Assassino Zero. Джек Марс
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Non c'è niente di nuovo, si disse. L'hai già fatto molte volte.
Poi, le luci esplosero alla sua destra, una serie di lampi abbaglianti. Un forte bagliore, accompagnato dal rumore assordante degli spari. Zero si gettò in avanti rotolando e si sollevò su un ginocchio. La figura era a malapena più di una sagoma, ma ciò che vedeva fu sufficiente per prendere la mira e sparare.
Non mancò il colpo. Si alzò in piedi ma rimase basso, avanzando con cautela. Attenzione. Controlla ad ampio raggio… Si girò di scatto appena in tempo per vedere un'altra figura scura che scivolava dietro di lui, bloccando la strada. Zero si lasciò ricadere all'indietro, atterrando sulla schiena mentre sparava altri due colpi. Udì dei proiettili fischiare proprio sopra la sua testa, che gli sfiorarono i capelli. Entrambi i suoi colpi colpirono la figura, al busto e alla fronte.
Dall'altro lato della struttura arrivarono tre colpi in rapida successione. Poi il silenzio. “Alan”, sibilò nell'auricolare. “Via libera?”
“Aspetta un attimo”, fu la risposta. L'aria venne squarciata da un'esplosione di fuoco, e poi da altri due colpi della Glock. “Via libera. Incontriamoci dietro l’angolo”.
Zero tenne le spalle al muro e avanzò rapidamente, mentre il ruvido compensato tratteneva il suo giubbotto. Notò un vago movimento in avanti, dal tetto della struttura piatta. Un singolo colpo alla testa eliminò immediatamente la minaccia.
Raggiunse l'angolo della struttura e fece una pausa per prendere fiato. Mentre svoltava, puntando la Ruger, si ritrovò faccia a faccia con Reidigger.
“Ne ho presi tre”, gli disse Zero.
“Io due”, grugnì Alan. “Il che significa…”
Zero non fece nemmeno in tempo a finire la frase che vide un'altra figura scivolare dietro Alan. Sollevò la pistola, proprio sopra la spalla di Alan, e sparò due volte.
Ma non fu abbastanza veloce. Mentre i colpi di Zero raggiungevano l'obiettivo, Alan gemette e si afferrò una gamba.
“Ah, dannazione!” Disse Reidigger. “Di nuovo”.
Zero sussultò nel vedere tutte le luci fluorescenti accendersi simultaneamente illuminando l'intero campo di addestramento. Si sentirono dei tacchi sul pavimento di cemento, e un attimo dopo comparve Maria Johansson, le braccia incrociate sul suo blazer bianco e un'espressione accigliata in viso.
“Che ti prende?”. Protestò Reidigger. “Perché ci siamo fermati?”
“Alan”, lo rimproverò Maria, “forse dovresti seguire il tuo stesso consiglio e controllare ad ampio raggio”.
“Cosa? Per questo?” Alan fece un gesto verso la sua coscia, dove una palla di vernice verde aveva macchiato i suoi pantaloni. “Questo non è niente”.
Maria rise. “Quello avrebbe potuto causare un sanguinolento femorale. Saresti potuto morire in meno di novanta secondi”. Poi aggiunse, rivolta a Zero: “Bel lavoro, Kent. Sembri quello di una volta”.
Zero sorrise ad Alan, che furtivamente gli fece il dito medio.
Il magazzino in cui si trovavano era un ex impianto di imballaggio, fino a quando la CIA non lo aveva acquistato e non lo aveva trasformato in un campo di addestramento. Il corso stesso era stato prodotto dall'eccentrico ingegnere dell'agenzia Bixby, che aveva fatto del suo meglio per simulare un raid notturno. La “base” che avevano preso d'assalto era fatta di strutture di compensato squadrato, mentre i lampi erano luci stroboscopiche disposte in tutta la struttura. Gli spari venivano riprodotti digitalmente e trasmessi da altoparlanti ad alta definizione, che echeggiavano nell'enorme spazio e suonavano all'orecchio allenato di Zero quasi come veri e propri colpi. Le figure a forma umana erano poco più che dei manichini in gel balistico e fissati alle piste dei dolly, mentre le pistole a vernice erano automatizzate, programmate per sparare quando i sensori di movimento rilevavano il movimento a varie distanze.
