È L'Amore Che Ti Trova. Isabelle B. Tremblay

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È L'Amore Che Ti Trova - Isabelle B. Tremblay

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in punti strategici e una maglietta bianca con la scritta Born To Be Wild, che la fece sorridere. Immaginava che fosse sicuramente il tipo di uomo nato per essere libero e indipendente. Una specie di intuizione. Lo trovava particolarmente carino e attraente. Aveva un berretto grigio sulla testa che gli dava uno stile un po’ bohémien e l’aspetto di un poeta. Sembrava assorbito dalla storia che stava raccontando ai suoi amici. Gesticolava molto e le braccia facevano grandi movimenti circolari.

      “Vagli a parlare”, disse Charlotte, posando sul tavolo i due bicchieri che aveva in mano.

      “No. Forse non si ricorda più di me.”

      “Digli che i suoi jeans gli fanno un culo da paura!”

      Emma scoppiò a ridere per il commento della sua amica.

      “È così che faresti tu?”

      “No, per niente. Gli direi: da me o da te? Non perdo tempo con queste cose. Quando mi piace un uomo vado dritto al sodo.”

      “Non riesco a immaginare che tu faccia così.”

      “Vuoi vedermi all’opera?”

      “No, va bene. Adesso ti credo. Non è necessario che ti esibisca…”

      “Esibirsi in cosa?” chiese una voce profonda alle loro spalle.

      Emma balbettò nel rendersi conto che Ian era vicino a loro. Il giovane le rivolse un grande sorriso e salutò Charlotte con la testa. Aveva una lattina di birra in mano.

      “Capisci il francese?” chiese Charlotte senza mezzi termini.

      “Mia zia vive a Westmount da circa vent’anni. Mia madre ebbe la meravigliosa idea di mandarmi là durante l’estate, quando ero bambino, per imparare il francese ed espandere la mia cultura. Lo capisco meglio di quanto lo parli. Mancanza di pratica”, rispose Ian.

      I suoi occhi non mollavano Emma. Era completamente ipnotizzato dalla donna. Vedeva soltanto lei. Decise di sedersi alla destra di Charlotte, di fronte a Emma. Non riusciva a spiegarsi perché fosse così attratto da lei. Era più forte di lui. Charlotte ruppe il silenzio che si era instaurato.

      “Torni ancora nel Quebec, a volte?”

      “Non ho molti motivi per tornarci, a dire il vero”, disse, immergendo lo sguardo in quello di Emma, che ascoltava senza dire una parola.

      “Posso trovartene un sacco per venirci più spesso. Vivi nel New Jersey?”

      “No. La mia città è New York. Ce l’ho tatuata sul cuore. Comunque mi sono divertito a Montreal. Una città ben viva nella mia memoria.”

      “Capitano delle coincidenze veramente strane nella vita. Prima abbiamo incontrato un uomo di Montreal nell’ascensore dell’hotel”, disse Emma, accarezzando il bicchiere con la punta delle dita.

      Ian continuava a divorarla con lo sguardo. Charlotte non era stupida e sentiva che la tensione era palpabile tra lui e la sua amica. Era ora di lasciare la coppia da sola. Bevve in un solo sorso ciò che rimaneva nel suo bicchiere e si alzò.

      La band iniziò a suonare un brano che le ricordò brevemente un ex amante. L’ascoltavano spesso nel periodo in cui dormivano insieme. Sorrise pensando a come il tipo ballava credendo di impressionarla. Si erano lasciati qualche settimana dopo. Lui desiderava una relazione seria, mentre Charlotte non voleva arrivare a tanto.

      “Vado a prendermi un altro drink e a guardare in giro per fare amicizia con qualcuno”, disse congedandosi.

      Emma la guardò, implorandola di non abbandonarla da sola con Ian, ma lei la ignorò completamente e si diresse verso il bar. Ian suggerì a Emma di andare a fare una passeggiata sulla spiaggia e lei accettò. La luna era piena e il suo riflesso si allungava sull’oceano, blu come la notte. Era una serata molto mite. Calda, nonostante il tramonto e l’oscurità, ma non soffocante come ne ricordava tante nelle ultime estati. C’era una leggera umidità che riscaldava l’aria. Ian le prese istintivamente la mano. Non si sottrasse. Le sembrava quasi naturale sentire la sua mano nella sua, anche se erano due completi estranei.

