Sanctuary – Serie ”Legami Di Sangue” – Volume 9. Amy Blankenship

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Sanctuary – Serie ”Legami Di Sangue” – Volume 9 - Amy Blankenship

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inspirò lentamente mentre scivolava nei libri. Un attimo era un pirata in mare aperto e quello dopo era innamorato di una principessa lontana; assaporò le sue labbra e sentì la stoffa dei pantaloni tendersi per il desiderio. Poi fu distratto da un drago nero, che fu ucciso da un mago più potente di lui.

      “Tsk... figuriamoci.” si lamentò Skye, allontanandosi da quella che era, ovviamente, la sezione di narrativa.

      Sospirando, fece per sedersi e si accigliò vedendo altri vestiti e un paio di scarpe da tennis nere. Chi diavolo era a lasciargli quella roba? Lui sapeva che i dipendenti andavano lì ogni tanto ma si assicurava che nessuno di loro lo sorprendesse ad usare il divano o i libri.

      Imprecò tra sé quando si rese conto che, per la stanchezza, non aveva notato un’altra presenza. Si guardò attorno nervosamente ma non notò niente di strano. Si avvicinò e allungò una mano per toccare i vestiti, poi la ritrasse con sospetto.

      Dean aveva deciso di restare nascosto per vedere cos’avrebbe fatto l’ibrido. Era piuttosto iperattivo ma, cavolo, rimanere intrappolato con Misery per secoli avrebbe fatto impazzire anche un santo. Ricordò di non averla sopportata già dopo pochi secondi e, di solito, il suo livello di pazienza era piuttosto alto... o almeno così credeva.

      Guardò la scatola di libri che l’ibrido aveva appena visionato e quasi rise, notando il romanzo del vampiro più famoso del mondo. Ah, l’ironia della vita. Guardò di nuovo l’ibrido quando lo vide allontanarsi dai vestiti.

      “Chi sei?” chiese Skye con i peli drizzati sulla nuca. Conosceva già la sensazione del sentirsi osservato dai caduti.

      “Sono Dean.” sussurrò l’altro, cercando di non spaventarlo. Quando il silenzio cominciò a pesare, Dean si accigliò “Dovresti dirmi il tuo nome, se non vuoi farti chiamare ‘Ehi, tu!’...”.

      “Cosa vuoi?” gli chiese Skye con voce fredda. Si guardò intorno nella stanza ma la voce sembrava provenire da dentro la sua testa, più che da una particolare direzione.

      “Voglio solo parlare.” Dean scrollò le spalle, anche se l’altro uomo non poteva vederlo. Tirò su le gambe e si accovacciò, vedendo l’istinto della fuga brillare nei suoi occhi.

      Skye digrignò i denti, non si fidava di quella voce senza un volto. “È davvero quello che vuoi?”

      “A meno che tu non voglia altro...” La voce di Dean era sensuale e il suo sguardo scrutò il corpo dell’ibrido senza vergogna.

      Quanto tempo era che quel ragazzo non sentiva il tocco di un’altra persona?! Era quasi un purosangue e i caduti non stabilivano alcun legame senza un contatto... era il loro modo di essere. Ecco perché aveva impedito a Kriss di toccare troppo Tabatha e il vederli abbracciati nel letto lo irritava. All’improvviso si chiese se Kriss sarebbe stato geloso, al posto suo.

      “Perché dovrei crederti?”. Skye ringhiò, quello non era un gioco.

      “Non sei obbligato.” dichiarò Dean, realizzando che, se voleva proteggere il piccolo ribelle, avrebbe dovuto andarci piano. “Ma che alternativa hai? O ti uccido prima che ti unisci ai demoni per solitudine, oppure...” sorrise maliziosamente, ansioso di combattere.

      La paura di Skye schizzò fino al tetto e lui corse tra gli scaffali della libreria, poi sentì delle braccia possenti stringerlo da dietro. La forza della presa gli tose il fiato, sollevandolo da terra, e lui si dimenò senza preoccuparsi di respirare.

