I rossi e i neri, vol. 2. Barrili Anton Giulio
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Il sughero! Lo ricordate, o lettori, quell'albero di sughero, che Giacomino, il giardiniere, faceva notare ad Enrico Pietrasanta, il quale, profano quel giorno alle delicature poetiche, lo sentenziò buonissimo per far turaccioli? Ricordate che a' piè di quell'albero era una tavola di lavagna, con parecchi sedili rustici tutt'intorno? Ricordate che quella era, a detta del giardiniere, la Corte di Amore, così chiamata da gran tempo, e dove tutte le Vivaldi, madre, nonna e bisnonna di Ginevra, avevano sempre avuto per costume di recarsi a passare le ore più calde della giornata? Se ciò v'è rimasto in mente, ricorderete ancora che la bella Ginevra dagli occhi verdi usava starci tre o quattr'ore ogni giorno; che faceva metter cuscini sopra i sedili, un gran tappeto sulla tavola, e una bella tenda tirata fra gli alberi, per custodirsi meglio dai raggi del sole; che Giacomino ci portava fiori; la cameriera dei libri e il telaio da ricamo della marchesa; il servitore dei rinfreschi, e gli amici convitati un subbisso di chiacchiere.
È il tocco dopo il meriggio; la vampa del sole che signoreggia liberamente il prato vicino, non penetra sotto il conserto fogliame degli alberi secolari; e l'ampio velario divisato a liste bianche ed azzurre, sospeso tra i rami sporgenti, vieta ai raggi indiscreti, che hanno potuto trapelare da qualche vano della frasca, di recar molestia alla gentil comitiva. Stridono con monotono metro le cicale su pei tronchi degli alberi soleggiati; le farfalle, screziate di mille colori e cosperse di polverina d'oro, vanno aliando qua e là, lungo le aiuole fiorite; le libellule, dalle svelte forme e dalle ali di zaffiro, si librano a volo sulla superficie del laghetto, che, solcata per ogni verso dalle candide prore dei cigni nuotanti, scintilla in riflessi d'argento.
Vedete ora, seduti al rezzo delle piante che v'abbiam detto, quali su rustici sgabelli di legno, quali su sedili di maiolica, foggiati a pila di cuscini vagamente istoriati, sei o sette gentiluomini. Fanno corona a tre dame, o, per dire più veramente, ad una sola. Le Grazie erano tre, tutte pari in bellezza, per modo che il riguardante rimanesse in forse a cui dare il vanto sulle altre due. Anche queste tre sono belle: ma una più dell'altre a gran pezza; di guisa che voi medesimi, o lettori, chiamati a giudicare, dareste il vostro voto alla marchesa Ginevra.
Padrona di casa, ella non può condurre la cortesia ospitale fino al segno di essere e di apparire inferiore in bellezza, o pari almeno, alle sue nobili visitatrici. La Giulia Monterosso, di cui già vi abbiamo dipinte le labbra tumide e coralline, le guance vivide come le pesche duràcine e gli guardi accesi che avrebbero rimescolato il sangue nelle vene al più tranquillo anacoreta della Tebaide, ha la sua villeggiatura poco lontano da quella di Ginevra, ed è spesso, quasi ogni giorno, presso di lei. Maddalena Torralba, la soave Maddalena, dai grand'occhi azzurrognoli, dalla carnagione di latte, tutta dolci pensieri e dolci parole, è da otto giorni, insieme col marito, ospite del tiranno e della tiranna di Quinto. Aveva stabilito di rimanere soltanto una settimana; ed ecco, è già incominciata l'altra, e Maddalena rimane, cedendo alla dolce violenza della Ginevra. Ma sabato se ne andrà, ella dice; i bagni di Voltaggio l'aspettano. Noi scommettiamo che non sarà neanche sabato, e i bagni, o, per dir meglio, i ballerini di Voltaggio l'aspetteranno ancora un bel pezzo. Maddalena è, come sapete, la più tenera amica di Ginevra, e, dove se ne tolga la Roche Huart, che vive a Parigi, e con cui la Vivaldi tiene assiduo carteggio, è anche la più amata. Ambedue sono state educate in Francia, nel medesimo convento; i loro caratteri, per ragion di contrasto, si combaciano e si fondono assai bene. Oltreciò, la Torralba fu la prima ad accorgersi dell'amor di Aloise per Ginevra, e questa, sebbene si schermisca, nè voglia lasciarsi cader parola a lui più benigna, ascolta tranquillamente le lodi del giovine dalle labbra della compassionevole amica. È riamato il poverino? Maddalena non giunge ad intenderlo, perchè Ginevra sorride sempre e mostra di non darsene gran pensiero, oltre i confini di quella eletta cortesia, di quella signorile dimestichezza, della quale è prodiga a lui, come ad altri parecchi; per esempio al vecchio De' Salvi, che se ne gonfia tutto quanto, e al giovine Cigàla, che non ci si fida per nulla.