      “Cosa fai nella vita? Parlami di te”, disse Emma improvvisamente per rompere il silenzio, continuando a camminare sulla sabbia.

      Ian le era vicino. Ne respirò il profumo. Era una fragranza speziata e dolce al tempo stesso, una delizia per le sue narici. Si sentiva impulsivamente attratta da lui. Il suo corpo andava verso di lui in maniera incontrollata, mentre la testa glielo impediva. Nel suo intimo era in corso una violenta lotta.

      Charlotte le aveva spesso detto che pensava troppo e non si godeva abbastanza il momento presente. Infatti, le ripeteva sovente questa frase significativa: «Abbiamo solo una vita da vivere! Carpe diem!» Emma sapeva che aveva ragione, ma era qualcosa di radicato in lei. Non aveva l’impulsività della sua amica. Avrebbe dovuto comportarsi come lei aveva fatto quella sera e vivere senza pensare alle conseguenze del giorno dopo. Forse era il posto che le faceva venire voglia di fare delle pazzie, chissà. Ad ogni modo era sempre stata troppo seria, su quello non c’era dubbio.

      “La mia vita non è per niente interessante. Dipingo. Voglio dire, espongo dipinti in una piccola galleria di Brooklyn, ma non sono conosciuto. Sono persona non grata. Vivo a New York, in un grande loft vicino a Times Square. Faccio pittura astratta, ma mi guadagno da vivere dipingendo case. È ironico, a pensarci. Sono un artista mancato. Parlami di te, Emma. Mi incuriosisci.”

      “Non sono un’artista. Il mio è un percorso tradizionale e convenzionale. Ho studiato lingue e mi guadagno da vivere traducendo libri dall’inglese al francese o viceversa. Niente di molto creativo. Niente di particolarmente appassionante nemmeno. Vivo in un piccolo appartamento sul Plateau, che pago il doppio di quanto dovrei per le sue dimensioni. Ho un inquilino con cui condivido lo spazio, Barney, il mio gatto siamese. A grandi linee, questa è la mia vita.”

      Rise, ricordando il suo fedele amico a quattro zampe. Anche Ian sorrise. Ascoltava le sue parole incantato. Si lasciava facilmente sedurre dalle donne. Le amava tutte, senza eccezioni. Bionde, rosse, brune, more, basse, alte, magre, tonde. Tuttavia, quella di fronte a lui possedeva qualcosa che aveva sempre cercato. Non riusciva a capire cosa lei riuscisse ad accendere in lui. Era lucido e sapeva che era più di un’attrazione fisica. Non aveva intenzione di andare a letto con lei una notte e poi dimenticarla. Voleva conoscerla. Farla sua, tanto nel corpo quanto nell’anima.

      “Hai un ragazzo?”

      Emma arrossì e distolse lo sguardo.

      “No. Nessuno.”

      La sua risposta lo sollevò. Smise di camminare e propose a Emma di sedersi un po’ di fronte al mare per ammirare le stelle e godersi quel momento. Emma si sedette per prima. La sabbia le entrò nelle scarpe décolleté e sotto il vestito, rendendo la posizione scomoda.

      Quella sensazione le ricordò il periodo in cui suo padre lavorava in una cava nel suo villaggio natale. L’aveva portata con sé, insieme al fratello Tommy e alla sorella Lizzie, e si erano divertiti sulle montagne di sabbia. A un certo punto era sprofondata un po’ troppo nella sabbia e suo padre aveva dovuto interrompere il lavoro per farla uscire di là, sotto le urla di Lizzie, completamente spaventata, mentre Tommy faceva il valoroso nel cercare di aiutare suo padre. Billy Tyler l’aveva rimproverata per aver disobbedito, quando aveva proibito loro di andare a giocare là qualche minuto prima. Era l’ultima volta che Emma aveva osato fare la ribelle. Suo padre era la dolcezza in persona, ma quando alzava la voce si faceva ascoltare.

      Poi pensò

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