È L'Amore Che Ti Trova. Isabelle B. Tremblay
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“La sua birra è appena iniziata”, gli fece notare Charlotte, indicando la bottiglia dell’uomo con il dito.
“Non voglio essere causa di litigi…”
Charlotte scoppiò a ridere. Non conosceva Ryan e non aveva alcuna voglia di conoscerlo. Era convinta che Ian avesse chiesto al suo amico di tenerle compagnia mentre lui cercava, probabilmente, di sedurre la sua migliore amica. E Charlotte non aveva nessun bisogno di compagnia. Era lei a scegliere gli uomini con cui usciva. Non erano certo loro a scegliere lei. O almeno le piaceva crederlo. Era una donna orgogliosa, lo sapeva. Era un suo diritto.
Aveva deciso, dopo la prima rottura amorosa all’età di quattordici anni, che nessun altro uomo le avrebbe fatto del male come quella volta. Si sarebbe comportata come loro, anche se la maggior parte delle donne condannava quel tipo di atteggiamento e di comportamento. Sentiva che, al di là di quella promessa, era bloccata e si proteggeva dall’amore.
“Non devo niente a questo tipo perché non lo conosco”, disse Charlotte dopo che Ryan ebbe fatto dietrofront.
“Una donna con carattere e che sa esattamente quello che vuole! Brava!” esclamò Gabriel.
Charlotte posò il gomito sul bancone del bar e appoggiò il mento contro il palmo della mano mentre fissava Gabriel senza dire nulla. Dopo un po’, lui si mise a ridere imbarazzato.
“È la prima volta che incontro un medico che non è vecchio o noioso. Questo mi fa ricordare che è possibile trovare giovani medici come in Grey’s Anatomy, sparò Charlotte per poi scoppiare a ridere.
Era più forte di lei, le piaceva sedurre. A prescindere da chi fosse la vittima.
“Lo prendo come un complimento. Dovrebbe venire più spesso in ospedale, con me lavorano solo elementi prossimi alla pensione”, rispose lui giocando con la sua bottiglia.
“No! Non mi piace molto l’idea… Evito gli ospedali quando non sono malata, sono pieni di germi.”
“Il tipo con cui è uscita la sua amica a questo appuntamento, lo conosceva già?” chiese Gabriel incuriosito, deviando la conversazione.
Charlotte alzò lo sguardo verso il suo interlocutore di fortuna, colta da un’intuizione. La sua attenzione per Emma l’aveva colpita. Si chiese se la sua domanda fosse davvero disinteressata, dato che, di tutti gli argomenti che avrebbe potuto scegliere, proprio la sua migliore amica aveva tirato fuori.
“No, l’abbiamo incontrato oggi pomeriggio, sulla spiaggia…”
“È prudente lasciarla andare da sola con uno sconosciuto?”
Charlotte fece l’occhiolino a Gabriel, roteando il bicchiere e il ghiaccio sul fondo. Poi affondò lo sguardo in quello del medico.
“Ho la netta impressione che voi due siate fatti l’uno per l’altra… Non ha fatto che assillarmi con la sua paura che potesse essere un serial killer…”
“E ci è andata lo stesso?”
“Forse l’ho spinta un po’… e poi bisogna vivere il presente. Carpe diem! Tutto qui.”
Gabriel bevve d’un sorso il resto della bottiglia e si alzò. Aveva deciso di tornare in albergo. Doveva svegliarsi presto la mattina dopo. Anche se era abituato a dormire per brevi periodi di tempo, era più ragionevole approfittarne per riposare.
“L’accompagno in albergo?” le chiese educatamente.
“Perché no?” rispose Charlotte.
