Abissinia: Giornale di un viaggio. Giuseppe Vigoni
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Fu questa la nostra sveglia, e poco dopo riprendemmo il nostro itinerario, lungo il quale incontriamo spesso dei cimiteri di tribù nomadi che vi tennero le loro tende. Le tombe consistono di un ammasso conico di pietra o di un largo circolo segnato pure da pietre, con un tumulo al centro; generalmente si copre la tomba con piccole pietre di quarzo bianco; se la tomba è di fresca data, è circondata da una siepe di rami spinosi per tenervi lontana la jena, ed allora ogni fedele che passa vi recita una prece e vi aggiunge un sasso.
La natura si fa sempre più grandiosa e selvaggia, la vegetazione aumenta, i baobab sono giganteschi, non hanno in questa stagione una sola foglia, ma molti frutti consistenti in piccoli globi verdastri, che contengono una farina bianca acidula e di sapore grato e molti semi dal gusto di mandorla; le euforbie si fanno veri alberi di cinque, sei, otto e più metri d'altezza e in alcuni punti costituiscono da sole vere foreste. Saliamo sempre finchè ci troviamo in un vasto bacino, attraversato il quale, in direzione ovest, ci si presenta un'erta salita che ne è forza superare a piedi.
Passata così la catena dello spartiacque che dà origine a levante al torrente Ain, del quale rimontammo il corso, e dall'altro versante ad altri torrenti che radunati gli sfoghi di varie vallate secondarie, attraversano la provincia di Barka, costituendo il Xor Barka che ha foce poco lungi da Suakin, ridiscendiamo per una lunga vallata dove la natura non è per nulla cambiata, ma da dove ci sta davanti un esteso e variato panorama, e alla 1-½ ci fermiamo in un vastissimo altipiano.
Dopo un paio d'ore di riposo, rimontiamo a camello, ma fatti pochi passi siamo attratti a discenderne dall'abbondanza della caccia. Siamo in vera Africa, come tante volte la ammirai nelle illustrazioni e ne sognai la realtà; i monti generalmente conici, staccati uno dall'altro e raramente tentando formar catena, vegetazione non rigogliosa, ma abbondante; la nostra carovana avanza nel letto sempre sabbioso del torrente largo da venti a trenta metri e fronteggiato da dense foreste dietro le quali ad intervalli si nascondono spazii coltivati a dura; il nostro cammino è continuamente accompagnato dall'apparire di gruppi di pernici, faraone, lepri, gazzelle; sugli alberi svolazzano stormi di uccelli dai colori smaglianti; fra me e Ferrari è un continuo schioppettio e un continuo far vittime, che passiamo al buon Legnani che ne orna i fianchi del suo camello. In poco tempo eravamo materialmente stanchi della fucilata e sazii della carneficina, e non avevamo fatto che pochi passi, dopo ripreso le nostre cavalcature, quando avanti a noi vediamo attraversarci la strada un piccolo quadrupede, poi due, poi una sequela infinita: sono piccole scimmie che inseguendosi forse per giuoco, passavano dalla destra alla sinistra sponda. Attraversato questo vero paradiso dei cacciatori, risaliamo altre alture per discendere in altri piani; incontriamo qualche truppa di pecore e buoi, il sole tramonta e sempre camminiamo. A quest'ora, attorno ai pozzi scavati nelle sabbie, è un vero formicolio di selvaggina che vi si raduna per abbeverarsi e che noi ci accontentiamo di disturbare col nostro passaggio per non fare un inutile macello. Non sappiamo dove troveremo alloggio a Keren, per cui non volendo arrivare a notte inoltrata, vorremmo fermarci per proseguire l'indomani, ma i nostri camellieri non acconsentono, ripetendoci che siamo vicinissimi alla meta. Avanti dunque; si scorge un lume, ma non è che l'abitazione di un agricoltore che ha i suoi campi lontani dal villaggio. Finalmente i lumi si moltiplicano, passiamo fra molte capanne; nell'oscurità si distingue dell'abitato, e non sapendo dove dirigerci, ma memore dell'ospitalità usatami nei conventi di Terra Santa, ci facciamo portare alla Missione, certi di trovarvi rifugio almeno per la prima notte. Alla destra, avanti una casa di cui nell'oscurità si distinguevano a stento i contorni, vediamo il largo cappello di una suora che con un fanale entra da una porta, e piegato a sinistra siamo, dopo pochi passi, alla casa dei missionarii. La carità cristiana che andavamo ad incontrare, il forte contingente di quell'appetito che collima colla fame, che portavamo noi, e il sapere od almeno il supporre che la buona e abbondante tavola non fa mai difetto nei conventi, ci avevano fatto sognare una cena poco meno che luculliana, e con questa speranza, col solo titolo di viaggiatori, ci presentammo ad un padre, chiedendo ospitalità. Era l'ora della preghiera, per cui portammo un po' di scompiglio in questo piccolo esercito della fede; ci venne assegnata una camera in cui si stesero delle stuoie e ci fu detto che con sommo dispiacere a quest'ora i fuochi delle cucine erano già spenti. Una lettera che persona molto alto locata aveva data in Italia per la spedizione, fece per altro l'effetto della molla che fa comparire il diavoletto nella scatola di dolci, e per noi invece allontanò il brutto fantasma del digiuno e fece comparire del pane, del cacio e dell'idromele, detto tecc o vino degli Abissinesi, ottenuto dal fermento di acqua e miele coll'infusione di alcune foglie o radici.
