Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo
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Stette per un’ora circa accanto al letto della madre assorto nei suoi pensieri.
— Quella lettera ti dà molto pensiero? — chiese la signora Carolina che da lungo tempo lo osservava.
Ella parlava poco perché le dava fatica e le poche parole che diceva erano qualche volta pronunciate molto tempo dopo pensate. Forse ella era stata ad osservare il suo volto dal momento in cui egli s’era abbandonato alle sue riflessioni.
Egli trasalì.
— No! — rispose, — è un amico che mi chiacchiera su cose che non mi fanno ridere.
Ella non chiese altro. Le costava un grande sforzo rivolgere la sua attenzione alle cose di fuori ed era facile ingannarla.
La lettera di Francesca gli portava del resto una buona notizia. Proprio come essa lo aveva preveduto, la sua partenza dalla città era equivaluta a una rinunzia ad Annetta. Ora ne era sicuro, sarebbe stato lui l’abbandonato e la parte gli piaceva molto più che quella di traditore. Intuiva che invece Annetta non avrebbe sopportato di essere l’abbandonata e che era ad ogni modo più soddisfatta di essere dessa la prima a lasciarlo. Così da quella parte non aveva rimorsi.
Mettendosi a scrivere la risposta che doveva dare a Francesca per quanto ella non l’avesse chiesta, comprese che la difficoltà principale, per renderla efficace, per non attirarsi anche l’odio di Francesca, era di persuaderla della gravità della malattia della madre. Sembrava che alle due donne non fosse stata fatta alcuna comunicazione in questo riguardo dalla direzione della banca. Finì col trovare la nota giusta. Evitò ogni artifizio e fu breve come persona che espone dei fatti veri non curandosi di addurre prove della propria veracità. Disse che sua madre era in pericolo di vita e ch’egli per il momento non aveva testa per altro. Chiuse con una frase che gli parve ed era realmente una trovata. Finse di non credere che la sua presenza in città fosse tanto necessaria come lo asseriva Francesca.
“Annetta, come me lo conferma nella sua lettera, mi ama. Perché avrebbe da abbandonarmi? Se resto qui non faccio che il mio dovere.”
Dopo spedita la lettera si sentì sollevato. Era un sollievo, e se anche in minore grado, simile a quello provato alla partenza dalla città. Ritornava al villaggio dopo di essere stato ripiombato in quegl’intrighi, e non giungeva a rubargli interamente la gioia di esserne salvo la vista della faccia cadaverica della madre.
Alla sera, in un istante di pace dopo una giornata di terribili sofferenze, ella gli chiese:
— Hai scritto alla tua amorosa? Non negarlo, perché sarebbe male che così non fosse.
Ma negli occhi semispenti le passò un lampo di gelosia.
Egli non negò. Conoscendosi uomo dai rimpianti amari e dai rimorsi, s’era dato cura in tutti quei giorni di portarsi in modo da non avere a rimproverarsi né una parola né un cenno brusco verso la moribonda. Bisognava dunque dimostrarsi confidente, toglierla alla curiosità e non dirle bugie perché sarebbe potuto dolergli anche di quelle. Non le disse l’intera verità per riguardo al segreto altrui o almeno così si scusò con se stesso. Le raccontò che amava una fanciulla, ma che l’aveva scoperta tanto civetta e leggera che voleva togliersela dal cuore, ciò che gli doveva riuscire facilmente del resto.
— È la signorina Lanucci? — chiese la signora Carolina con un sorriso forzato.
— No! — rispose serio come in confessionale, — è una ragazza ricca che tu non conosci.
— Molto ricca?
— Così così! più ricca di me ad ogni modo!
Egli non voleva confessare che, abbandonando colei che aveva dichiarato civetta, respingeva da sé una grande fortuna, perché, sapendolo, la madre gli avrebbe dato torto.
Per quella sera ella non ne parlò più, ma a quelle parole doveva aver riflettuto lungamente:
— Si capisce che tu non le vuoi bene, — gli disse il giorno dopo, — non avresti tanto facilmente compreso ch’è leggera e civetta o, comprendendolo, glielo avresti perdonato.
Dopo un assalto in cui era sembrato che da un momento all’altro rimanesse soffocata, grata per l’aiuto ch’egli le aveva dato, gli disse:
— Non amarla e non amarne alcuna. Le donne non ti meritano.
Per quanto egli credesse che degl’intrighi in città nulla affatto gl’importasse, pure, dopo ricevuta la lettera di Francesca, il suo pensiero era per ore intere rivolto più a quelli che alla madre. Se, come Francesca, con quel suo tono che non ammetteva dubbî, glielo diceva, Annetta lo lasciava per sposare suo cugino, quali sentimenti avrebbe avuto per lui? Di odio, era certo. Il ricordo della caduta di Annetta faceva anche a lui ribrezzo, ma che cosa avrebbe dovuto produrre nell’animo di Annetta maritata ad un altro? Onta e odio e forse, per il timore di veder divulgato il segreto, un odio attivo; lo avrebbe fatto scacciare dalla casa Maller e avrebbe tentato di rendergli impossibile la vita in città. E come si sarebbe comportato lui di fronte a tale odio? Reagire, difendersi? Ma gli sembrava di non averne il diritto! Fantasticava su tali persecuzioni e si commoveva sulle sventure ch’egli immaginava gli dovessero toccare.
La madre vide ch’egli aveva le lagrime agli occhi.
— Perché piangi?
— Ho bruciore agli occhi, non piango!
Ella tacque e credette ch’egli piangesse al vederla tanto soffrire, mentre egli lagrimava sognandosi scacciato dalla banca con ingiurie da Maller e da Cellani e vedendosi uscirne col capo basso sotto il peso di una colpa, ma non quella ch’essi gli addebitavano pubblicamente.
Spesso quando ella aveva bisogno di lui doveva chiamarlo più volte acciocché egli udisse.
La povera donna aveva continuamente bisogno di aiuto perché da sola non sapeva più neppure voltarsi nel letto. Il suo corpo era piagato in più luoghi dal giacere continuato e il dolore che le causava la pressione su quelle parti le faceva sentire continuamente il bisogno di mutare posizione. Per renderle possibile il difficile movimento, Alfonso aveva trovato un modo ingegnoso. Egli si piegava innanzi fino a mezzo il letto e con ambe le mani ella si attaccava al suo collo; egli allora si spingeva verso quella parte ove voltandosi ella doveva venire a poggiare, e l’ammalata faceva l’evoluzione così sospesa, semplicemente ritirando dal suo collo una mano. Grande sollievo ella non provava che quando, sospesa al collo di Alfonso, sul letto non poggiavano che i suoi piedi. Egli veniva tolto ai suoi sogni per andare a lei e per aiutarla a sospendersi al suo collo, ma quando non aveva che da sostenerla, mentre ella gridava e piangeva nel fare il primo sforzo per sollevarsi, egli di nuovo sognava di Maller, di Cellani e di Annetta.
Ben