Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo

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Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti - Italo  Svevo

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medico, e da allora la Doritti non era uscita di casa che la domenica per andare a messa, vestita con un abito di seta nera sul quale v’erano dei ricami in nero, girigogoli che davano alla stoffa l’apparenza di molto pesante. Essendo quello giorno di settimana, era certo ch’essa stava dietro a qualche finestra a fare la calza o a filare. Era una vecchietta simile alla sua casa, piccola, curva, ma vigorosa.

      Alfonso aveva dimenticato quei due tipi e rammentandosene n’ebbe sorpresa come di cosa nuova.

      — Dovevano pur essere vissuti felici quei due vecchi.

      Uscendo dal villaggio da quella parte, v’era ancora per un chilometro di un verde molto contrastato, poi subito il colle di sassi che annunciava la “Sassonia” come la regione dei sassi era detta in villaggio.

      Il cimitero era dietro al villaggio, già in altura. Allegro, fresco, tutto di un color verde intenso che non era neppur troppo spesso interrotto dalle lapidi bianche. Almeno là i morti dormivano molto vicino ai vivi e la morte sembrava una separazione meno grande.

      Mascotti volle venire con lui a vedere come stesse la madre, ma poi alla porta della casa si fermò:

      — Mi attrista troppo, — asserì. Quando Alfonso venne a dirgli che la madre stava poco bene, vedendolo tutto sconvolto: — Povero ragazzo! — gli disse. Ad onta della sua commozione se ne andò saltellando per iscaldarsi e giunto alla via maestra vi salì con un salto da giovanotto.

      La signora Carolina infatti non stava bene e Alfonso si faceva dei rimproveri di averla lasciata sola per un’ora intera.

      Sentendosi sollevata dopo presa la medicina datale da Alfonso, naturalmente ella aveva attribuito la miglioria a questa e, secondo le prescrizioni mediche, ne aveva presa un’altra cucchiaiata dopo mezz’ora. Venne assalita dal malessere che già conosceva, molto differente da quello avuto nella notte ma non meno doloroso. Era una stanchezza enorme, proprio il sentimento che i singoli organi si rifiutavano alla vita. Aveva i sudori alla fronte come durante l’assalto di mal di cuore, ma l’occhio anziché semispento, brillante, dilatato dall’angoscia. Non seppe dare spiegazioni ad Alfonso ma le sue parole di compianto la fecero piangere:

      — Quella maledetta medicina! — mormorò dimenticando i beneficî che le aveva apportati.

      Fu una pessima giornata come era stata una cattiva notte. Ella non giunse a dichiarare di star meglio del suo nuovo male perché verso sera fu ripresa dall’affanno che le durò quasi l’intera notte.

      Da allora non ci furono più neppure delle migliorie passeggiere. Quanto più l’ammalata peggiorava, tanto più desiderava la vita, ed era sempre facile convincerla a prendere la medicina che, secondo il medico, era l’unica che potesse ridarle la vita. Era un continuo soffrire per la malattia stessa o per la cura. Un altro segno dell’aumentato suo affetto alla vita era il suo contegno divenuto più cortese col dottore Frontini. Il male suo era tale che aveva rotto ogni sua resistenza e fattole dimenticare ogni antipatia. Le avevano detto che la salvezza doveva venire dal dottor Frontini ed ella ci aveva creduto.

      Il dottore veniva perciò più di spesso e si fermava per delle ore a ciarlare con Alfonso più d’altre cose che della malattia della signora Carolina. Non aveva saputo mostrare la sua scienza su quella e cercava di mostrarla parlando d’altro. Alfonso era lieto di vederlo fermarsi lungamente in camera dell’ammalata perché se durante quel tempo la signora Carolina si sentiva peggio, per quanto Frontini poco o nulla potesse aiutare, egli si sentiva più tranquillo.

      Mascotti veniva di spesso, ma si fermava alla porta, le gridava qualche parola d’incoraggiamento, ma non entrava. L’ammalata si avvide della sua ripugnanza ad entrare e chiese ad Alfonso:

      — Puzzo tanto che mi si evita così?