CAPITOLO 3 – APPUNTAMENTO MANCATO
Un raggio di sole penetrava tra le tende della camera d’albergo. Charlotte aprì prima un occhio, poi l’altro. Guardò il letto accanto al suo per assicurarsi che la sua amica fosse tornata sana e salva dalla sua avventura con Ian, ma era intatto. Vedendolo vuoto si sedette subito sul materasso. Emma era stata fuori tutta la notte. Emma, la dolce, la romantica, la timida, non era rientrata per dormire. Bisognava mettere una croce sul calendario, poiché si trattava di un evento straordinario. Non poté reprimere il sorriso che le solleticava le labbra.
Erano le sei del mattino. Era ancora presto, ma sapeva che Elvie e Alice dovevano essere già sulla spiaggia per il servizio fotografico previsto all’alba. Ripensò alla sera prima. Lei e Gabriel avevano riso molto tornando in albergo. Aveva apprezzato il tempo trascorso con il medico, senza mai alcuna intenzione di avere un’avventura con lui, anche perché nessuno dei due aveva fatto un passo in quella direzione. Si erano comportati come due buoni amici e le era piaciuto.
Nello spazio di una notte le due amiche avevano, senza volerlo, invertito i ruoli. Charlotte si era addormentata vestita e decise di andare a farsi una doccia, sperando che la sua compagna di stanza tornasse presto e che Ian non fosse davvero un serial killer, come Emma aveva detto e soprattutto temuto, prima di uscire.
Emma premette il pulsante dell’ascensore ed entrò mentre la porta si apriva. Il suo vestito era sgualcito, le sue scarpe piene di sabbia fine e la sua testa piena di ricordi della notte precedente con Ian. Avevano trascorso parte della notte a parlare, a baciarsi e a scoprirsi. Si erano addormentati l’una tra le braccia dell’altro, finché una guardia, durante il suo giro mattutino, li aveva trovati e svegliati. Ian aveva rispettato la scelta della giovane donna e non avevano fatto l’amore.
Mentre l’ascensore continuava la sua ascesa, accarezzò le labbra gonfie con l’indice, ricordando la sensazione che le labbra di lui le avevano provocato. Guardò l’orologio. Erano le sei e mezza. Charlotte doveva essere preoccupata. La loro prima intervista era all’altro capo della città e si ricordava che dovevano partire presto. Avrebbe dovuto fare una doccia, prendere un caffè o una bevanda energetica per sperare di reggere tutto il giorno. Anche se stava ancora fluttuando tra le nuvole, si rendeva conto che il suo corpo aveva bisogno di riposo.
Quando l’ascensore si fermò al suo piano e le porte si aprirono, sussultò alla vista di Gabriel Jones, che indossava joggers neri e una maglietta bianca. Non pensava di incontrare qualcuno a quell’ora del mattino, tranne forse il personale dell’albergo. Lui le sorrise e aspettò che uscisse prima di entrare nell’ascensore. Le augurò una splendida giornata. Gabriel andava a correre, un’abitudine che aveva preso all’epoca dell’università per concentrarsi meglio in classe e liberarsi dallo stress che doveva sopportare durante gli esami.
Emma raggiunse la sua stanza saltellando, tenendo le scarpe nella mano sinistra. Quando si accorse che la porta era aperta rallentò lo slancio. Riconobbe la voce di Charlotte, che parlava con qualcuno dalla voce profonda e calda, con un leggero accento britannico. Alla fine capì che era Candice Rose, il capo della sua amica. Fu presa dal panico immediatamente, quando si rese conto dell’aspetto che doveva avere. La donna avrebbe subito capito che aveva dormito fuori.
“Stamattina sarò con voi”, disse Candice.
“Non ti fidi di me?” rispose Charlotte sulla difensiva.
“Non è questo. Lo sai bene. Voglio vedere come vanno le cose sul campo”, si difese Candice.
Emma approfittò di quel momento per entrare nella camera e vide le due donne, che di riflesso guardarono nella sua direzione al suo apparire. Candice si mise ad analizzare la giovane donna dalla testa ai piedi. Il suo sguardo si posò sulla vita, sulle gambe e, per un breve istante, sul petto. Per un attimo Emma si sentì come sotto giudizio. La cosa non le piaceva, ma evitò di dirlo.