Oltre Il Limite Della Legalità. Alessandro Ziliotto

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Oltre Il Limite Della Legalità - Alessandro  Ziliotto

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non perché questi lavori erano umili e indegni di me, ma perché il tempo di fare lo sciacquino l’avevo lasciato alle spalle quand’ero stato costretto a lasciare la polizia, quindi, niente più capi e soprattutto non avrei più dovuto pensare se riuscivo ad arrivare a fine mese o meno. Un settore che mi aveva sempre attratto era quello dei bancomat, o meglio, non clonare le tessere o aspettare le persone che effettuavano i prelievi per derubarli. No. M’affascinava farli saltare, e portare via la cassa con i soldi contenuti all’interno. Era un lavoro ingegnoso, che non danneggiava nessuno. Le banche per questo tipo d’incidenti erano assicurate, e i danni che subivano gli venivano rimborsati interamente. E dal mio punto di vista, anche se avessero dovuto pagare loro direttamente, la cosa non avrebbe cambiato molto la linea di marketing che avevano, visto che sin dall’inizio della loro creazione avevano sempre cercato e ottenuto il favore dei governi per fregare i poveri cittadini in qualsiasi loro operazione, e se questo non fosse vero, come si spiegherebbero tutte le fantastiche sedi ove operano, tutti quei bei palazzi pagati con i soldi e i sacrifici della gente comune, perché i grandi sono grandi, grazie ai soldi dei piccoli. L’unico inconveniente che potevo riscontrare in questo settore, era la poca conoscenza delle miscele esplosive, e tutto ciò che ci poteva andare dietro. L’unica cosa che sarei riuscito a sfruttare, era la mia guida sportiva, utile per dileguarci prima dell’arrivo della polizia. Quest’ultima a dire il vero non era un gran problema, perché tutti questi colpi si effettuavano avendo a disposizione automobili dai 300 cavalli in su, e gli sbirri non avevano un’auto con questa potenza, fatta eccezione della Lamborghini. L’unica pecca di questo settore però era riuscire a entrarci. Avevo una carta da giocare a mio favore, conoscevo la palestra dove andava un personaggio della banda più preparata della città in questa specialità e a dire il vero, conoscevo anche il suo volto, e cosa fondamentale, lui non mi conosceva affatto.

      

      

      Sarei potuto partire da lui. La mia mente già viaggiava libera nell’autostrada dei sogni e delle speranze. Già mi vedevo a bordo di un’auto potente, con i lampeggianti nello specchietto retrovisore intento a scappare agli sbirri, e subito dopo a contare i soldi e a dividerli equamente coi miei compagni. Sarebbe stato un po’ come vivere Fast and Furios in prima persona, ed io sarei stato l’O’ Connor della situazione. Anche se a ripensarci bene, loro non facevano esplodere i bancomat, ma non faceva nulla, perché smontare una fantasia?!?

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      CAPITOLO TRE – Prime prove –

      

      

      Dovevo cercare i soldi per iscrivermi in palestra e un furtarello non sarebbe guastato. Mi misi in sesto e scesi di casa. Un centro commerciale sarebbe stato perfetto, ovviamente senza telecamere all’esterno. Ci impiegai poco più di mezz’ora ad arrivare. Ero comodamente seduto sull’autobus quando ecco salire il controllore. Ero tranquillo, mi alzai cercando di raggiungere l’apertura opposta alla quale lui era salito, ma proprio mentre stavo per scendere, poco prima che le porte si chiudessero, eccoti mettersi di fronte a me un altro controllore, cercando di sbarrami la strada per non farmi scendere.

      “Favorisca il titolo di viaggio per cortesia, e poi può scendere.”

      Il biglietto non ce l’avevo e certo se cominciavo già così il primo giorno della mia vita criminale apposto ero. Mi sarei ritrovato in galera la sera stessa. Un lampo di genio però illuminò la mia mente, estrassi dalla tasca dei pantaloni il mio sottile taccuino, e aprendolo a ventaglio esibii il mio titolo di viaggio.

