Oltre Il Limite Della Legalità. Alessandro Ziliotto
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“Noi non possiamo fare quello che stiamo facendo.”
La guardai in modo incredulo.
“Cos’è che stiamo facendo?”
“Sai benissimo di cosa parlo. Anch’io ti sento vicino a me, ti desidero con ogni cellula del mio corpo, ma forse è l’alcool che parla. Però non posso…lo so che non mi capirai, però un giorno forse riusciremo a stare assieme.”
“Non ti capisco…”
“Nemmeno io riesco a capirmi.”
Con gli occhi che scrutavano l’orizzonte, come rapita da un’altra dimensione, aggiunse: “quando ti senti solo, rapito, indifeso e senti che il mondo ti crolla addosso, dove vai Enrico?”
La guardavo con curiosità senza riuscire a darle una risposta. Guardavo il profilo del suo volto, sprofondando nella luminosità della luna, riflessa dal suo occhio sinistro, senza riuscire a esternare i miei pensieri, ma questo per una semplice ragione, lei lì monopolizzava. Sino a che non concentrò la sua attenzione su di me.
“Sei mai stata ai giardini di villa Spada?”
Un’ombra vellutata e fulminea attraversò il suo sguardo e prima che potessi formulare qualsiasi pensiero o domanda, m’incalzò con la sua risposta.
“No. Non so dove siano. Mi ci porterai un giorno Enrico? Dimmi di sì, te ne prego. Anche se è una bugia, dimmi di sì, ne ho bisogno.”
“Sì. Andremmo. Andremmo lì, come in qualsiasi altro posto tu vorrai. A me basta stare con te.”
A quelle parole, il sorriso che mi aveva regalato, aveva illuminato quella notte d’estate. Poi d’un tratto e senza dire nulla più, entrò in casa lasciandomi a bocca aperta. Come un cretino la guardai andarsene. Non mi aveva dato l’opportunità di assimilare le sue parole e di replicare. Ma perché dirmi tutte quelle cose, perché colpirmi così duramente senza darmi una spiegazione? E perché era triste mentre lo diceva? Non ci capivo nulla. Non ci avevo mai capito nulla! Rimasi lì come un idiota a pensare e ripensare ai suoi discorsi, senza trovarne una giustificazione. Rincasai e annebbiai ciò che provavo con la vodka. L’alcool per me era come una spugna che riusciva inizialmente a confondere i lineamenti dei problemi, successivamente a marcarli in profondità, sino a trasmettermi le sensazioni peggiori che potevo provare, facendoli divenire i più importanti e insormontabili del mondo, e infine rimpicciolendoli in misura millesimale, almeno sino a che la sbornia sarebbe durata. Anche perché, arrivata la sveglia, ritornavano più forti e ridondanti che mai, accompagnati dall’amico d’avventure; il mal di testa.
Il suo comportamento mi mutò completamente, divenni un fantasma, una comparsa senza spirito e accondiscendenza. Non volevo parlare con nessuno, cercavo di distrarmi, di rilassarmi con la musica, ma sinché lei era lì a pochi metri da me non riuscivo a comportarmi diversamente. Di tanto in tanto scambiavo due parole e qualche battuta con i miei nuovi amici, ma non riuscivo a far nient’altro, come avrei potuto? Lei lo sapeva, lo percepiva, ma più cercavo in lei qualche carezza spirituale e più lei mi schiaffeggiava con il suo atteggiamento indifferente, gigioneggiante e irriverente. Presi il mio bicchiere, dopo averlo fatto straripare e uscii nuovamente in cerca di quiete.
Le luci dell’alba mi sorpresero. Il freddo cominciò ad attecchire la mia carne e il mio spirito. Il pavimento di legno della veranda aveva cullato il mio riposo come meglio aveva potuto e la coperta del cane, coadiuvata dal suo padrone, erano riusciti a farmi sentire meno solo. Nelle prime fasi del risveglio speravo che la creatura che stava accanto a me fosse tutt’altro che un Rotvailer, e invece, prima l’alito, e poi il suo pelo, mi avevano fatto tornare con i piedi per terra, anche se a lui sembrava non disgustare la mia compagnia.
