Oltre Il Limite Della Legalità. Alessandro Ziliotto
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“Persone come lui offuscano la figura della Polizia di Stato, e infangano il lavoro che ogni giorno ogni singolo agente si presta a fare per questa città. Spero che venga giudicato presto e che paghi per ciò che ha fatto. Fatti come questo sono spiacevoli per la cittadinanza ove vengono compiuti, a maggior ragione qui a Bologna, dove l’alone della banda della Uno bianca è ancora vivo nella memoria di molti cittadini.” Queste le parole riferite dal dirigente della Squadra Mobile.
Leggevo e rileggevo quelle parole. Mille pensieri annebbiavano la mia mente al punto tale che non riuscivo a pensare. La rabbia attanagliava il mio senso razionale e quelle parole mi facevano sprofondare sempre più.
Il presente mi era del tutto indifferente, sorseggiavo i bicchieri di vino come cicchetti d’acqua. Avevo voglia di lasciarmi andare e di non pensare, desideravo che questo mondo finisse, ed io con lui. Parlavo ma non sapevo cosa dicevo, ridevo e non ne comprendevo il motivo. Il tempo passava senza che io me ne rendessi conto e tutto ciò che mi circondava, era relativo e temporaneo. Ora come non mai, mi sentivo mortale, con un inizio e una fine. Un essere umano come un altro che faceva la sua comparsa in questa terra senza lasciar traccia della sua vita, della sua presenza, e per questo mi sentivo inutile. Non sapevo il motivo della mia esistenza e non riuscivo a spiegarmi tutto ciò che c’era al mondo. Volevo investire sulla mia vita ma non sapevo da che parte iniziare. Era tutto così dannatamente difficile e complicato. Guardavo distrattamente la televisione e ciò che riproduceva sembrava così inverosimile da sembrare creato solo per attirare l’attenzione degli telespettatori. Guerre, ribellioni, morti, incidenti, sparatorie, crisi economiche, sembravano tutte notizie lontane e intoccabili, e solamente quando ci si ritrovava a sfiorarle, a sentirne le vibrazioni sulla pelle, era lì che ci si cominciava a chiedere: ma perché diamine esiste tutta questa schifezza al mondo? Perché ci sono persone che guadagnano sul dolore e la sofferenza altrui? Perché i delinquenti sono più protetti delle persone comuni e umili, che si svegliano la mattina presto e vanno a lavorare, a faticare, a sudare, e che per arrivare alla fine del mese fanno i salti mortali, e molte volte non riescono nemmeno a permettersi una vacanza all’anno con la famiglia, perché con le tasse da pagare, il mutuo e tutto quello che ci va dietro, non riescono a risparmiare quanto basta. E se tutto questo non bastasse, da quella scatola composta da circuiti elettronici, si sentivano dire: “dobbiamo fare dei sacrifici”. Provate a chiedere a qualsiasi persona che sta al governo o imprenditore, dove sia andato in vacanza nell’anno in corso? Sicuramente una metà turistica comparirà nella loro risposta, anche perché se provate a chiedergli: “e i sacrifici voi non lì fate?” “Certo che li facciamo, ma lavoriamo tutto l’anno, non ci meritiamo nemmeno un po’ di ferie?” Senza entrare poi in altri argomenti sui quali sorvolerei per non farmi corrodere il fegato dal nervoso. I sacrifici da che mondo è mondo, lì hanno sempre fatti i poveri operai, non per loro scelta, ma perché lavorando onestamente, erano e saranno sempre le uniche persone pesate sino all’ultimo centesimo, a differenza di tutti gli altri, i quali hanno la possibilità di fare come gli pare e piace, soprattutto i delinquenti. Indulto di qua, benefici di là, ed io ora che ero disoccupato, chi mi consigliava di rimanere una persona onesta. Mantenere i miei ideali, conservare i principi e le linee guida insegnatemi sin da bambino, per finire dove? Per strada con un calcio sul fondoschiena e un grazie per averci fatto fare questa pessima figura con i cittadini, senza accertarsi se tutto ciò per il quale ero stato cacciato, fosse veritiero oppure no. Mi avevano pure associato alla banda della uno bianca, proprio il mio ex capo, quello che gongolava sui miei arresti. L’ipocrisia oramai aveva conquistato il mondo intero e andare contro al vento che soffiava, per molti era rimasto un lusso e un atto di coraggio mai conosciuto nella loro vita. Sarebbe bastata una risposta più diplomatica: “Non posso esprimermi finché il giudice non emanerà la sentenza, e sino ad allora rispetterò Enrico Del Nero per come l’ho conosciuto, ovvero uno dei miei migliori collaboratori, forse voi non ricordate, ma molte persone che sino a pochi giorni fa condividevano la cella con lui, li aveva arrestati lui stesso, e se questa città è un po’ più sicura è grazie a lui.” Ma di certo avrei chiesto sicuramente troppo e in quel modo, se fossi stato giudicato colpevole, arrivare al potere e avanzare di carriera non sarebbe stato facile per il mio ex capo, anche perché sarebbe stato dipinto come l’uomo che non conosceva i suoi uomini e non riusciva a tenerli a guinzaglio. Ma questo non toglieva il fatto che senza mostrare un po’ di “palle” il rispetto delle persone che lo circondavano gli sarebbe venuto a mancare.