      Le braccia lo strinsero più forte e lui ansimò rumorosamente sentendo quel corpo sodo premuto contro di lui. Si ricordò, all’improvviso, dell’ultima volta in cui era stato così vicino a qualcuno. Di notte, lui e Aurora si abbracciavano per stare al caldo o si tenevano per mano, sentendo l’uno il bisogno dell’altra. Adesso percepiva ogni cosa di quel corpo e ciò lo spaventava ancora di più.

      “... oppure potresti unirti ai caduti.” gli sussurrò Dean all’orecchio.

      “I caduti uccidono quelli come me.”. Skye ringhiò, afferrando il braccio attorno al proprio petto ma senza riuscire a liberarsi. “O li gettano in una caverna e se ne dimenticano.”. S’infuriò mentre il dolore e la rabbia si scontravano dentro di lui.

      Dean sospirò e scosse la testa. Era in momenti come quello che avrebbe spaccato volentieri la testa ad alcuni suoi fratelli, per la loro negligenza durante le guerre demoniache.

      “Se avessi saputo che eri laggiù con quel mostro, io ti avrei salvato!” sibilò Dean, scandendo ogni parola. “E voglio ancora salvarti.”.

      Skye smise di lottare ma s’irrigidì per reprimere quel brivido che cercava di pervadergli il corpo. Girò lentamente la testa verso il suo rapitore ma si fermò quando sentì la pelle morbida e calda della sua guancia. Non riuscì ad impedire al dolore della solitudine di riaffiorare nel proprio sguardo... il tocco di quel caduto gli ricordava ciò che aveva perso con Aurora.

      “Perché?” gli chiese Skye confuso.

      Dean gli sfiorò la guancia, sentendo scendere una lacrima calda “Perché i demoni non piangono... tu sei un caduto. Anche Misery lo aveva detto, no?”.

      *****

      Kane sospirò e si girò sulla schiena, qualcosa non andava. Si voltò per guardare Tabatha e fu allora che lo sentì di nuovo. Guardando il soffitto, chiuse gli occhi e ascoltò attentamente. All’inizio il rumore era ovattato, come se provenisse da sotto un mucchio di cuscini, poi divenne martellante e costante.

      I suoi occhi color ametista si riaprirono di scatto... era il debole rumore di un battito cardiaco in lontananza.

      Sistemò con cura le coperte attorno a Tabatha e le diede un bacio sulla fronte, prima di scivolare giù dal letto. Infilandosi un paio di pantaloni di pelle nera, si fece strada nel club buio fino alla stanza della sicurezza, stropicciandosi gli occhi mentre camminava.

      Non appena aprì la porta, una luce blu lo accecò. Guardò i monitor che mostravano ogni angolo esterno del club, compreso il tetto. Strinse gli occhi quando la telecamera sul tetto lampeggiò, segno che qualcosa aveva fatto scattare i sensori di movimento... un qualcosa che non doveva essere lì.

      Toccando lo schermo, inquadrò meglio la porta che dava sul tetto e piegò la testa di lato. Non era roba che si vedeva tutti i giorni... una bella donna era rannicchiata sotto la tettoia e sembrava dormire profondamente.

      “Proprio comodo, eh.” Kane fece una smorfia, sapendo che il pietrisco del catrame stava sicuramente pungendo quella pelle dall’aspetto delicato.

      Tabatha aveva sentito Kane lasciare la camera da letto e si chiese cosa lo avesse destato dal riposo dopo ore di sfinimento.

      Incuriosita, si alzò e seguì il suo odore fino alla stanza della sicurezza. Sbirciando dalla porta aperta, vide che era preso da qualcosa sullo schermo e si mosse in punta di piedi, nel tentativo di avvicinarsi di soppiatto. Ci era quasi riuscita quando la voce di lui la spaventò.

      “Abbiamo visite.” Kane sorrise sentendo il sussulto di Tabatha.

      “Accidenti.” lei sibilò e sbatté i piedi nudi sul tappeto morbido.

      Kane si girò di scatto e la prese, tirandola a sé e rivolgendole un sorriso smagliante. “Non penserai davvero di poter spaventare l’uomo nero?”. La prese in giro, strofinandole

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