Il nostro Aloise era quasi ogni giorno a Quinto, e andava facendo pazzie sopra pazzie, mandandole l'una di costa all'altra, come le avemmarie nella coroncina, e facendone tratto tratto alcuna più grossa, che tenesse luogo di paternostro. Il marchese Antoniotto lo vedeva di buon occhio, come il solo dei suoi giovani visitatori che si adattasse di buon grado alle sue tiranniche voglie di controversia politica. Sicuro; Aloise ragionava di politica, lasciandosi mettere colle spalle al muro al finire d'ogni disputa; inoltre giuocava a scacchi, e pigliava sempre scacco matto. Senonchè, di queste periodiche sconfitte, egli si ricattava in materia di coltivazione, della quale parlava come un __doctus in re__.
Aloise agronomo? Sissignori; agronomo col marchese Antoniotto, in quella guisa che era botanico colla marchesa Ginevra. E poi ci si venga a parlare delle vocazioni! Se lo aveste sentito, a disputare gravemente col suo ospite di terreni silicei, di magri e di grassi, dove meglio provasse la vite o l'ulivo; di nuove e più acconce maniere di sfruttare la terra; del tempo più adatto al taglio delle piante, e via dicendo, lo avreste tolto per un nobile campagnuolo, per un membro effettivo del Comizio agrario, o che so io.
Quando le conversazioni agricole andavano un po' per le lunghe (e questo avveniva ogniqualvolta ci fosse stato qualche dissidio nelle conversazioni botaniche) la marchesa Ginevra si faceva a liberare il giovinotto dalle ugne del marito e dai lacci della sua medesima eloquenza, chiamandolo ad altri e più geniali discorsi. Era pietà? era capriccio? Lo stesso Aloise non avrebbe saputo dirlo; ora gli pareva una cosa, ora l'altra. Intanto egli non s'era anche arrisicato a dirle: __vi amo__; nè ella mai gliene aveva pòrto occasione. E si struggeva, pensando che quella occasione non sarebbe venuta mai; giunto il mattino colla speranza, se ne andava ogni sera colla morte nel cuore, e ammazzava, siam per dire, i cavalli, per la furia di giungere a Genova, come li ammazzava il mattino pel gran desiderio di giungere a Quinto.
Il povero Aloise era per l'appunto in uno de' suoi più brutti quarti d'ora. Qualche nuvola era apparsa a contristare la serenità del suo mattino. La Ginevra, contegnosa oltremodo con lui, dacchè erano andati a sedersi sotto gli alberi, lo aveva a mala pena guardato; gli occhi della dea non si alzavano dal suo telaio da ricamo, se non per volgersi a questo o a quello de' suoi più ciarlieri vicini, accompagnando con graziose occhiate le sue graziose risposte. Luce di sguardi, musica di parole, armonia di sorrisi che non andava a lui, che a lui non era dato di libare, o gli si tramutava in veleno! Ma non aveva egli forse meritato quella severità di Ginevra? Non era egli rimasto un'ora senza parole, rispondendo a monosillabi, quando la pietosa Maddalena aveva tentato con qualche cortesia di tirarlo nella conversazione, quando il faceto Cigàla lo aveva stimolato con qualche arguta dimanda?
Così, scontento di lei e più ancora di sè medesimo, Aloise aveva lasciato il campo, per andarsene a passeggiare lungo la gradinata del palazzo, insieme col marchese Antoniotto, col De' Salvi e col Monterosso, il marito della Giulia, i quali disputavano di fabbricerie. Il Monterosso, uno dei fabbricieri della chiesa di Santa Geltrude, aveva lasciato correre, per alcuni e rilevanti restauri del vecchio organo, una spesa molto maggiore di quella che s'era tra colleghi convenuto di fare. Chi aveva a snocciolarli? I fabbricieri colleghi dicevano il Monterosso; egli per contro non voleva saperne, dappoichè (così argomentava) i restauri s'erano creduti necessarii, e se, nella progressione del lavoro, egli, incaricato di quella bisogna, aveva dovuto andar oltre nello spendere, non aveva fatto cosa che in sostanza non fosse stata decretata nel consiglio di tutti. E qui, controversia accademica tra il Monterosso e il De' Salvi, che voleva saper di ogni cosa; qui sentenze, disgressioni giuridiche del marchese Antoniotto, con qualche dimanda __pro forma__ ad Aloise, il quale doveva rispondere: