Abissinia: Giornale di un viaggio. Giuseppe Vigoni
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Ogni villaggio riconosce come suo capo supremo e giudice colui che per merito o meglio per anzianità fu chiamato a godere della fiducia di tutti i compaesani, fra i quali ancora vige una specie di sistema feudale, cioè i plebei riconoscono la superiorità dei patrizii ai quali devono parte dei redditi, ubbedienza, soccorso e difesa a pericolo della propria vita in caso di necessità. Ogni padre poi ha diritto di vita, di morte o di vendere quale schiavo, se può farlo in barba al Governo egiziano, sui proprii figli, finchè hanno raggiunto i 18 anni, in cui sortendo di minore età, diventano padroni di sè stessi e con questo cessa la superiorità e la responsabilità paterna. Lo spirito di vendetta vi regna fortissimo e tale che un'offesa viene qualche volta ripagata della stessa moneta dopo qualche generazione.
Nel caso di morte di un capo o di qualche persona influente o ricca, la famiglia, gli amici e alcune donne espressamente chiamate e pagate e delle quali la professione abituale è molto comune in paese e meglio tacere, si radunano nella casa del defunto e fingendo piangere e disperarsi decantano le virtù sue, lo glorificano come brava persona, guerriero invincibile, forte, prode, amato, distinto nel maneggio della lancia e della spada, ecc., e terminano sempre col rallegrarsi, perchè oltre questo era ricco, quindi in sua casa si troverà dell'idromele, della dura, dei talleri, molta roba d'ogni genere e quindi si mangerà, si beverà, si farà buon festino.
Dopo ciò si lava il corpo del morto con acqua, che si conserva in un gran vaso, e quindi si fa il trasporto alla sepoltura sempre seguiti da tutto il corteo; dopo circa un mese altra funzione solenne con canti, gridi, suoni, abbondanti libazioni e sagrificii di buoi e montoni; si investe allora il primogenito dell'eredità e dei diritti paterni, e per questo lo si lava da capo a piedi coll'acqua conservata dalla stessa operazione fatta al genitore morto. Trattandosi di uomini tenuti in gran conto, dove fu sepolto il padre, deve essere sepolto il figlio, per cui bisogna alle volte operarne il trasporto attraverso monti e valli.
I matrimonii si fanno innanzi testimonii, e meno la lavatura, presso a poco colla stessa cerimonia dei funerali.
Noi non avemmo ad assistere ad un banchetto funebre, ma fummo invitati un giorno ad un eccellente pranzo nella simpatica ed originale fattoria del cordiale signor Costant, poi pensammo alle provvigioni per il ritorno, e la cosa che ci fu più difficile procurarci, fu anche la più semplice e la più necessaria, il pane, perchè qui tutti usano farselo in casa propria. Dovemmo procurarci della farina che affidammo ad un greco, che il giorno dopo ce la restituì convertita in tante pagnotte.
La mattina del giorno 20 i nostri camelli ci stavano aspettando nel cortile, per cui fatti i convenevoli e i dovuti ringraziamenti coi nostri ospiti, ci avviammo alla casa di Costant, dove si uni a noi il signor Jules Nevière, uno dei due giovani francesi che vivono a Kalamet e che ora ritorna alla sua solitaria dimora dove ci invitò di far sosta. Ingrossata così la carovana, giriamo l'altura su cui è il forte, e scendiamo a raggiungere in pochi minuti il letto del torrente Ansaba, che ci sarà guida fino al passaggio della catena ove ha origine. Attraversiamo dapprima qualche terreno coltivato a dura e tabacco, poi per lunga pezza proseguiamo attraverso pascoli popolati da capre e da buoi. Durante le prime tre ore ricalchiamo le orme impresse nell'oscurità completa arrivando, ed ora siamo sorpresi dalla bellezza del paesaggio che attraversiamo. Alberi giganteschi, gruppi pittoreschi quanto mai, piante secolari dalla forma squarciata abbracciate ad altre di diverso verde e di diversa natura, fiori e frutti pendenti, liane che si arrampicano, scendono a terra a succhiarne gli umori, poi risalgono a bevere l'aria più pura e più fresca, enormi fusti troncati dal vento o dal fulmine, tronchi rovesciati che sbarrano il passaggio; cespugli d'ogni sorta, aloe, grassule, erbe e fiori che fanno un vero mosaico del suolo; e tutto questo animato dallo svolazzare di mille augeletti e dal fuggire al nostro avanzare d'ogni sorta di selvaggina. Tutti eravamo compresi dalla bellezza e dalla immensità di questa scena, e la carovana maestosamente procedeva di quel passo lento, ma imponente, che è proprio del camello. Ognuno di noi godeva, e quasi temeva recar guasto lasciandosi trasportare ad una esclamazione o comunicando al compagno le proprie impressioni, per cui regnava sovrano il silenzio, ciò che dava ancora miglior tinta al quadro. Respirando in mezzo a tutto questo, quelle aure africane, io gustavo la dolce voluttà di quell'oblio che fa confondere il sogno colla realtà, e dopo aver fantasticato che stavo sognando, che dalla mia camera la fantasia eccitata dal desiderio e dalla speranza, m'aveva portato in questo mondo di illusioni, doppiamente godevo rifacendomi da questa specie di letargo di pochi istanti e persuadendomi che tutto era proprio realtà, che stavo io in mezzo a questo splendido edificio del Creato.
