Oltre Il Limite Della Legalità. Alessandro Ziliotto
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Quando mi svegliai la mattina avevo la testa che rimbombava; era come se ospitasse un batterista principiante ed isterico, il cui ultimo pensiero era cessare di far quel fracasso. Ipotizzavo che probabilmente anche per questo motivo non riuscivo a starmene sdraiato a letto. Mi giravo e rigiravo tra le lenzuola, senza trovare una posizione o soluzione, alche non mi era restato altro che donare la mia presenza al mondo civile.
I piedi toccarono terra a fatica, e non appena mi ero sollevato, mi chiesi che diavolo stavo facendo e dove diamine stavo andando. Strascinai praticamente il corpo in cucina, ma prima che potessi effettuare qualsiasi altra cosa, accesi la televisione per avere un po’ di compagnia. La mia intenzione era ascoltare un po’ di musica per riuscire a svegliarmi lentamente. Pigiai il pulsante del telecomando, e quasi immediatamente ecco accendersi d’incanto, un po’ di sana e orecchiabile musica pop. Con gli occhi da cinese mi destreggiai per la cucina, cercando di non sbattere da qualche parte, e non cominciare così la mattinata con un’imprecazione, anche se ormai era mezzogiorno passato, sempre che le lancette scrutate dai miei occhi e recepite dal mio cervello, fossero corrette. A dire il vero non mi accorgevo quando la musica cessava per lasciare spazio ai conduttori del programma, anche se distrattamente captavo una notizia decisamente importante e inaspettata. La morte di Lucio Dalla. Lì per lì non ci avevo fatto molto caso, forse perché i miei neuroni non riuscivano ancora a interagire tra loro, ma poi con il passare dei minuti e con l’avvicendarsi degli speaker, e dei cronisti e di alcuni personaggi famosi con le loro parole di sconforto, mi rendevo conto che un artista della musica italiana era morto. La cosa non mi riguardava gran che, anche perché non lo conoscevo di persona, sebbene mi era capitato di incrociarlo per le vie di Bologna, seduto a bere qualche cosa in piazza dei Celestini, dove ero solito passare a piedi per raggiungere via d’Azeglio. Lo coglievo lì, tranquillo a chiacchierare come qualsiasi altra persona al mondo. E ora non c’era più. Quando un’artista lasciava questo mondo così inaspettatamente, mi capitava di pensare cos’altro avrebbe potuto dare a tutti noi. Quello che una persona era riuscita a dare sino al giorno del suo addio era indubbiamente importante, ma cos’altro sarebbe riuscita a regalarci? Era una cosa che mi aveva sempre solleticato la mente. Cercare di pronosticare il potenziale di una persona che oramai non c’era più, era alquanto difficile e impossibile da effettuare, però era altrettanto affascinante e misterioso. La speranza era che l’anima di quella persona, come quella di qualsiasi altra persona al mondo che lasciava questa vita terrena, fatta eccezione per persone crudeli ed egoiste, rimanesse immortale, passando in una vita che si stava accendendo proprio in quel momento. Comprendevo che questo fosse un pensiero strano e aggrovigliato, ma se fosse vero, ci permetterebbe di sapere che tutte le persone a cui noi teniamo, e che persino noi stessi, noi come essere umani, avremmo un futuro e non saremmo solamente esseri finiti e limitati; in tutta sincerità però, questa cosa mi faceva molta paura. Come potevo sperare di poter tramandare la mia anima in un’altra persona se non ricordavo il percorso delle vite passate? Anche se questo ragionamento era relativo, considerato che in alcuni momenti della vita mi era capitato di rincontrare l’anima di un altro, di ritrovare o rivivere esperienze già vissute, però mai provate. Forse era stato per una situazione psicologica instabile, o per l’eccesso di alcool o forse perché il passato che avevo consumato in un'altra vita non riusciva a rimanere placato. Sta di fatto che avevo vissuto e provato molte situazioni e sensazioni delle quali però non avevo mai avuto la forza e la capacità di spiegarmele. Credo che il senso di tutto questo si concentri a maggior ragione nell’istinto, nella reazione immediata a un determinato evento, al desiderio forte e incontrollabile d’effettuare qualche cosa, qualunque essa sia, ma che per noi era la più normale e straordinaria al mondo.
“Come posso dire che mi piace tirare con l’arco se non l’ho mai provato e quando accade il gesto mi risulta facile e corretto? Come posso altrettanto affermare di saper interloquire o esprimermi ad un vasto pubblico quando non l’ho mai fatto, però quando mi ritrovo di fronte a centinaia di persone mi sento a mio agio e pieno di me? Come posso sentirmi unico e speciale e tutte le persone che mi circondano me ne danno conferma? Come posso desiderare di conoscere una cultura e una civiltà completamente diversa dalla mia a partire dalla storia, seguendo con la lingua, alle usanze e ai caratteri somatici, a tutto ciò che caratterizza una popolazione da un’altra, e poi studiandola trovarla straordinariamente affascinante e famigliare. A volte non ci sono spiegazioni a determinate cose, esistono, si provano e si portano avanti con la consapevolezza che non si possa dare a tutto una spiegazione, a volte bisogna vivere e farsi trasportare dal nostro cuore e dalla nostra anima, perché questi ultimi conoscono cose e mondi che noi non riusciremo mai a comprendere.”
Le notizie alla tv susseguivano come le canzoni, ma erano solo da contorno ai miei pensieri. Avevo appena terminato di mangiare e ora mi preparavo a uscire, oggi sarebbe stato il mio primo giorno di palestra e speravo che un po’ di fortuna m’avrebbe aiutato, sebbene non riponevo in essa il mio futuro.
CAPITOLO CINQUE – Incontri inaspettati –
Praticamente la quota d’iscrizione e i primi tre mesi d’abbonamento, il minimo richiesto, mi scipparono tutto il malloppo, lasciandomi in tasca la cifra per una pizza. Con la mia bella tenuta, mi ero preparato con estrema calma, avviandomi agli attrezzi. Sbrigate le pratiche con il personal trainer, cominciavo a mettere in moto muscoli da tempo inutilizzati. Cercavo di perdere più tempo possibile, anche perché, oltre a non esserci molta gente, non avevo nient’altro da fare e l’unico mio obbiettivo per oggi era riuscire ad incontrare e conoscere il mio futuro collega di lavoro. Giusto per scaricare un po’ i nervi e visto che era passata più di un’ora, mi misi a correre un po’ sul tapis roulant ascoltando la musica diffusa dall’impianto centralizzato. Non mi garbava moltissimo, ma certo, non avevo a disposizione un Ipod, quindi mi sarei dovuto accontentare.
Mentre