Abissinia: Giornale di un viaggio. Giuseppe Vigoni
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Il commercio di esportazione deve subire un notevole aumento in questo porto, ora che re Giovanni, per obbligare i commercianti a percorrere maggior cammino nei suoi territorii, e nella speranza forse che Massaua per conquista o per cessione diventi parte del suo Stato, ha proibito alle carovane che partono dal Goggiam e dal Gondar di prendere la via del Galabat e Suakim, molto più conveniente, perchè piana e battuta da camelli, di gran lunga preferibili ai muli.
Fra i mille gridi che continuamente facevano vibrare l'atmosfera, uno fortissimo e continuato, misto di voci e suoni, ci deliziò tutta una giornata, gran parte della notte e riprese con maggiore intensità il giorno appresso: ce ne facemmo guida, ma ci fu impedito entrare nel tugurio da dove usciva; ma mentre ce ne stavamo ritornando soffocando il nostro sentimento di curiosità, per mezzo di un nostro servo abissinese potemmo esservi ammessi. Entrammo in una capanna costrutta con una intelaiatura di pali ricoperti da sdruscite stuoie; le pareti verticali, il tetto curvo: in un angolo due angareb con sedutevi otto donne nere, giovani avvolte in una specie di manto di tela bianca con braccialetti in argento e conterie, collane, anelli al naso, agli orecchi e alle dita, tali da coprirle quasi fino all'unghia tinta in rosso. Accovacciata per terra stava una povera giovane malata, pure avvolta in panni bianchi, col volto mesto e sofferente: ai suoi lati due giovani battevano su rozzi tamburi mentre tutte le donne sedute cantavano a squarciagola una cantilena cadenzata, interrotta di quando in quando da un acutissimo trillo, e il pubblico composto d'una ventina d'altre persone accompagnava con un regolare batter di mani: di tempo in tempo si versavano olii profumati sul fronte della paziente o su un braciere che le stava dinanzi e con una tela si faceva baldacchino perchè i fumi profumati che ne esalavano non si perdessero nell'ambiente, ma si conservassero ad involgere l'ammalata: la semi-oscurità dava maggior carattere a questa scena originale e selvaggia, che si faceva per spaventare e cacciare il diavolo della malattia che aveva invaso quella povera disgraziata, che non so come resistesse a tanto fracasso infernale. Ci dissero poi che se l'ammalata si illude di star meglio, tutto d'un tratto s'alza e principia a ballare freneticamente: si corre allora in cerca di un montone e si festeggia la guarigione con un festino generale. Il segreto, invero, di questi miracoli sta in ciò che anche quelle donne sono capricciose come le nostre signore, e la malattia è spesso un desiderio non soddisfatto dal consorte, e lo star meglio comincia quando l'amore della pace in famiglia fa che questi porta o manda la promessa di soddisfare i capricci della moglie.
Mariam, la ragazzina del guardiano della nostra casa è occupata tutta la giornata a far farina triturando grani di dura fra due pietre: ne forma poi una pasta che cuoce in un forno alquanto originale. Un otre rotto al fondo è sepolto col labbro a fil di terra: a poca distanza un foro praticato obliquamente nel suolo comunica col basso del vaso, formando così una gran pipa, che dà luogo alla corrente d'aria necessaria a ravvivare il fuoco acceso nell'otre: quando questo è così riscaldato se ne levano le brage e Mariam appiccica alle pareti le manate di pasta che possono quasi dirsi focacce: turato il foro nel suolo e applicato il coperchio all'otre e ben chiuso all'ingiro con pezzole bagnate, non riapre che quando la pratica le insegna che deve esser cotto questo pane che, con qualche cipolla od un po' di pesce, molto abbondante qui, forma il nutrimento di tutta la famiglia.
Siamo nella stagione invernale, e ad onta di questo la temperatura varia fra 28° e 30°: è questo forse il punto più caldo nel Mar Rosso che passa per essere una delle località più infuocate nel mondo: sono qualcosa di terribile le descrizioni che ci fanno dei mesi in cui non si può aver respiro nè giorno nè notte, sempre oppressi da un'afa soffocante e accesa.
Gordon pacha ha telegrafato gentilmente che si lasci passare tutto il nostro bagaglio, per cui lo trasportammo a palazzo e le nostre camere hanno assunto un aspetto ancora più originale: casse e cassette in ogni angolo, fucili e armi d'ogni genere appesi alle pareti, corde tese con abiti e biancherie, in mancanza di armadii, angareb, brande e amache che funzionano da letto, casse disposte a tavolo od a sedile, un vero disordine pittoresco. Fra noi, chi scrive, chi legge, chi prepara armi e munizioni per una prossima caccia, chi fa un po' da servo alla propria roba, chi, e forse il più benemerito fra tutti, lavora a preparare il pranzo: compagni non ne mancano, che è un continuo andirivieni di gente che col solo movente della curiosità vengono a trovarci colla scusa di offrirci qualcosa od offrire loro stessi in qualità di servi per accompagnarci nel nostro viaggio: tutti dovrebbero essere pieni di meriti e conoscere appuntino tutta quanta l'Africa: abbiamo poi coinquilini dei piccioni coi loro nidi, nidi in fango di grosse vespe, pipistrelli, lucertole, topi, e degli altri è forse meglio tacere...
Una delle mancanze che più si facevano sentire era quella di una tavola, per cui avendone vedute due in una piazza andammo in cerca del rispettivo proprietario per noleggiarle, ma per buona fortuna fummo avvertiti ancora in tempo che erano di uso pubblico, cioè si trasportavano a domicilio quando ne era il caso, per stendervi e lavarvi i morti: tanta è l'abbondanza di mobiglia in queste case.
Le giornate erano abbastanza monotone per cui combinai con Ferrari una gita di caccia all'estremità sud della baia: noleggiata una filuka (barca del paese), vi portiamo le nostre provviste di acqua dolce, pane, burro, sale, pepe, confidando molto pel resto nei nostri fucili, e spiegata la vela volgiamo la prua a mezzogiorno: cosa sia la nostra imbarcazione di disordine e di costruzione, non si può farsene un'idea nemmeno prendendo a tipo le peggiori barche dei nostri pescatori. Abbiamo un reis o capo arabo che con tutta maestria ci guida nella giusta rotta serpeggiando fra cento secche, e quattro ragazzotti che hanno tutta l'aria d'essere scolpiti in un bel pezzo di ebano. Oltrepassando l'isolotto di Scek-Said la nostra ciurma intuona una preghiera, specie di rosario di cui il reis dà l'intonazione, a suffragio dei morti che vi stanno sepolti e ad invocazione di felice viaggio: il vento rinforza, la barca piega su un lato, qualche ondata ci innaffia, il mio buon Ferrari guardando terra pretende sarebbe meglio percorrere a piedi la costa, ma felicemente in un paio d'ore siamo a buon porto, e quando credevamo di essere in pochi minuti a terra, vediamo tutto d'un tratto calar la vela e ci troviamo arenati: la marea è bassa e il fondo ancora più basso, quindi è forza ultimare il nostro tragitto alquanto umoristicamente trasportati per qualche centinajo di metri sulle spalle dei nostri marinari, trascinando i piedi penzoloni nell'acqua.
Avevamo allo sfondo un'alta montagna, quella che ci fu guida nella traversata, avanti a questa una catena di colline che venivano man mano abbassandosi fino a dileguarsi in un piano inclinato che si protende al mare: qui dovevamo fare le nostre prove di caccia, e nel breve tempo che ancora restava al tramonto riportammo qualche lepre che ci fornì un eccellente pranzo: le molli arene ci offrirono un soffice giaciglio per la notte. Il giorno dopo eravamo alzati ben prima del sole e percorremmo tutto il piano e le prime alture: il suolo è tutta arena, sparso di detriti di quarzo e di tufi: poca erba vi alligna, molti cactus, acacie a foglia verde o grigiastra, qualche euforbia, parecchi cespugli tutti spinosi: in complesso la vegetazione è piuttosto meschina per la grande siccità che vi dura parecchi mesi dell'anno, e solo in qualche punto basso si scorgono folte macchie verdi circondate da sterili praterie in cui trovano appena di che vivere poche capre o camelli. Otteniamo dai pastori del latte, che ci viene presentato entro vasi fatti con scorze di alberi intrecciate, quindi internamente intonacati con sterco vaccino, certo non a perfezionamento del gusto del contenuto, nè a gran soddisfazione di chi lo beve. La caccia vi è per altro piuttosto abbondante ed oltre moltissime lepri, pernici, faraone, trovi gazzelle, antilopi, cignali, jene e l'inseparabile sciacallo.
Il giorno di Natale si avvicinava e ne prendemmo occasione per mostrare la nostra riconoscenza ai Naretti e ad altri che ci andavano usando delle continue gentilezze, invitandoli a passare con noi quelle ore che s'usa in questo giorno riunirsi in famiglia attorno ad una tavola. L'invito è accettato; a noi dunque a disimpegnarci; chè per pranzare, sia bene sia male, ci vogliono fatti e non parole. Ci demmo dunque a girare dalle conoscenze mettendole a contributo per avere piatti, posate, bicchieri, casseruole, tavoli, sedie e tutto quanto l'occorrente. Si decorò una delle nostre camere dipingendone le pareti, a carbone e mattone pesto, cogli stemmi delle nostre principali città e decorandole con trofei delle nostre armi e componendo di facciata all'entrata un artistico