Il Terrore Privato Il Terrore Politico. Guido Pagliarino
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Читать онлайн книгу Il Terrore Privato Il Terrore Politico - Guido Pagliarino страница 9
Era stata Carla Garibaldi a individuare, immagino tramite unâagenzia dâinvestigazioni, di cui talvolta si serviva, e a rivelarmi la residenza dellâarchitetto, che io avevo telefonato subito a Vittorio. In paga, egli mi aveva invitato a cena al solito ristorante.
Quella sera, tra la prima e la seconda portata, mâaveva detto: âLa mansarda di Attilio Corona si trova a un tre chilometri da qui, sotto la parrocchia di San Taddeo, di cui è parroco quel don Giulio Colamonti di cuiâ¦â
ââ¦di cui aveva scritto Carla nel suo articolo sul demonismoâ.
âSissignore, hai buona memoria, proprio quel prete che sâera preso un esaurimento nervoso, a dire poco, per colpa di satanisti che lâavevano aggreditoâ.
âSpuntano di nuovo fuori le sette demoniache, in qualche modoâ.
âGià , però, fin a prova contraria, io non penso che don Colamonti abbia ancora a che fare con quella gente, credo che da decenni faccia il parroco e basta. Unâaltra cosa: gli ho telefonato un paio dâore fa, presentandomi come questore senza dirgli che sono ormai in pensione, e gli ho chiesto di ricevermi; lui ha accettato: cercherò di sapere cosa sappia del suo parrocchiano Corona, poi cercherò di parlare suo tramite al medesimoâ.
Vittorio aveva ancora un discreto passo, nonostante i suoi ottantun anni sonati, e il mattino dopo sâera recato a piedi allâincontro.
Comâegli mâavrebbe riferito, insospettito nel vedersi innanzi un uomo in evidente età di pensione il sacerdote gli aveva chiesto: âà lei il questore DâAiazzo?â calcando la voce sulla parola questore e non invitandolo a sedersi, nonostante tre cassapanche correnti, lâuna dietro lâaltra, lungo una delle pareti dellâanticamera quadrangolare, al piano terreno, dove lâaveva accolto.
âSì, precisamente sono un questore emerito, cioè in pensione, ma sempre attivo come consulente della Poliziaâ.
âAh, eccoâ.
âCome le avevo detto al telefono, sono stato inviato per avere informazioni sul dottor Attilio Corona, suo parrocchiano, e possibilmente per essergli in seguito presentatoâ.
âLei a quale dirigente fa riferimento in Questura?â.
âAl sostituto commissario Sordiâ.
âCapito. Solo un momento per favore, e intanto sâaccomodi, se vuoleâ.
Vittorio, piuttosto stanco per la passeggiata, aveva accolto lâinvito. Aveva capito che lâaltro intendeva verificare la sua identità in Questura, e aveva sperato che il Sordi fosse in ufficio, dispiacendosi di non averlo avvisato prima.
Il parroco era tornato una decina di minuti dopo e sâera seduto sorridente accanto al mio amico. Evidentemente Evaristo, o qualcuno del suo ufficio, aveva sostenuto la tesi di Vittorio. Il prete non ne aveva però detto nulla, aveva riferito piuttosto dâaver chiamato al telefonino Attilio Corona suggerendogli di venire a parlare direttamente col questore, dato che viveva nei paraggi: doveva aver stimato preferibile che fosse direttamente lâinteressato a colloquiare, riservandosi lui, come padrone di casa, dâintervenire, allâevenienza, in veste di arbitro.
Nellâattesa, forse solo per far passare i minuti necessari ma apparendo a Vittorio un poâ indiscreto, don Colamonti gli aveva rivelato châegli stesso aveva fatto dono al Corona del cellulare, scegliendolo fra rimanenze, ormai obsolete perché di notevole dimensione, in liquidazione presso un vicino negozio, e châera sempre lui a pagargli le ricariche, essendo lâarchitetto uno dei membri del Consiglio Pastorale e della San Vincenzo e venendo utili, a volte, contatti telefonici. Il parroco aveva poi preso a parlare banalmente del tempo e, poco dopo, avevano sonato alla porta.
Come ci sâaspettava, era Attilio Corona.
Il mio amico sâera alzato e Don Giulio aveva fatto le presentazioni. Vittorio sâera un poco stupito della vigorosa stretta di mano dellâarchitetto e aveva pensato che il passato ictus si fosse sostanzialmente risolto, sebbene restasse sul Corona, quale testimonianza dellâinsulto cerebrale, una smorfia fissa sullâestremo sinistro della bocca.
Don Giulio aveva preso la parola: âOra, questore DâAiazzo, lei potrà chiedere personalmente allâamico Attilio; se però non le spiace, solo alla mia presenzaâ.
âCerto, reverendo; come le avevo anticipato ero venuto anche per essere introdotto allâarchitetto, e la ringrazio per aver stretto i tempiâ.
Il parroco aveva fatto un cenno dâapprovazione col capo e aveva invitato i due a sedersi, quindi sâera scostato dâalcuni metri, restando in piedi a portata dâorecchio: âPrego, parlino liberamenteâ.
âSenta, architettoâ¦â
ââ¦solo dottore, lo preferisco, questore DâAiazzo: non sono mai stato iscritto allâalbo, perché per la mia attività dâimpresa non sarebbe servitoâ.
Capisco. Senta, dottor Corona, la domanda potrebbe apparirle un poâ personale, ma può riguardare la nostra ricerca: mi pare che lei sia abbastanza in forze, però non ci risulta che abbia mai più lavorato dopo lâictus, sebbene lei viva piuttosto⦠mi perdoni⦠dimessamenteâ.
Silenzio.
âMi scusi ancora, come mai non aveva pensato dâintraprendere, con la sua laurea, la libera professione, quando sâera rimessa in salute? Magari anche solo come assistente in uno studio tecnico: così, tanto per arrotondareâ.
âNon avrei potutoâ.
âSì, dottor DâAiazzo, è cosìâ, sâera messo di mezzo don Colamonti, temendo forse chi sa quali sospetti verso quel suo parrocchiano che doveva sentire come amico e protetto. Sâera rivolto al Corona: âPosso dire io, Attilio?â
Lâaltro aveva fatto sì con la testa.
Il parroco aveva proseguito: âLâictus ha lasciato postumi, anche se non evidenti, e proprio per questi Attilio ottenne la pensione dâinvalidità : gli capita, ancor oggi, di perdere conoscenza, senzâavvisaglie. Può succedere in due modi, come ho constatato io stesso: o che