tutte le grazie della sua proprietaria.

      «Accomodatevi, sono Aurora Della Rosa, e abito in questa umile dimora. Scusatemi, ancora devo riprendermi dallo spavento! Avevo timore che qui andasse tutto a fuoco questa notte. Dentro questa casa ho un patrimonio di libri e manoscritti, anche molto antichi, alcuni unici al mondo e, oltre alla mia incolumità, ho temuto molto di perdere tutto tra le fiamme.»

      Ci accomodammo in un salone quadrato, dove notai scaffali pieni di libri e pergamene. Un'intera parete era occupata da una specchiera e il pavimento era in marmo lucidissimo di vari colori che, come un mosaico, rappresentava la figura di un pentacolo. Non credevo ai miei occhi. Vi trovavo riassunto tutto ciò che, a suo tempo, avevo studiato sull'esoterismo e sulle sette.

      «Della Rosa.» dissi, ripetendo il suo cognome. «De La Rose era il nome di una casata francese di famosi Templari, i cavalieri custodi del tempio e del Sacro Graal.»

      «Si dice esistessero fin da prima dell'avvento del Cristianesimo. I templari erano i custodi del tempio di Salomone a Gerusalemme, il tempio delle cui rovine è rimasto solo il Muro del Pianto, sacro agli Ebrei. Poi si passò a identificarli come custodi del Santo Sepolcro. Nel Medioevo, in Francia, furono dichiarati eretici, forse perché si pensava che tenessero nascosto il Sacro Graal e non permettessero neanche al Papa di poter accedere al suo nascondiglio, o forse perché erano a conoscenza di importanti segreti che la Chiesa non voleva fossero resi pubblici. Furono torturati, molti bruciati vivi, ma non furono mai del tutto annientati. Sì, ha ragione, la mia famiglia è originaria della Francia, della zona di Avignone. I De La Rose, che avevano dei possedimenti in quei luoghi, combatterono contro gli inglesi nella Guerra dei Cent'anni, subendo molte perdite. Alla fine del milletrecento, alcuni membri della famiglia si stabilirono in questa zona di confine tra l'Italia e la Francia, un luogo tranquillo in mezzo ai monti. Ma poi sembra che l'Inquisizione, anche qui, non abbia dato tregua ad una mia antenata, che verso la fine del cinquecento fu processata con l'accusa di stregoneria.»

      Parlando, estrasse dalla tasca del kimono un portasigarette argenteo, all'interno del quale erano riposte delle sigarette che, all'apparenza, sembravano arrotolate a mano. Ne scelse una, la portò alla bocca e tese il portasigarette verso di noi.

      «Grazie, io non fumo» dissi. «E le sarei grata se si astenesse anche lei dal farlo. Il fumo mi infastidisce.»

      Senza nemmeno considerare ciò che avevo detto, accese la sigaretta, dirigendo verso di me, quasi a mo' di sfida, la prima densa nuvola di fumo che esalò. Non so come trattenni la mia ira, ma ci riuscii.

      «Bando alle chiacchiere, Aurora Della Rosa! Dove era questa notte quando è scoppiato l'incendio?»

      Aspirò di nuovo e rispose emettendo fumo insieme alle parole.

      «Ieri sera sono stata a cena in un ristorante più a valle, "Da Luigi". Non mi andava di cucinare e sono uscita. Stavo rientrando quando ho visto il bagliore dell'incendio e ho chiamato io stessa i soccorsi con il cellulare.»

      «Verificheremo ciò che sta affermando. E, mi dica, immagino che lei riceva i suoi clienti qui in casa. Mi hanno detto che lei è una maga, che giungono qui persone di ogni provenienza ed estrazione sociale, per chiedere consigli, acquistare pozioni, e via dicendo. A giudicare dalla sua auto, è un lavoro che rende. Non voglio esprimere la mia opinione sul suo lavoro, voglio solo chiederle se ha ricevuto una cliente particolare, una donna, nei giorni scorsi, che potrebbe essere la vittima di cui abbiamo rinvenuto il cadavere.»

      «Mio Dio» interloquì Aurora, mostrandosi sorpresa. «L'incendio ha fatto una vittima? Chi poteva esserci nel bosco a quell'ora di notte?»

      «Questo spereremmo ce lo indicasse lei! Su,

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