Branchi. Stephen Goldin
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La realtà a poco a poco tornò a farsi presente a Stoneham. Cominciò con un suono, un rapido ka-thud, ka-thud, ka-thud che in ritardo riconobbe essere il suo cuore. Non lo aveva mai sentito battere così forte in precedenza. Sembrava sovrastare l'universo con il suo battito. Stoneham si mise le mani alle orecchie per non cedere al rumore, ma questo non fece altro che peggiorare la situazione. Cominciò anche un ronzio —un suono di grande intensità come una sveglia con la voce da soprano che suonasse dentro il suo cervello.
Poi arrivò l'odore. Sembrava esserci un odore strano nell'aria, un odore malato, da stanza da bagno. Macchie si stavano espandendo sul retro e sul davanti del vestito di Stella.
Sapore. C'era del sangue nella sua bocca, salato e tiepido, e Stoneham si rese conto che si era morso con forza le labbra.
Tatto. La punta delle sue dita stavano formicolando, c'era un tremolio nei suoi polsi, i suoi bicipiti rilassati dopo averli sforzati oltre modo.
Vista. Il mondo tornò ai suoi colori normali e la velocità tornò come al solito. Ma non c'era nulla da vedere che si muovesse. Solo il corpo di sua moglie che giaceva senza vita nel mezzo del pavimento.
Stoneham rimase lì in piedi, senza comprendere per quanto tempo. I suoi occhi vagarono per la stanza, alla ricerca delle cose normali, evitando il corpo ai suoi piedi. Ma non per lungo tempo. C'era un certo macabro fascino nel corpo di Stella che attirava il suo sguardo, tirandolo indietro da qualunque posto della stanza fosse rivolto.
Cominciò a pensare di nuovo. Più tardi s’inginocchiò vicino alla moglie per sentire le sue pulsazioni che sapeva non esserci. La sua mano era già piuttosto fredda al tatto (o era solo la sua immaginazione?), e ogni parvenza di vita se ne era andata. Velocemente ritirò la sua mano e si alzò di nuovo.
Camminò verso il divano, si sedette e fissò a lungo la parete sul lato opposto. Sentì i titoli dei giornali urlati verso di lui: NOTO AVVOCATO LOCALE COINVOLTO NELL'OMICIDIO DELLA MOGLIE. Gli anni passati a pianificare attentamente la sua carriera politica, a fare favori a persone che, a loro volta, un giorno avrebbero potuto farne a lui, ad andare a feste e cene noiose e interminabili... vedeva affogare tutto questo nella superficie di un grande vortice. E vedeva lunghi anni vuoti stendersi davanti a lui, tra pareti grigie e dietro sbarre di acciaio.
“No!” urlò. Guardò con tono accusatorio il corpo senza vita di sua moglie. “No, ti piacerebbe, vero? Ma non permetterò che questo accada, non a me. Ho troppe cose importanti da fare prima di andarmene.”
Una calma sorprendente s’impadronì della sua mente e vide chiaramente cosa si doveva fare. Schiacciò la sigaretta ancora fumante che sua moglie aveva lasciato cadere. Poi si avviò verso la rastrelliera degli utensili e prese un coltello trinciante dalla parete, tenendone l'impugnatura con il suo fazzoletto da tasca in modo da non lasciare alcuna impronta digitale. Andò fuori dal cottage e tagliò un grande pezzo del filo stendibiancheria. Tornato dentro il cottage, legò dietro le mani di sua moglie e ne rovesciò il corpo in modo da riuscire a legare i suoi piedi al collo.
Prendendo di nuovo il coltello, procedette a fare un taglio netto lungo la gola di Stella. Il sangue colò piuttosto che spruzzare visto che non era più pompato dal cuore. Tagliò a pezzi i suoi seni e scavò in modo osceno attraverso il vestito all'altezza dei genitali. Per completare infierì senza pietà sull'addome, il volto e le braccia. Le cavò gli occhi dalle orbite e cercò di tagliarle anche il naso, ma fu troppo resistente per il suo coltello.
Poi, intinse il coltello nel suo sangue e scrisse “Morte ai Porci” su una delle pareti. Come gesto finale, recise la linea telefonica con un taglio deciso. Poi piazzò il coltello sul pavimento vicino al corpo, raccogliendo allo stesso tempo l’appunto che lei aveva scritto con la sua intenzione di divorziare. Si mise l’appunto nella tasca dei pantaloni.