Ma oramai tutto questo faceva parte del passato, quello che avrei cominciato a fare era sfruttare la mia intelligenza e le mie conoscenze per arricchirmi e non essere beccato, e qualora accadesse, sperare che fosse il più in là possibile, in modo da racimolare un bel po’ di denaro per poter vivere decentemente una volta ritiratomi dal mercato dell’illegalità. Certo non era del tutto facile e semplice, soprattutto entrare nel giro, ma certo ci potevo provare, d'altronde cosa avevo da perderci? Nulla. Dovevo pensare bene a ogni dettaglio. Aprire ogni cassetto della mente per organizzarmi alla grande e costruire un qualcosa di non troppo grande, per non attirare l’attenzione, ma nemmeno troppo piccolo, per non racimolare pochi soldi. E poi, se c’erano riusciti certi inetti con i quali mi ero imbattuto, come potevo fallire io, impossibile. Già immaginavo il cambiamento nella mia vita. Più rispetto; perché con i soldi si ottiene il potere, e il resto viene a cascata, dandoti comunque una mano. Belle donne, che quelle non guastavano mai. Macchine sportive, per togliermi lo sfizio che mi era sempre gironzolato per la testa, e viaggiare, soggiornando nei posti più belli e lussuosi al mondo. Certo non subito, non dovevo commettere l’errore di essere presuntuoso e sperperare immediatamente quello che guadagnavo, ma in un futuro non troppo lontano avrei potuto soddisfare tutte queste mie idee. Già m’immaginavo immerso in una vasca idromassaggio all’ultimo piano di un grattacielo circondato da donne incantevoli con un bicchiere di Franciacorta in mano e un po’ di musica in sottofondo…paradisiaco.
Forse stavo fantasticando troppo o forse no, sarà solamente il tempo a dirmi se avevo ragione.
Il bello di tutta questa mia paradisiaca visione o prospettiva di vita era l’inizio. Come diamine avrei cominciato? Come avrei fatto a inserirmi nella criminalità. Il posto più fertile in assoluto per uno che voleva cominciare questa carriera era la stazione ferroviaria, a meno che non conoscesse persone altolocate, e allora la questione era del tutto diversa, ma di certo non era il caso mio.
Come uno studente sceglie l’università che meglio preferisce, anche un criminale, sebbene alle prime armi, deve compiere questa tragica scelta. Inserirmi nel campo delle piccole rapine da strada per fare un po’ di soldi sarebbe potuto essere un buon punto di partenza e di certo non avevo l’obbligo di farle in una determinata zona della città.
Avrei potuto sbizzarrirmi, variando dalla banca, alla farmacia, per seguire con l’ufficio postale, o meglio ancora una tabaccheria o un benzinaio, insomma qualsiasi attività commerciale con un elevato incasso giornaliero. In ogni singolo di questo posto avrei dovuto calcolare molteplici varianti, ma ce n’era una di fondamentale importanza, l’unica incontrollabile, la fortuna. Perché potevo aver studiato il piano in ogni singolo suo dettaglio, inserendo qualsiasi incognita, ma se un po’ di fondoschiena non m’accompagnava in quello che stavo facendo, gli sbirri sarebbero stati pronti a ingabbiarti.
Ora come ora però, ero sdraiato sul divano, lasciato a bivaccare come un trovatello disperato e senza un centesimo da investire. Fare il criminale non faceva parte del mio Dna, ma l’adrenalina si. Quindi tutto sommato credevo che le cose combaciassero. Un detto mi dava conforto…gli sbirri sono peggio dei criminali…non dovevo far altro che testarlo.
Con le braccia conserte dietro la testa e le gambe incrociate, mi godevo il venticello fresco che entrava dalla finestra di fronte a me e pensavo a come diavolo avrei fatto a tirar su un po’ di