Saving Grace. Pamela Fagan Hutchins
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“Un po’ di tempo libero ti farà molto bene,” disse. “Hai lavorato sodo quest’anno, in circostanze terribili, hai bisogno di ricaricarti e riportare qui la migliore versione di te stessa.”
Ottimo. Che nella lingua dei capi, significava Sei un disastro, vai via da qui. Beh, lo ero. Un disastro mortificato. Domani non era poi così presto per andarsene, dopotutto.
Sotto richiesta di Collin, Emily passò la notte da me a sorvegliarmi, lasciando il marito a casa da solo. Emily era un’amica molto migliore di quanto meritassi, ma, tanto tempo fa, avevo fatto lo stesso per lei quando Rich aveva temporaneamente annullato il loro fidanzamento. Il karma.
Più tardi quella notte, finalmente menzionai il nome che nessuno aveva pronunciato per tutto il giorno. “Se Nick dovesse chiedere dove sono, per favore dagli la versione censurata.”
Emily era seduta su uno sgabello ed io ero in piedi all’altro lato del piano cucina. Si sporse verso di me. “Non pensarci nemmeno. Da quando siamo andate a Shreveport, Nick si sta comportando come Heathcliff di Cime Tempestose. Forza. Lascia perdere.”
Stavo ricevendo un sacco di consigli velati oggi. Questo era: la verità è che non gli piaci abbastanza. Ahia, ma aveva ragione.
Ma sarei davvero riuscita a lasciare qui i miei sentimenti per lui ed andare a St. Marcos con la mente sgombra? Mi rigirai tutta la notte nel letto, in balia dei pensieri sui miei genitori e su Nick.
Cinque
Aeroporto Internazionale DFW, Dallas, Texas
17 agosto 2012
“Si pregano i gentili passeggeri di spegnere e riporre tutti i dispositivi elettronici,” disse la voce dell’assistente di volo dall’altoparlante dell’American Airlines. Merda. Stavo scrivendo un’e-mail ad Emily, promettendo di offrirle una costata di manzo da Del Frisco, se avesse tolto gli avanzi di sushi dal frigo di casa mia, e arrivai a premere invia per il rotto della cuffia.
Mi ero sistemata al mio posto in prima classe, in attesa di arrivare a St. Marcos, con le cose più essenziali a portata di mano: passaporto, il mio portatile rosso della Vaio e iPhone, nella sua cover zebrata della Otter Box. So che la maggior parte degli avvocati preferisce i dispositivi della Dell e Blackberry, ma mi piaceva pensare che non ero come gli altri. Certo, ultimamente ero diventata il peggiore degli stereotipi sugli avvocati: quello che beve troppo. Purtroppo per me.
L’e-mail che avevo mandato ieri agli amici esterni al lavoro spiegava la mia partenza improvvisa come una vacanza. Potevano immaginarmi a sorseggiare una Piña Colada sulla spiaggia, ballando tutta la notte sulle note di musica calypso con un attraente uomo caraibico, mentre mi davo alla pazza gioia. Emily si sarebbe occupata di dare la notizia al lavoro questa mattina.
A proposito di uomini caraibici, l’uomo al mio fianco in prima classe stava cercando di leggere quello che scrivevo al telefono. Mi girai dall’altro lato. Dove sono le tue maniere da passeggero di prima classe?
Tornai ad occuparmi delle mie e-mail. Non avrei dovuto avvisare Nick in prima persona? Forse si era comportato un po’ come Heathcliff ma, prima di Shreveport, gli avrei sicuramente mandato un avviso provocante sulla mia partenza. Se fosse stato lui a scomparire, avrei voluto saperne il perché. Ipso facto, non lo avrebbe voluto anche lui? Seguendo questo raziocinio logico scadente, mi buttai a scrivere un’e-mail veloce.
Oggetto: Viaggio
Nick:
Volevo farti sapere, nell’eventualità in cui tu notassi che me ne sono andata, che sono partita per una vacanza ai Caraibi. Torno fra una settimana. Emily si occuperà dei miei casi mentre sono via. E, Nick, mi dispiace. Per tutto.
Katie
Dopo Shreveport, gli avevo promesso di dire sempre la verità. Beh, ero stata quasi completamente sincera, era una sorta di vacanza. Chiusi gli occhi con il dito su invia, esitante.
“Signora, dovrebbe spegnerlo e riporlo immediatamente, per favore.” L’assistente di volo dai capelli grigi si abbassò su di me, con un sorrisino sulla faccia. Doveva odiare ripetere le stesse cose in continuazione a persone come me che mentono, imbrogliano e fingono, solo per avere qualche secondo di connessione in più prima di decollare. Però, ero una brava ragazza questa volta.
“Nessun problema,” dissi. Premetti invia e spensi lo schermo. Beh, più o meno brava. Risistemai lo schienale e sistemai le pieghe dell’abito lungo che indossavo.
“Mi chiamo Guy,” disse l’uomo seduto vicino a me. Mi porse la mano.
Nooo. Volevo dormire. Gli strinsi la mano — una mano molto morbida, morbida come se facesse il bagno nella vaselina — e dissi, “Katie. Piacere,” e distolsi lo sguardo. Appoggiai la nuca sullo schienale. “Non pensare alla forfora, pidocchi e altre schifezze che ci sono in testa,” mi dissi. E immediatamente non riuscii a pensare ad altro.
Un bebè iniziò a urlare. Sollevai la testa per cercare il colpevole. Un giovane padre che viaggiava da solo nella prima fila della seconda classe. Non un grande inizio.
Tornò l’assistente di volo. La sua pelle sembrava più giovane di quanto indicassero i capelli e aveva degli occhi vivaci. “Posso portarle qualcosa da bere prima del decollo, signora?”
Dopo aver inviato quell’e-mail a Nick, ero ansiosa. L’enfant terrible e il potenziale problema pidocchi mi davano da pensare. Stavo andando a combattere i miei demoni e affrontare i miei problemi personali in una terra sconosciuta. Anche un bevitore responsabile avrebbe ordinato un drink in prima classe, date queste circostanze.
“Bloody Mary,” disse qualcuno. Ero io. Ops.
“Certamente, signora.”
Beh, non ero al resort, non ero nemmeno ancora a St. Marcos. Se ci pensate, questo era il conto alla rovescia, ma la partita non era ancora cominciata. Non dovevo guardarmi dal bere prima di arrivare là. In più, a cosa serve viaggiare in prima classe se non per i drink gratis? Certo, servivano anche una ciotola calda di frutta secca e ti portavano un asciugamano tiepido con un paio di pinze da cucina, forse anche un biscotto cremoso alle scaglie di cioccolato se eri fortunata, ma l’alcool era il vero motivo.
“Ne porti due,” disse il mio nuovo amico Guy. Si allungò leggermente verso di me e disse, “Tutto ciò che mi ci voleva. Sono stato a Los Angeles per incontrare dei produttori televisivi a proposito di uno show che voglio registrare a St. Marcos. Sono stanchissimo.”
“Ma non mi dire,” dissi.
Quando atterrammo a St. Marcos, mi sentivo brilla dalle concessioni del volo. Augurai a Guy una buona permanenza e mentii sia sul mio cognome che sul resort in cui avrei soggiornato, per assicurarmi di non imbattermi in lui nuovamente.
Mi sedetti sulla navetta diretta al Peacock Flower Resort, dondolando la testa al ritmo di I Shot the Sheriff di