Saving Grace. Pamela Fagan Hutchins
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“Non sono bravo quanto te con le parole, Signora Avvocata. Volevo fare le cose per bene. Non prendermi in giro perché ho preso la cosa seriamente.”
“Mi dispiace per averti sottoposto a tanto stress.” Allora non mi dispiaceva affatto, e sospetto che il mio tono l’avesse fatto capire. “Per carità, finisci di leggere il tuo tovagliolo.”
Si alzò in piedi. “Non c’è altro sul mio tovagliolo di cui dobbiamo parlare.”
Troppo tardi, mi accorsi di quanto mi stavo comportando male. “Nick, mi dispiace. Dimentica ciò che ho detto. Ho bevuto troppo. Merda, bevo troppo ultimamente, e di sicuro ci darò un taglio. Spero che questo non comprometta la nostra amicizia e che possiamo continuare a lavorare normalmente. Sai come sono fatta. Sono troppo diretta e ho la lingua lunga.” Smisi di blaterare inutilmente e lottai per mantenere il contatto visivo con lui.
I miei pensieri si confondevano. Come avevo fatto a fraintenderlo a tal punto? Avevo sempre creduto che, in fondo, provasse un’attrazione per me — non solamente a livello fisico —come io la provavo per lui. Che se gli avessi dato la giusta opportunità e spinta, mi avrebbe fatto mancare la terra da sotto i piedi e portato nella sua carrozza magica, per vivere felici e contenti.
Che pensiero ridicolo. Non ero Cenerentola. Ero Glenn Close con il coniglio bollito. E lui Michael Douglas che cercava di scappare.
Non sapevo come rimediare. Ogni secondo che passava, il suo sguardo era sempre più ostile. Senza rivolgermi un’altra parola, se ne andò furioso, con quel maledetto tovagliolo stropicciato.
Tre
Hotel Eldorado, Shreveport, Louisiana
15 agosto 2012
Mi svegliai con violenti postumi, tanto colpa dell’umiliazione quanto della Amstel Light e del vino del minibar, e mi ricordai di Nick nella mia camera, e di come mi ero comportata. Era difficile immaginare uno scenario dove fosse andata peggio di così, ma almeno non l’avevo trovato nudo alla mia porta con una rosa fra i denti. Mi sarei alzata e mi sarei rimessa in sesto. Avrei sfoggiato il mio maglioncino verde muschio di Ellen Tracy. Avrei sistemato le cose.
Ma prima, avrei controllato i messaggi, perché il mio telefono stava esplodendo. A quest’ora del mattino?
“Dove CAVOLO sei?” Era Emily.
“?? Mi sto preparando.”
Una verità un po’ distorta, ma la regola fondamentale degli SMS è di essere concisi, per questo omisi qualche dettaglio.
“Abbiamo iniziato. Muovi il sedere!”
Forse non era così presto come pensavo. “Sto arrivando.”
Beh, farmi bella e riprendermi allo stesso tempo era ormai fuori questione, anche se penso ci sarei riuscita comunque date le circostanze, indipendentemente dalla fretta. Mi rimisi in sesto in conformità con le norme igieniche ed estetiche di base e mi unii alla conferenza di team building, giorno due. Speravo di riuscire a fingere abbastanza bene da ingannare i colleghi.
Mi fermai davanti alla porta aperta della sala riunioni e mi misi ad ascoltare il moderatore. Lo studio aveva assunto uno sdolcinato consulente per aiutarci a risolvere gli attriti fra di noi in modo positivo e costruttivo.
“Buona fortuna,” pensai. Mi chiesi se potesse aiutarmi a risolvere il mio “Voglio andare a letto con il mio forse ancora sposato collega che, oh sì giusto, tra l’altro mi odia”.
Questa non era però una conferenza hippie: il consulente era in realtà molto bravo. Oggi si imparava come richiedere uno sforzo maggiore o minore da un collega. Ci chiese di fare coppia con il collega con cui avevamo più bisogno di costruire una relazione di lavoro efficace.