      “Prego.” Fu la risposta dell’incaricato del pubblico servizio lasciandomi sfilare alla sua destra. E lì capii che il tesserino della polizia, sebbene illecitamente detenuto e leggermente contraffatto, m’avrebbe potuto salvare da molte situazione complicate. Certo avrebbe avuto anche i suoi lati negativi, sempre che qualcuno avesse scoperto la sua natura, ma questo sarebbe stato un problema che avrei affrontato una volta che si fosse presentato. Avrei aggiunto guai ad altre beghe che già avevo; e poi persino io avrei creduto nella sua autenticità, considerato che aveva tutte le sue cose in ordine, fatta eccezione di alcuni piccoli particolari.

      Eccomi arrivato nel parcheggio del centro commerciale, ora dovevo solo attendere la vittima prescelta. Doveva essere esclusivamente una e se la cosa fosse andata male, mi sarei dovuto dileguare, spostando la mia attenzione in un’altra zona.

      Mi dovevo ingegnare in qualche modo, e utilizzare uno stratagemma con un margine d’errore molto ridotto. Innanzitutto non dovevo far notare la mia presenza nel parcheggio, rimanendo nell’indifferenza più totale. Mi misi seduto su di una panchina, e approfittando della bella giornata ostentavo il mio interesse per i raggi solari, guardando di sottocchio le macchine che arrivavano e i loro conducenti, aumentando ancor di più la mia attenzione quando mi passavano accanto se li ritenevo interessanti.

      Passarono qualche decina di minuti senza che mi decidessi a mettere in atto il mio pseudo piano. Non riuscivo a calcolare il momento propizio, ma quando mi sembrava che stesse per arrivare ecco sorgere qualcuno che lo avrebbe potuto rovinare, tipo personale della vigilanza che usciva a farsi un giro e fumarsi la sigaretta, oppure qualche ragazzo dall’aria sveglia e atletica. Insomma, cercavo il momento ideale, anche perché se avessi affrettato la cosa, sicuramente sarebbe stato peggio per me e non sarei riuscito ad ottenere il risultato sperato.

      Forse dovevo desistere e cercare un’altra soluzione ma più mi scervellavo e maggiormente non riuscivo a trovare alternative. Mi alzai in piedi giusto per stemperare un po’ la tensione e cercare qualche mozzicone di sigaretta da finire, non fumavo gran che, ma quand’ero nervoso mi serviva a stendere i nervi. Praticamente trovai una sigaretta completamente intera, gettata a terra esclusivamente perché era leggermente spezzata. Con cura la raccolsi e con altrettanta attenzione la ricomposi. Mentre terminavo l’operazione e la incastonavo tra le labbra assaporandone il sapore, capii che il momento era arrivato. Nel parcheggio aveva appena fatto il suo ingresso un grosso SUV e dallo stesso ne era scesa una scintillante creatura, non tanto per la bellezza, ma per ciò che indossava. Nulla togliere a quella splendida donna, ma di certo non era il momento per accondiscendere alle debolezze della carne. Già dal personaggio avevo compreso che non si sarebbe intrattenuta molto tempo all’interno del centro commerciale, considerato che la spesa per la famiglia di certo non la faceva lei, al massimo sarebbe entrata per provare qualche capo d’abbigliamento o salutare qualche amica, altre spiegazioni non ne trovavo. Mi passò accanto con estrema disinvoltura, consapevole che la stavo guardando, e come potevo evitarlo, malgrado le rughe accentuate sul collo, conservava un viso ed un corpo tonico, e il sentirsi osservata era il risultato cercato nelle sedute dal chirurgo plastico e come potevo non privargliene. Le gambe snelle s’innalzavano su un paio di scarpe nere con il tacco alto sei sette centimetri, sino a delimitarsi all’interno di una gonna attillata anch’essa scura. Indossava una camicetta bianca lasciata aperta dei primi bottoni, dalla quale emergevano prepotentemente le morbide colline che custodiva all’interno. Era inebriata da un aroma invitante

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