Oltre i grossi baobab dai quali pendono numerosi frutti, vi sono grossissimi alberi che portano frutti simili a lunghe salsicce, assai originali, ed un bellissimo arrampicante di cui il frutto è una zucca a sporgenze acute, una vera bomba Orsini, che da verde passa colla maturanza al rosso e al giallognolo. Fra i molti uccelli sono curiosi due tipi, uno che al passaggio delle carovane le accompagna con un perfetto ridere sgangherato, un altro che potrebbe dirsi un compito suonatore di flauto, tanto le sue note sono sonore e distinte.
Fermatici all'ombra di un bel gruppo d'alberi per la colazione, proseguimmo poi a piedi per procurarci colla caccia il pranzo, e quando ci fermammo la sera, la nostra casseruola traboccava infatti di pernici e faraone. La notte fu fredda e tanto umida che ci trovammo la mattina come usciti da un bagno. Sforzando la marcia passiamo la montagna il giorno dopo, e per mezzogiorno siamo ospitati dal nostro compagno di viaggio e dal suo socio.
Kalamet è all'incrocicchio di parecchie vallate e nel fondo di queste, sulla via fra Keren e Massaua e ad un quarto di strada dalla prima alla seconda. Questi due cordiali esploratori delle industrie, dopo girati i paesi limitrofi, vennero qui a stabilirsi, dove non esisteva altro che la misera capanna dei soldati, guardie al telegrafo, vi chiamarono dei servi, e mentre facevano i tentativi per la loro speculazione, si occuparono di adattarvisi il meglio che potevano. Impossessatisi di un bel tratto di terreno, lo circondarono con tronchi spinosi per delinearne la proprietà ed incutere rispetto alle fiere, scavarono un pozzo, piantarono frutta, verdure, tabacco pel loro uso, costruirono capanne per loro, per la cucina, per ripostigli, insomma un vero accampamento che mostrava quanto può l'uomo industrioso spinto dalla necessità e dal buon volere anche con mezzi limitatissimi, e per noi riuscì assai interessante. Sgraziatamente da tre mesi si erano sviluppate le febbri, i servi spaventati disertarono, ed uno solo era rimasto fedele, quindi la mancanza materiale di braccia e di sorveglianza avevano lasciato libero il campo al disordine.
Le capanne riposano all'ombra di cespugli e di una gigantesca acacia a ombrello intrecciata da grosse liane; l'ammobigliamento è rozzo ed originale, perchè tutto creato da questi industriosi giovani con tronchi d'albero, avanzi di casse, e tutto quello che il loro talento inventivo e speculativo faceva tornar utile fra il poco che si trovavano d'attorno.
Dopo una refezione fummo guidati in una vicina valle, dove avemmo la fortuna di incontrarci con diversi gruppi di grosse antilopi dette agazen: sono enormi, e basti il dire che le loro corna nere, attorcigliate a spira, misurano spesso più di un metro d'altezza. Caccia minore si incontra piuttosto abbondante, e la notte si ha spesso il ruggito del leone.
Dopo il mezzogiorno del 22 ripartimmo, seguendo sempre il letto del torrente che avevamo risalito pochi giorni prima, e ci fermammo per la colazione del 23 ad Ain, laddove finisce la vera vallata e comincia il piano inclinato, e dove anche venendo ci fermammo alla stessa ora beati di incontrare dell'acqua corrente. Discendiamo poi fino a sera calpestando detriti granitici, fra acacie e qualche altra varietà di piante, più fresche e verdi dove è depressione di terreno; frequenti sono dei mucchi di terra giallastra dell'altezza e diametro di due e più metri, che non sono altro che ciclopiche abitazioni di migliaia di formiche che continuamente lavorano a rendere più grandi esternamente e più comodi internamente questi frutti della loro arte e delle loro fatiche.
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