Feci la mia entrata nella sala riunioni a tema floreale. Nel giro di pochi secondi, le coppie erano formate. Analizzai la stanza per individuare i pomposi capelli biondi alla texana di Emily, sperando che mi avesse aspettata, ma era già accoppiata con il capo dei consulenti legali, prendendo l’attività troppo sul serio. Le lanciai un’occhiataccia e lei scrollò le spalle, alzando le sopracciglia, come per dire “Non è colpa mia se mi dai buca e poi non riesci ad alzarti dal letto prima di mezzogiorno.” Sbuffai e mi misi a cercare un partner.
Mentre scrutavo la stanza, gli occhi senza vita di Nick incontrarono i miei. Non bene. Anch’io non lasciavo trasparire alcuna emozione, uno sforzo considerevole considerando che gli snack del minibar della notte scorsa cercavano di tornare fuori. Iniziai a girarmi, quando vidi che stava venendo verso di me. Mi aspettavo che mi superasse, ma non lo fece.
Non disse nulla, così lo feci io. Non riuscii a trattenermi. Conduco sempre io il gioco. Non c’è da stupirsi se mio fratello maggiore mi diceva che allontano gli uomini.
“Quindi, non ne hai avuto abbastanza di me?” E forzai un sorriso autocritico.
Lui non sorrise. “Sembra il modo migliore per risolvere ‘questa cosa’, così possiamo chiarirci prima di tornare in ufficio.” Agitava la mano indicando prima lui e poi me. Mi ricordava la scorsa notte, e non in senso buono.
Ci sedemmo. I fiori sulla carta da parati e sul pavimento non mi stavano risollevando il morale. Le vigne sul tappeto iniziarono improvvisamente ad alzarsi e ad incatenarmi alla sedia per le caviglie. No, testa di rapa, è la tua immaginazione, e troppo alcol. Ugh. Snervante. Sfregai le mani sulle braccia, cercando di smussare la pelle d’oca.
Nick lesse le istruzioni a voce alta. Dovevamo fare una lista di esercizi a turno. Per prima cosa, dovevamo dirci a vicenda le cose che apprezzavamo a vicenda; poi, le cose di cui avevamo più o meno bisogno da parte dell’altro; e infine, cosa volevamo impegnarci a fare di più o di meno. In caso ci fossimo scordati le istruzioni, erano state stampate a caratteri cubitali e incollate in tutte le pareti. Grazie, poster, per smorzare questo incubo floreale, pensai.
“Inizia tu, Nick. Credo tu abbia bisogno di ricordare cosa ti piace di me.” Dissi in tono giocoso.
Non ricambiò, né esitò. “Apprezzo che tu sia una professionista che fa un buon lavoro e lavora sodo. Sei importante per lo studio.” Non proprio caloroso.
“Grazie, Nick. Nient’altro? Puoi andare avanti quanto vuoi con i complimenti.” Provai a sfoggiare un altro sorriso, con la testa inclinata a destra. Il mio lato migliore.
“Ho finito.”
Stava andando alla grande.
“Okay, allora, di te apprezzo che…” mentre lui aveva scelto un atteggiamento puramente professionale, io mi rifiutavo di essere così impersonale, “… la tua creatività e sesto senso, e il lavoro che abbiamo svolto così bene sul caso Burnside.” Internalizzai le frasi fatte di cui trasudava l’atmosfera, come in una versione giuridica di un brutto episodio del Dr. Phil. “E apprezzo che tu non abbia un tovagliolo da bar con te oggi.” Ding, ding — Forza Nick, lasciamocelo alle spalle.
Impossibile. “Adesso passiamo alla seconda parte, più o meno bisogno di.” Si passò le mani fra i capelli. Oh-oh. “Cosa vorrei tu facessi di più è informare Gino quando hai bisogno di aiuto da parte mia, e me ne occuperò io. Cosa vorrei tu facessi di meno è,” esitò, e poi disse,