Ci svegliammo l'indomani quando il vescovo, monsignor Touvier, con due preti vennero ad augurarci il buon giorno e con ogni sorta di gentilezze vollero traslocarci in uno spazioso salotto con un letto e due comodi divani.
La provincia dei Bogos geograficamente appartiene all'Abissinia, ma è ora occupata dall'Egitto che la tiene preziosa come linea di comunicazione fra il Sudan e il porto di Massaua, e per questo è fonte di continue inimicizie e di frequenti attacchi fra i due Governi. Essa è costituita da un altipiano a più di 1200 metri sul mare, rinserrato da montagne granitiche; la sua popolazione, sparsa in parecchi villaggi, si pretende da secoli immigrata dall'interna provincia del Lasta e derivare quindi dalle bellicose tribù degli Agau, dei quali mantiene lingua, costumi e tradizioni.
La capitale ne è Sanayd, villaggio posto sul versante di un'altura coronata da un forte costrutto da Munzinger pacha; rimpetto a questo, e più sotto la montagna, sta Keren, ove siede la Missione stabilitavi or fanno circa trent'anni dal padre Stella, che dopo avervi consacrata l'esistenza, facendosi amare dalla popolazione, morì travagliato da dispiaceri e perseguitato da chi gli mosse ingiusta guerra. Col tempio della fede vi aveva stabilito pure un faro di civiltà, unendo così queste due propagande che sempre dovrebbero essere compagne nella faticosa marcia attraverso popoli barbari, e praticando per tal modo la vera e pura dottrina di Cristo. Una colonia di Europei dava l'esempio del lavoro, e mostrava alle popolazioni selvagge che la missione dell'uomo sulla terra ha uno scopo ben più alto che quello di vegetare abbrutendosi e facendosi continua guerra gli uni agli altri. Ma come pur troppo spesso succede, la mancanza di mezzi materiali e di costanza a sopportare le prime disillusioni per un avvenire migliore, fecero che la piccola colonia finì per morire quasi di consunzione. La Missione restò, ed è ora occupata da lazzaristi francesi, e la colonia riprese sviluppo quando or fanno quattro anni si introdusse la coltivazione del tabacco.
Uscimmo accompagnati dal padre Picard, un simpatico uomo che da quattordici anni vive in questo paese cristianizzando: è commovente vedere come tutti lo amano e lo rispettano, e come al suo apparire, vecchi e fanciulli gli corrono incontro chiamandolo gaetana o abuna, che suonano mio signore, mio padre, gli baciano la mano e gliela toccano col fronte in segno di venerazione. Con lui andiamo a far visita al governatore, comandante il presidio di circa 600 uomini.
È un nero del Sudan che fece, nella legione straniera, la campagna del Messico, poi fu in Francia, ma ebbe troppo rispetto per la civiltà, e non osò troppo avvicinarla; fu però con noi cordialissimo e ci fece vedere in tutti i suoi particolari il forte costruito sotto la sua direzione. Quasi alla vetta del colle su cui è piantato, per occupare i soldati, fece scavare una gran vasca per raccogliere l'acqua delle piogge, idea questa assai buona e pratica in un paese dove fa