      Era divenuta sempre più pesante l’atmosfera in quella stanza e persino Alfonso si sentiva sollevato quando poteva correre per una mezz’ora all’aperto. Non si poteva più ventilare la stanza perché in pochi giorni, dopo una nevicata, la temperatura si era sensibilmente abbassata, tanto che le lastre delle finestre erano coperte di fogliami capricciosi di ghiaccio. Anche quando si sentiva mancare il fiato l’ammalata non chiedeva più si aprissero le finestre perché una volta che dall’aria aveva sperato sollievo poco mancò che quel freddo tagliente non la ammazzasse.

      Era una vita ben strana quella ch’egli conduceva in quella stanza, tutto il giorno occupato a convincere l’ammalata che il suo male non era grave o a tentare di alleviarglielo. Un giorno era tanto simile all’altro ch’egli non avrebbe saputo dire da quanto tempo si trovasse nel villaggio. Era tanto lontana l’epoca in cui aveva amoreggiato con Annetta!

      Un giorno il postiere Marco gli portò due lettere. Una, a quanto disse Marco che nelle sue lunghe gite nei dintorni si divertiva a fare degli studî sui caratteri degl’indirizzi, doveva essere di donna. Ricevendole Alfonso ebbe un sentimento spiacevole. Non a tutti dunque sembrava che il tempo passato fosse tanto da far dimenticare avvenimenti e persone!

      L’altra era di uomo, la caratteristica calligrafia di Sanneo, ma firmata da Cellani. Veramente una lettera della banca Maller e C. e anche quanto a contenuto. Con la forma fredda e misurata che la banca usava per fare ai suoi clienti delle comunicazioni d’affari, gli veniva annunciato che dal telegramma a lui indirizzato, firmato “Mascotti”, la direzione aveva saputo della gravità della malattia di sua madre e che perciò, spontaneamente, portava il permesso accordatogli da quindici giorni a un mese. La forma burocratica dello scritto, firmato da Cellani con quel segno ch’egli usava per gli avvisi alla contabilità, non sorprese Alfonso. Fu grato per il mese di permesso e immediatamente lesse la lettera alla signora Carolina, la quale trovandosi in un istante di disperazione mormorò foscamente:

      — Un mese basterà!

      L’altra lettera era di Francesca.

      “Quello che io prevedeva è già accaduto o sta per accadere. Non so veramente con precisione a quale punto sieno giunte le trattative tra padre e figlia, ma queste trattative si fanno, giornalmente, e che siano già abbastanza avanzate ho la prova nel fatto che Annetta a me nulla ne dice. Suppongo che nel suo interno sia già d’accordo col padre, ma siccome fino a pochi giorni fa ella era ancora sinceramente vostra, può essere che si vergogni di avervi dimenticato del tutto.

      “Subito dopo la vostra partenza, ella parlò a lungo col signor Maller il quale, a quanto me ne disse Santo che origliò, gridò molto, tanto che Annetta pianse, per la prima volta, credo, in sua vita. Poi, vedendo che con me ella non apriva bocca, io la guardai con aria di rimprovero che mi costò grande fatica come mi costa grande fatica tutto quanto faccio in vostro vantaggio. Annetta mi disse ch’ella vi amava sempre, ma che avrebbe avuto molto da lottare con suo padre per ridurlo ad accondiscendere alla vostra unione. Mi pregò perciò di scrivervi pregandovi di trovare un pretesto qualunque per rimanere più a lungo nel vostro villaggio.

      “Badate, Alfonso, ch’è un brutto indizio che non volle scrivervi direttamente. Accettai l’incarico e non vi scrissi nulla sperando di vedervi capitare inaspettato oggi ch’è trascorso il vostro permesso; io lo so bene perché contai i giorni. Non giungeste invece! Al primo vostro errore andate aggiungendo degli altri fino a ruinarvi. Vi scrivo per mandarvi un ultimo ammonimento. Forse partendo immediatamente arrivereste ancora in tempo, perché nulla ancora è perduto. Annetta esita, combattuta dal desiderio di compiacere al padre che adesso piange e scongiura, e dall’amore per voi, perché vi ha amato. Non garantisco di nulla ora, e al vostro arrivo potreste ricevere la comunicazione ch’ella è fidanzata a Macario. Non so se questa mia raggiungerà lo scopo per cui fu scritta. Feci con voi più del mio dovere. Se ad onta di questo avvertimento esitaste a partire, sarebbe del tutto inutile che rispondiate o che scriviate ad Annetta. Da voi non attendo

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