Riportare Alla Luce Il Re Dei Fae. Brenda Trim
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La profusione di scintille la distrasse dalla propria visione. Spostò lo sguardo appena in tempo per vedere il ragazzo attraente collidere contro una barriera invisibile nel cielo. Nessuno aveva mai detto a Maurelle con esattezza che cosa sarebbe successo se avesse tentato di volare via, le era solamente stato riferito di non farlo poiché se ne sarebbe pentita.
Guardò le ali di lui illuminarsi come se fossero state pervase da un lampo appena prima che il Fae cadesse a terra, il che le fece ritornare la nausea. Osservò la scena con gli occhi sgranati ed il cuore a mille.
Poteva giurare che l’impatto del ragazzo avesse fatto tremare la terra. Una delle sue ali era piegata dietro la schiena, e gli sanguinava il fianco. Era uno spettacolo terribile, e dubitava che il ragazzo sarebbe mai stato in grado di riprendersi.
Maurelle non voleva essere così vulnerabile con due agenti in casa, quindi allontanò la visione dalla propria mente e fece ritorno in casa. Era come se le venisse aperta la testa con un piccone, e la bile le riempiva le narici.
Le risultava quasi impossibile aprire gli occhi, le sembrava che fossero serrati ermeticamente. Quando riuscì ad aprirli venne scagliata a terra dall’uomo dai capelli ramati. La teneva ferma per il collo e le costringeva anche una delle sue braccia.
Le sue sorelle piangevano e si stringevano forte. Maurelle avanzò spinta dall’agente. Si sentì più disorientata del normale dopo la visione che aveva avuto. Non sapeva se fosse perché si era forzata di terminare quella che aveva appena avuto poiché non si sentiva bene.
Sentì sua madre implorare gli agenti di lasciare andare la figlia, ma l’altro uomo si rifiutò di ascoltarla. “Adesso hai intenzione di collaborare?”
Maurelle cercò di liberarsi dalla forte stretta dell’agente sul braccio, ma si sorprese quando non riuscì a sollevare la mano dal fianco. Quando abbassò velocemente lo sguardo si rese conto che i polsi le erano stati fermata dalle manette.
“No. Non potete portare via mia figlia” protestò sua madre fra i singhiozzi mentre venne trascinata in casa. La donna si lanciò verso l’uomo che stava trattenendo la figlia, ed il tempo rallentò nuovamente secondo la percezione di Maurelle.
Nell’istante in cui sua madre cercò di raggiungerla, l’altro uomo sollevò un grande bastone nero e lo agitò nell’aria. Il corpo contundente colpì la madre di Maurelle alla testa producendo un rumore sordo. Le sorelle minori di Maurelle urlarono quando la donna voltò istintivamente il capo, ed il sangue di quest’ultima schizzò sul muro.
“Che cazzo hai fatto?” l’agente che tratteneva Maurelle ammonì il collega.
Doveva trattarsi di un incubo, pensò Maurelle nell’osservare la madre accasciarsi al suolo. Le mancava parte del cranio, ed i suoi occhi marroni erano vitrei.
“Mamma” urlò, e lo stomaco le si contrasse alla vista. Il tè che aveva bevuto prima le risalì e le uscì dalla bocca e dal naso. Maurelle osservò con attenzione il petto della madre, sperando di vederlo alzarsi ed abbassarsi, ma venne spinta fuori dalla porta prima di poter stabilire se la madre fosse viva o morta.
“Chiamate papà” ordinò Maurelle alle sorelle quando venne forzata giù dalle scale. Il sole splendente derideva il dolore che la distruggeva mentre il Fae la spingeva verso un camioncino. L’uomo la fece coricare prona, e quando fece aderire un disco alle catene queste caddero a terra.
Si rimise velocemente in piedi e cercò di allontanarsi dai suoi rapitori in modo da poter correre da suo padre. I due chiusero però gli sportelli del veicolo, impedendole di scappare, e quando Maurelle guardò fuori dal vetro vide le sue sorelle abbracciate sulla soglia del condominio che chiamavano casa. Non poteva essere vero, si disse.
