Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6 - Edward Gibbon

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dalla morte di Stilicone fino all'arrivo d'Alarico sotto Roma, non si trova che in Zosimo Lib. V. p. 347, 350.

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L'espressione di Zosimo; καταφρονησιν εμποιησαι τοις πολεμιοις αρκοντας; capaci d'eccitare il disprezzo a' nemici, è forte e vivace.

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«Eos qui Catholicae sectae sunt inimici, intra palatium militare prohibemus. Nullus nobis sit aliqua ratione conjunctus, qui a nobis fide et religione discordat.» Cod. Theod. Lib. 16, tit. 5. leg. 42, ed il Coment. del Gotofredo Tom. VI. p. 364. Questa legge fu interpretata nella massima estensione, e rigorosamente eseguita. (Zosimo Lib. V. p. 364).

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Addisson (nelle sue opere vol. 2. p. 54 dell'Ediz. di Baskerville) ha fatto una descrizione molto pittoresca della strada per l'Appenino. I Goti non avevano agio d'osservare le bellezze del prospetto; ma ebbero ben piacere di trovare che Saxa intercisa, stretto passo che Vespasiano aveva tagliato nel masso (Cluver. Ital. antiq. Tom. 1. p. 618) fosse totalmente abbandonato.

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Hinc albi Clitumni greges, et maxima taurus

Victima; saepe tuo perfusi flumine sdero

Romanos ad tempia Deum duxere triumphos.

Oltre Virgilio, molti altri Poeti Latini, Properzio, Lucano, Silio Italico, Claudiano ec., i passi de' quali posson trovarsi appresso Cluverio ed Addisson, hanno celebrato le trionfali vittime del Clitunno.

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Si è presa qualche idea della marcia d'Alarico dal viaggio d'Onorio fatto pei medesimi luoghi (Vedi Claudiano in VI. conf. Honor. 404. 522). La distanza misurata fra Ravenna, e Roma era 254 miglia Romane. Itinerar. del Wesseling. p. 126.

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La marcia e la ritirata d'Annibale son descritte da Livio (Lib. XXVI. c. 7, 8, 9, 10, 11) ed il Lettore si fa spettatore di quell'interessante scena.

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Si usarono tali comparazioni da Cinea, consigliere di Pirro, dipoi che fu tornato dalla sua ambasceria, in occasione della quale aveva esso diligentemente studiato la disciplina ed i costumi di Roma (Vedi Plutarco in Pyrrho Tom. 2 p. 459).

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Ne' tre censi del Popolo Romano, che si fecero verso il tempo della seconda guerra Punica, i numeri sono 270213, 137108, 214000: vedi Liv. Epitom. L. XX. Hist. Lib. XXVII. 36. XXIX. 37. La diminuzione del secondo, e l'accrescimento del terzo pare sì enorme, che vari critici, nonostante l'uniformità de' Manoscritti, hanno sospettato nel testo di Livio qualche corruzione (Vedi Drakenborch ad XXVII. 36 e Beaufort Republ. Rom. Tom. 1. p. 325). Essi non avvertirono, che il secondo censo fu fatto solamente in Roma, e che il numero era diminuito non solo per la morte, ma anche per l'assenza di molti soldati. Nel terzo censo Livio espressamente dice, che de' Commissari particolari ebber la cura di passare in rivista le legioni. Da' numeri notati si dee sempre dedurre una duodecima parte sopra sessanta, e gl'incapaci di portar armi. (Vedi Populat. de la France p. 72).

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Livio risguarda questi due accidenti come gli effetti solo del caso e del coraggio. Io sospetto che ambedue fossero prodotti dall'ammirabile politica del Senato.

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Vedi Girolamo Tom. 1. p. 169, 170 ad Eultoch. Egli dà a Paola questi splendidi titoli Graecorum stirps, saboles Scipionum, Pauli haeres, cujus vocabulum trahit, Martiae Papyriae matris Africani vera et germana propago. Questa particolar descrizione suppone un titolo più solido, che il cognome di Giulio, che Tossono aveva comune con mille famiglie delle Province occidentali. Vedi l'Indice di Tacito, delle Iscrizioni del Grutero ec.

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Tacito (Annal. III. 55) afferma, che fra la battaglia d'Azio ed il regno di Vespasiano, il Senato fu di mano in mano ripieno di famiglie nuove, prese da' Municipj e dalle colonie d'Italia.

