Europa en su teatro. AAVV
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3. Cfr. la table de toutes les représentations élaborée par Tadeusz Lewicki dans: «Tra Die Theaterwissenchaft… (con appendice degli Spettacoli)», pp. 77-100.
4. DOGLIO, F., Il Teatro in Italia (t. 1-Medio Evo e Umanesimo), Roma, Edizioni Studium, 1995; Il teatro scomparso. Testi e spettacoli fra il X e il XVIII secolo, Roma, Ente dello Spettacolo – Bulzoni Editore, 1990 [1976, 1ª ed.]; Teatro in Europa, Milano, Garzanti, 1982-1989, et autres volumes rédigés depuis les années 1960.
La favola pastorale nei convegni del
«Centro Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale»
Irina Freixeiro Ayo
Universidade de Santiago de Compostela
Questa recensione ha lo scopo di presentare le diverse relazioni lette ai convegni di studi Origini del dramma pastorale in Europa (Viterbo, 31 maggio – 3 giugno 1984) e Sviluppi della Drammaturgia Pastorale nell’Europa del Cinque-Seicento (Roma 23 – 26 maggio 1991) organizzati dal «Centro Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale» diretto da Federico Doglio.1
Nel primo dei suddetti convegnile diverse relazioni pubblicate potrebbero essere divise in due grandi sezioni: da una parte, la maggioranza dei testi, gli interventi che girano intorno all’opera di Angelo Poliziano, La fabula di Orfeo; dall’altra quelli che trattano temi di carattere più generico e contestuale all’interno dello studio del dramma pastorale nell’Umanesimo italiano. Ad ogni modo le lezioni che formerebbero questa seconda sezione prendono anche l’opera del Poliziano come punto di riferimento per esemplificare diversi aspetti, per cui si può affermare che l’Orfeo funge da nesso tra le due sezioni.
Inizierò citando le letture di carattere più contestuale, dato che con queste si apre il volume degli atti del primo convegno. Alberto Tenenti «Figurazione bucolica e realtà sociali (1350-1550 c.)» riflette sulla totale idealizzazione del mondo pastorale, un mondo in cui gli elementi realistici si riducono al minimo, per mostrare così la rottura tra la figurazione bucolica, la realtà storica e le ambientazioni obiettive. Lo studio «Tra mito dell’amore e ritorno all’età dell’oro. Considerazioni sulla cultura del tardo Quattrocento» di Cesare Vasoli giustifica la tematica dell’amore pastorale minacciato dal carattere distruttivo del tempo e della morte partendo dall’analisi della concezione dell’amore proposta da Marsilio Ficino. Ne «Il vagheggiamento della natura e dell’amore alle origini del dramma pastorale» di Aulo Greco si cercano le prime tracce della pastorale nella letteratura italiana, identificandole nei versi delle egloghe di Francesco Petrarca. Marzia Pieri offre in «Dalla lirica alla festa: il caso dell’egloga nella Napoli aragonese» uno studio della pastorale nell’ambito napoletano mentre ilMeridione italiano era ancora sotto il dominio spagnolo; situazione che spiega, tra l’altro, la forte presenza della tematica politica nelle fabule, inesistente nelle opere di questo genere nel resto della penisola. Franca Angelini in «Su alcune ‘rozze’ pastorali» studia la produzione dei nominati pre-Rozzi, rilevante per la sperimentazione all’interno del genere, dato che, senza allontanarsi dal testo letterario, assegna un ruolo di massima rilevanza alla funzione dell’attore e alla capacità d’improvvisazione. Giovanna Romei studia in «Leone de’ Sommi e la pastorale: teoria, testo e scena» la creazione del testo teatrale nato dalla rappresentazione —comune specialmente nell’ambito ferrarese— attraverso gli scritti di Leone de’Sommi, che propone un’esperienza teatrale nel senso contrario. Per concludere questa sezione troviamo lo studio «La comedia pastoril en España» di Francisco López Estrada, che riflette sulla situazione del teatro nel Siglo de Oro rispetto allo sviluppo del dramma pastorale. Questi assume come punto di riferimento Il pastor fido di Guarini (dato che il resto delle opere pastorali italiane non ebbero una grande ripercussione in Spagna) per concludere che il dramma pastorale spagnolo non segue il modello del Guarini giacché le esigenze dei gusti iberici avevano motivato un adattamento delle regole osservate ne Il pastor fido.
La seconda sezione delle relazioni, così come ho accennato in precedenza, ruota intorno a diversi aspetti de La fabula di Orfeo. Potremmo iniziare con l’analisi generale elaborata da Giuseppe Rocca nel saggio «Lettura della Fabula di Orfeo in cui identifica alcuni aspetti per applicarne un’analisi retorica utilizzando la Rota Vergilii. Ne «La fabula satirica e l’Orfeo del Poliziano» di Antonia Tissoni Benvenuti si offre invece un’analisi dell’opera dal punto di vista del genere e si giustifica la categorizzazione di questa all’interno della fabula satirica. Nino Borsellino, in «Orfeo e Pan. Sul simbolismo della pastorale», studia i simboli intorno alle due figure e il rapporto tra questi personaggi nell’opera del Poliziano e nelle opere di Virgilio e di Ovidio. Elena Povoledo studia ne «L’Orfeo di Poliziano tra cultura e realtà teatrale», in modo molto visuale, i luoghi di recita nella città di Firenze per conoscere in questo modo l’esperienza teatrale del giovane Poliziano e i requisiti che potrebbe aver implicato la rappresentazione dell’Orfeo. Nino Pirrotta avanza alcune ipotesi sulla musica che potrebbe aver accompagnato la fabula di Poliziano. In «Problemi musicali di una rappresentazione dell’Orfeo di Poliziano» analizza le ridotte referenze musicali all’interno del testo letterario, dato che non si conserva alcun documento che possa testimoniare lo sviluppo musicale nel corso della recita. Riprendendo di nuovo lo studio del simbolismo, Mia Cocco riflette in «Poesia e Morte nell’Orfeo del Poliziano» sul rapporto tra morte e poesia per affermare infine la supremazia di quest’ultima come l’unica capace di sopravvivere non solo alla Fortuna, ma anche al tempo e alla morte. Emilio Bigi si allontana un po’ dall’Orfeo e analizza un piccolo dramma in «‘Semplicità’ pastorale e ‘grazia’ cortigiana nel Tirsi», dove studia lo stile semplice ed elegante dell’opera Tirsi, costruita sulla base delle ottave del Poliziano e con ricchissime reminiscenze della letteratura pastorale precedente. Il Tirsi infatti, insieme all’Orfeo, si allontana dalle opere del suo tempo per il suo carattere e per la sua struttura originale. Troviamo infine «La ricezione del tema di Orfeo nella drammaturgia classica francese» di Enea Balmas, nel quale, così come succedeva negli studi di tematica spagnola, si mostra come l’opera di Polizano ottenga un successo piuttosto ridotto nella Francia dell’epoca.
A conclusione del libro si riscontrano due raccolte bibliografiche: una bibliografia che riguarda i testi italiani in rapporto con la pastorale, elaborata da Stefano Mazzoni, e una seconda bibliografia, questa volta straniera, sullo stesso tema, elaborata da Letizia Sorrentino.
Anche nel volume degli atti del secondo dei convegni si potrebbero stabilire due nuclei tenendo conto degli argomenti delle diverse relazioni. I saggi della prima sezione presentano come tema centrale le caratteristiche delle rappresentazioni teatrali, mentre lasciano invece in un secondo piano l’analisi critica del testo letterario. La seconda sezione presenta argomenti più eterogenei, dall’analisi di opere minori al confronto fra dramma pastorale e commedia dell’arte.
Se La fabula di Orfeo del Poliziano era l’opera di riferimento nel primo volume, nel secondo questo ruolo viene rivestito da due opere differenti: le più rappresentative del genere pastorale all’interno della letteratura italiana, vale a dire, L’Aminta di Torquato Tasso e Il pastor fido di Gian Battista Guarini.
Apparterrebbe