L'unica cosa reale nell'esercizio erano le armi che utilizzavano, motivo per cui sia Zero che Reidigger indossavano giubbotti antiproiettile e la struttura di addestramento era aperta solo agli agenti delle Operazioni Speciali, di cui Zero si era ritrovato a far parte ancora una volta.
Dopo il fiasco in Belgio, in cui i due avevano affrontato il presidente russo Aleksandr Kozlovsky e scoperto il patto segreto che aveva siglato con il presidente degli Stati Uniti Harris, Zero e Reidigger si erano trovati in una situazione spinosa. Erano diventati fuggitivi internazionali, ricercati in quattro paesi per aver infranto più di una dozzina di leggi. Ma avevano avuto ragione riguardo alla cospirazione, e non sembrava giusto che passassero il resto della loro vita in prigione.
Così Maria fece tutto ciò che poté per i suoi amici ed ex compagni di squadra. Fu a dir poco un miracolo, ma in qualche modo era riuscita a far passare tutte le loro azioni come un'operazione top-secret sotto la sua supervisione.
Il compromesso, ovviamente, fu che avrebbero dovuto tornare a lavorare per la CIA.
Sebbene Zero non lo ammettesse ad alta voce, per lui era come tornare a casa. Aveva lavorato duramente il mese scorso, era tornato in palestra, si era esercitato ogni giorno nel tiro a segno, nel pugilato e nel combattimento a corpo libero con avversari che avevano quasi la metà dei suoi anni. Aveva nuovamente perso tutto il peso che aveva guadagnato durante il suo anno e mezzo di fermo. Stava migliorando nella mira con la mano destra infortunata. Maria aveva ragione; sembrava quasi lo Zero di una volta.
Alan Reidigger, invece, non era così entusiasta. Aveva trascorso gli ultimi quattro anni della sua vita facendo credere all'agenzia di essere morto, vivendo sotto lo pseudonimo di un meccanico di nome Mitch. Tornare alla CIA era l'ultima cosa che desiderava, ma per evitare di finire in una buca a H-6, aveva accettato con riluttanza le condizioni di Maria, ma aveva chiesto di essere considerato una risorsa piuttosto che un agente sul campo. Il coinvolgimento di Alan sarebbe avvenuto solo in caso di necessità; avrebbe fornito un supporto quando possibile e avrebbe aiutato a formare gli agenti più giovani.
Ma ciò significava che entrambi avrebbero dovuto ritornare in forma per il combattimento.
Reidigger cercò di togliere la vernice verde dai suoi pantaloni, ma non fece altro che spargerla ulteriormente. “Lascia che mi ripulisca, poi ricominciamo”, disse a Maria.
Lei scosse la testa. “Non ho intenzione di passare la mia giornata chiusa in questo posto a guardarti mentre ti fai colpire. Riprenderemo dopo le vacanze”.
Alan borbottò qualcosa, ma annuì in ogni caso. Ai suoi tempi era stato un eccellente agente, e anche adesso si era ancora dimostrato abile sul campo. Era veloce nonostante i chili in eccesso. Ma era sempre stato una specie di magnete per i proiettili. Zero non riusciva a ricordare quante volte Reidigger fosse stato colpito nella sua carriera, ma era certamente un numero a due cifre, soprattutto da quando era stato colpito sulla spalla durante le loro avventure in Belgio.
Un giovane tecnico avanzò portando un carrello di attrezzi, mentre una squadra di altre tre persone riorganizzava il corso di addestramento. Zero ripose la Ruger nel carrello. Quindi strappò le cinghie di velcro del giubbotto antiproiettile e se lo tolse, sentendosi improvvisamente più leggero di parecchi chili.
“Quindi, per caso ci hai ripensato?” chiese ad Alan. “In merito alla festa del Ringraziamento. Alle ragazze farebbe piacere vederti”.
“Anche a me piacerebbe rivederle”, rispose, “ma declino l'invito. Le ragazze potranno passare un po' di tempo con te”.
Alan