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Nec quisquam Procerum tentet (licet aere vetusto

Floreat, et claro cingatur Roma Senatu)

Se jactare parem; sed prima sede relicta

Aucheniis, de jure licet certare secando.

Claudian. in Prob. et Olybrii Cons. 18.

Tal complimento, fatto all'oscuro nome degli Auchenj, ha sorpreso i critici; ma tutti convengono, che qualunque sia la vera lezione di questo passo, non si può applicare il senso di Claudiano che alla famiglia Anicia.

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La data più antica negli annali del Pighio è quella di M. Anicio Gallo Trib. della Plebe nell'anno di Roma 506. Un altro Tribuno Q. Anicio nell'anno 508 si distingue coll'epiteto di Prenestino. Livio (XLV. 43) pone gli Anicj sotto le gran famiglie di Roma.

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Livio XLIV. 30, 31. XLV. 3, 26, 43. Ei pone in buona veduta il merito d'Anicio, e giustamente osserva, che la sua fama fu oscurata dal maggior lustro del trionfo Macedonico che precedè l'Illirico.

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Questi tre Consolati cadono negli anni di Roma 593, 818, e 967, ed i due ultimi ne' regni di Nerone e di Caracalla. Il secondo di que' Consoli si distinse solo per mezzo dell'infame sua adulazione: Tacit. Annal. XV, 74. Ma eziandio la testimonianza dei delitti, se hanno l'impronta della grandezza e dell'antichità, viene ammessa senza ripugnanza a provare la genealogia d'una casa nobile.

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Nel sesto secolo si fa menzione della nobiltà del nome Anicio con singolar rispetto dal Ministro d'un Re Goto d'Italia. (Cassiodoro, Variat. L. X, Ep. 10, 12).

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… Fixus in omnes

Cognatos procedit honos; quemcumque requiras

Hac de stirpe virum, certum est de Consule nasci

Per fasces numerantur avi, semperque renata

Nobilitate virent, et prolem fata sequuntur

Claudiano in Prob. et Olyb. cons. 12. etc. Gli Annii, il nome dei quali sembra essersi trasfuso nell'Anicia, notano i Fasti con molti Consolati, dal tempo di Vespasiano sino al quarto secolo.

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Può comprovarsi coll'autorità di Prudenzio (in Symmach. l. 553) il titolo di primo Senatore Cristiano, ed il disgusto de' Pagani verso la famiglia Anicia: vedi Tillemont Hist. des Emper., Tom. IV. p. 183. V. p. 44. Baron., Annal. A. 312. n. 78. A. 322. n. 2.

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Probus… claritudine generis, et potentia et opum magnitudine cognitus orbi Romano, per quem universum pene patrimonia sparsa possedit, juste an secus non judicioli est nostri. (Ammiano Marcell. XVII. 11). La moglie ed i figliuoli gli eressero un magnifico sepolcro nel Vaticano, che fu demolito al tempo del Pontefice Nicolò V. per dar luogo alla nuova Chiesa di S. Pietro. Il Baronio, che deplora la rovina di questo monumento Cristiano, ne ha diligentemente conservate le iscrizioni ed i bassi rilievi. (Vedi Annal. Eccl. An. 395. n. 5. 17).

203

Due Satrapi Persiani andarono a Milano ed a Roma per udir S. Ambrogio, e per veder Probo (Paulin., in vit. Ambros.) Claudiano sembra che non abbia termini da esprimere la gloria di Probo (in cons. Prob. et Olybr. 30, 60).

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Vedi il poema, che Claudiano fece per i due nobili giovani.

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Secondino Manicheo, ap. Baron. ann. 490. n. 34.

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Vedi Nardini. Roma antica, p. 89, 498, 500.

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«Quid loquar inclusas inter laquearia sylvas;

«Vernula quae vario carmine ludit avis».

Claud. Rutil. Numatian., Itiner, v. III.. Il Poeta visse al tempo dell'invasione Gotica. Un moderato palazzo avrebbe occupato la possessione di quattro iugeri di Cincinnato (Val. Max. IV. 4.). «In laxitatem ruris excurrunt» dice Seneca Ep. 114. Vedi una giudiziosa nota di Hume (Saggi vol. 1. p. 562 dell'ultima edizione in 8).

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