Rientrai in casa. Tutti stavano dormendo, chi sul divano, chi per terra, ma lei non c’era e a dir la verità, il solo pensiero di sapere dove fosse in quel momento mi faceva venire il volta stomaco.
Presi le poche cose che avevo e me ne andai, avevo voglia di fare due passi e prendere una boccata d’aria fresca per ossigenare la mente e scacciare lontano il suo pensiero. Da quando l’avevo conosciuta sembrava che tutti i miei problemi fossero scomparsi e lei fosse la mia unica ragione di vita, l’unica dannazione reale per annientarmi l’anima.
La vita fa schifo. Mi accorgo giorno dopo giorno che questo pensiero mi accompagna in ogni singola giornata. Non importa che sia inverno o estate, che sia sobrio o ubriaco, che sia giorno oppure notte, non fa alcuna differenza, non riesco a mutarlo. Di tanto in tanto tendo a dimenticarmelo, ma puntualmente è sempre lì a rinfrescarmi la memoria, perché almeno in questa vita, sono sicuro che non avrò mai l’opportunità di essere veramente felice. La potrò inseguire, avvicinare, ma mai raggiungere. Riuscirò a beneficiare dei suoi influssi positivi ma non riuscirò a mangiarne i dolci frutti. Sento dire che la vita è una ruota, che gira un po’ per tutti, si ma in quella ruota credo non sia inserito il mio nome, perché chiunque mi circonda, a differenza mia, ha una vita normale e tranquilla. L’alcool anestetizza i pensieri del cuore. Non ho voglia e non ho forza di pensare. Mi basterebbe così poco per essere felice ma ciò non mi è concesso. Forse sono io che non mi accontento di ciò che mi si presenta d’avanti, ma è altrettanto vero che devo seguire il mio istinto per scegliere la strada giusta da seguire.
Ma che cos’ho che non va? Perché non riesco ad adattarmi, accontentarmi di chi mi sta intorno e mi desidera, perché allontano queste persone come fossero estranei, perché cerco sempre qualcosa in più, qualcosa che sino ad ora non ho mai trovato? Continuo comunque a cercare, ad alimentare la fiamma che brucia dentro di me, alla ricerca di qualcosa che nemmeno io conosco e del quale ignoro l’esistenza. Ma non riesco a fermarmi, ad assecondare la mia personalità, la mia coscienza, il mio istinto, guardo avanti, forse troppo, forse troppo poco, ma non riesco farne a meno, è come respirare e se smettessi potrei anche morire. Spero di terminare presto questa mia ricerca, spero di placare il mio animo e la mia mente, ho voglia di farlo e di innamorarmi.
Che cos’è l’Amore? E’ un sentimento strano e contorno ma allo stesso tempo semplice e sincero. Un istinto incontrollabile e irrefrenabile che ti fa vedere oltre qualsiasi ostacolo. Quando sei innamorato e la persona che ti sta accanto condivide pienamente questo desiderio è come essere in paradiso. Nessuno sa descrivere com’è il paradiso e se esista, ma quando nasce l’Amore per una persona e questo è corrisposto, la felicità invade tutto il tuo cuore, eliminando qualsiasi piega e ombra esistente sino a quel momento. Qualsiasi cosa accada, c’è una persona speciale che ti sta accanto, pronta a confortarti, ad ascoltarti, a consigliarti, insomma a condividere ogni momento, ed è felice di fare parte della tua vita, praticamente di te.
Cammino distrattamente per le vie della città incurante delle persone che incrocio e delle abitazioni che al mio passaggio tralascio, come fossero opere insignificanti e non degne d’ammirazione. Cerco di liberare la mente lanciandola in qualsiasi percorso mi volesse trasportare, incurante del mezzo con il quale farlo e del luogo da raggiungere. Un passo si sussegue all’altro, quasi per inerzia. Sento come se la mia ombra fosse rimasta a casa di Abdlak a dormire in compagnia di Attila e della sua coperta, mentre il corpo si è alzato e sta affrontato questo viaggio senza di essa, trasmettendomi una sensazione tutt’altro che conosciuta, non riuscendo a capire