Le si frantumò il cuore in un milione di pezzi, quindi diede un calcio agli sportelli che la tenevano lontano dalle sorelle. Non sarebbe potuta esserci per confortare suo padre e non sarebbe nemmeno stata in grado di poter fare lo stesso con Nyx ed Erlina.
Strinse le dita attorno alle sbarre ed urlò a perdifiato in modo che qualcuno la potesse sentire mentre veniva portata via. Per la prima volta da quando aveva acquisito i suoi poteri non le venne una visione toccando un oggetto.
La vita reale si era impossessata della sua anima, distruggendola e rifiutandosi di riconsegnargliela. Avevano ucciso sua madre senza pietà, solo perché non voleva mandare Maurelle alla loro stupida Accademia. Come poteva andare avanti quando la sua dolce ed amorevole madre se n’era andata? Non sarebbe nemmeno stata in grado di dirle addio e mandare il suo spirito nell’aldilà.
La cosa non avrebbe dovuto sorprenderla, dato ciò a cui aveva assistito nella propria visione. Chi permetteva che i Fae venissero seviziati in tal modo doveva essere qualcuno a cui non importava chi veniva danneggiato nella propria corsa alla dominazione e al potere.
CAPITOLO TRE
Una fitta di dolore raggiunse Ryker alla spalla quando analizzò le immagini proiettate sul tavolo davanti a sé. Non riusciva a sollevare il braccio infortunato senza sentire male. Dopo aver ripreso coscienza nell’infermeria dell’Accademia la vita era stata meglio di quanto si aspettava.
In qualche modo era rigenerante rendersi conto che gli umani non avevano perpetrato un programma malefico dal primo momento in cui era entrato all’Accademia. Ryker era onestamente sorpreso da quanto tutto sembrasse normale. Ogni Fae doveva frequentare obbligatoriamente la scuola per diversi anni per imparare a leggere e scrivere ed altre discipline.
Dal punto di vista storico, la Bramble’s Edge Academy aveva lo scopo di aiutare i Fae ad imparare a gestire i propri poteri una volta acquisiti in età adulta. All’Accademia non ci si concentrava sull’istruzione in senso stretto, gli alunni imparavano infatti a controllare le loro abilità. Forse era tutto ciò che sarebbe accaduto.
Da quando era giunto all’Accademia non era successo niente di sospetto né tantomeno nefasto, il che fece dubitare a Ryker della propria infanzia. Nello specifico si chiedeva il perché sua madre gli avesse sempre detto che gli umani erano creature maligne con la sola intenzione di controllare il reame dei Fae.
Era forse possibile che in realtà l’Accademia fosse gestita da Fae senza nessun doppio fine? Dato il modo in cui era stato trattato gli sembrava un’opzione plausibile. Il guaritore aveva trascorso un paio di giorni a riparare l’ala del ragazzo centimetro per centimetro, in modo che potesse riprendere a volare.
Qualcuno intenzionato a controllarlo ed a renderlo schiavo non si sarebbe tanto interessato a curare il suo infortunio. Si ricordò di quando sua madre gli aveva detto di non fidarsi di nessuno e di tenere la testa bassa e passare inosservato.
Era quello il suo piano all’Accademia. Avrebbe scontato la propria pena senza farsi notare. Non sarebbe stato difficile; avrebbe compreso le proprie abilità ed avrebbe stabilito come si fosse radicata la propria affinità. Uno dei suoi coinquilini era un Fae di terra, mentre un altro controllava l’elemento acqua. Un terzo invece sembrava poter dominare entrambi gli elementi.
Si trattava di qualcosa di inaudito per Ryker. Molto pochi Fae gestivano più di un elemento, e quando lo facevano, questi ultimi erano complementari. Parte di lui voleva essere in grado di gestire più di un elemento, ma non sapeva come mai.
Non che avesse idea di che cosa ciò avrebbe implicato. In base a ciò che gli aveva detto Sol, avrebbe significato seminari extra e sessioni pratiche. Nel tempo libero a Ryker piaceva giocare a pallacanestro, ma al momento non era possibile.
Scelse quindi la pietanza