Si alzò e si diede un'occhiata. Le sue mani e i suoi vestiti erano pieni di sangue, che non se ne sarebbe mai andato. Avrebbe dovuto liberarsene in qualche modo.
Si strofinò bene le mani nel lavandino fino a quando riuscì a rimuovere tutte le tracce di sangue. Guardò in giro per la stanza e notò qualcosa che gli tolse il respiro: la sua scatola di fiammiferi personalizzata che giaceva sul tavolo vicino al portacenere. Si precipitò a prenderla, pensando che sarebbe stato molto stupido lasciare in giro un indizio come quello da far trovare alla polizia. Mise la scatola di fiammiferi in tasca.
Poi si diresse verso la valigia e tirò fuori un cambio di vestiti. Si cambiò velocemente, pensando mentre lo faceva che avrebbe potuto seppellire i suoi vestiti vecchi da qualche parte a un miglio di distanza in modo che non sarebbero mai stati ritrovati. Poi avrebbe potuto ritornare e fingere di aver scoperto il corpo così com’era. Visto che il filo del telefono era stato tagliato, avrebbe dovuto guidare da qualche parte per chiamare la polizia. Il vicino meno distante con un telefono, gli venne in mente, era a circa due miglia di distanza.
Stoneham si girò a ispezionare la sua opera. Il sangue era sparso su tutto il pavimento e su qualche mobile, il corpo era smembrato in un modo particolarmente orribile, il messaggio radicale era ben in evidenza sulla parete. Era la scena di un incubo surrealista. Nessun killer sensato avrebbe mai commesso una simile carneficina. La colpa sarebbe caduta immediatamente su quella comune hippie, forse su Polaski stesso. Questo sarebbe servito a due scopi: coprire la sua colpevolezza e liberare San Marcos una volta per tutte da quei dannati hippie.
C'era una pala nel piccolo capanno degli attrezzi fuori dal cottage. Stoneham la prese e s’incamminò nel bosco per seppellire i suoi vestiti. Visto che non pioveva da mesi, il terreno era secco e compatto; non lasciò nessuna impronta lungo il suo cammino.
* * *
Non ci volle molto per la creatura più grande per uccidere quella più piccola. Ma dopo averlo fatto, il killer sembrò paralizzato dalle sue stesse azioni. Con cautela, Garnna mosse un tentacolo mentale e toccò la mente del killer. I pensieri erano un ammasso confuso. C'erano ancora tracce turbinose di rabbia, ma sembravano lentamente svanire. Stavano crescendo altri sentimenti. Colpa, dolore, paura della punizione; tutte cose che anche Garnna conosceva. Si spinse un po' più in profondità nella mente e apprese che la creatura morta faceva parte dello stesso gruppo iff del sopravvissuto; in effetti, era stata la sua compagna. L'orrore di Garnna a questo punto fu così forte che uscì di corsa dalla mente e si rifugiò in una sfera mentale. A livello intellettuale poteva accettare l’idea di uccidere, anche la propria compagna. Ma a livello emozionale lo shock dell'esperienza diretta fece vacillare la sua mente.
Rimase lì per alcuni minuti, aspettando che passassero lo shock e il disgusto. Alla fine, il suo addestramento si riaffermò e cominciò a osservare di nuovo quello che lo circondava. La creatura grande stava ora facendo a pezzi con un coltello la carcassa di quella piccola. Era una qualche sorta di terribile usanza? In questo caso, questi onnivori potevano essere rivalutati per quanto riguardava il loro potenziale di minaccia. Anche i carnivori che Garnna aveva osservato non si erano mai comportati in modo così osceno.
Prese tutto l'autocontrollo di cui era capace per prendere contatto nuovamente con il cervello dell'alieno. Quello che vide lo confuse e lo disturbò. Per la prima volta, aveva visto un individuo pianificare di compiere un’azione che andava contro il bene del suo Branco. C'era vergogna e senso di colpa nella mente, il che portava Garnna a credere che questo omicidio non fosse per nulla una pratica abituale. L'istinto del Branco stava ancora funzionando anche se molto represso. E ad avere la prevalenza su tutto