Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis

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Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi - Augusto De Angelis

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Altro che medicato!… Non vede come mi ha avvoltolato la testa!? Debbo sembrare ferito sul serio…

      — E lo siete! Una bastonata è sempre una bastonata.

      — Avete potuto vedere con che cosa vi colpisse?

      — Una mazza… piuttosto corta…

      — Già…

      Sani fece un passo verso De Vincenzi. Il nano e Virginia stavano in un angolo.

      — Bisognerà telefonare in Questura perché si mettano alla ricerca…

      De Vincenzi lo guardò e l’altro si interruppe.

      Non capiva perché il commissario avesse quella fredda limpidezza negli occhi, quel volto ermetico.

      — È indispensabile – rispose lentamente, scandendo le sillabe. – Ma vado io… a rivederci, dottore…

      — A rivederci?! – esclamò quello, con accento disperato e scandolezzato.

      De Vincenzi rise.

      — Non si spaventi! Volevo dire che sarà pur necessario rivederci. Ma stia tranquillo! Credo proprio che la serie dei morti sia terminata.

      Si volse a Sani.

      — Non ti muovere da qui, tu – e si diresse alla porta.

      Il Pastore s’era alzato.

      — Intende dire che tornerà? Che ha ancora bisogno di me?

      — Eh! certamente

      — Ma di che cosa ha bisogno? Le ho detto tutto quello che potevo dirle…

      — Non si sa mai… La cosa è più seria di quel che lei non voglia credere… Un’aggressione in una Chiesa… E quell’uomo che ha colpito lei aveva già ucciso due persone, in ventiquattr’ore!…

      — Come lo sa, lei, che sia lo stesso uomo?

      — Non lo so. Lo suppongo… ma ho le mie ragioni per farlo… Non aveva la barba bionda e gli occhiali di tartaruga?

      Il Pastore tacque. Abbassò le ciglia e velò le pupille. Poi si diresse verso la sua immensa scrivania, che il Cristo sanguinante sovrastava.

      De Vincenzi uscì in fretta.

      Non richiuse il portone, ma ne accostò soltanto i battenti. Traversò la piazza, entrò nel caffè. Aveva esitato prima di penetrarvi, perché la piccola sala era affollata e lui non sapeva se il telefono avesse una cabina chiusa.

      L’aveva. Chiamò l’ufficio informazioni e si fece dare il numero di miss Lolly Down. Ignorava se la americana avesse un telefono e il suo era un tentativo per guadagnar tempo. Fu con soddisfazione che sentì la signorina enunciargli il numero.

      Furono lunghi a rispondere. O dormivano o le due donne non erano ancora rientrate in casa.

      Ma la cameriera?

      Fu una voce irata che rispose. La riconobbe subito.

      — Parlo con la signora Dorotea Winckers Shanahan?

      — Chi è?

      — Polizia! Il commissario De Vincenzi.

      — Che c’è ancora? E di notte, poi!

      — È accaduto un fatto molto grave.

      — Non m’interessa nulla! Non ci può essere alcun fatto grave che mi riguardi!

      — Che riguardi lei, no! Ma ritengo che il suo interesse si risveglierà, quando le avrò detto che siamo al terzo morto!

      Seguì un silenzio. Poi la voce suonò rotta e ansiosa.

      — Come? Che cosa dice?

      — Dico che c’è un altro morto.

      — Non mi riguarda! Non può riguardarmi!… Lei continua a pensare che io…

      — Non penso nulla!… Hanno ucciso il Pastore!… Fu un grido che gli rispose.

      — Non è vero!… Perché?… Chi può averlo ucciso?…

      A bella posta, il commissario tacque per qualche istante. La vecchia, presa da un’ansia disperata, gettò dentro il microfono le sue domande incalzanti, violente, disperate.

      Poi la sentì parlare con qualcuno che si trovava presso di lei, nella stanza. «Hanno ucciso… il Pastore!…» diceva. «Ma non è vero! Non spaventarti! Non può esser vero!».

      Parlava con miss Lolly.

      — Vuol venire subito in Piazza Mentana, signora Shanahan? Credo che lei ci potrà essere di molta utilità…

      — Vengo!

      Si sentì lo scatto dell’interruttore. De Vincenzi uscì dalla cabina.

      Perché aveva mentito a quel modo? Il giuoco poteva essere molto pericoloso per lui. Ma risolutivo. Era determinato ad uscirne.

      Avrebbe osato tutto per tutto. Senza dubbio, quel che stava facendo era illegale. Ma non poteva continuare a combattere contro le ombre.

      Se la sua teoria era giusta, i fatti adesso si sarebbero dovuti svolgere come lui voleva. E tra qualche ora tutto sarebbe finito.

      E se non lo era?… Alzò le spalle. Bah! Avrebbe dato le dimissioni e se ne sarebbe andato nell’Ossola, con sua madre, la vecchia Antonietta, le galline e i porci. Una vita migliore, in fondo, che gli avrebbe permesso di leggere tutti i libri che voleva e di vivere per qualche tempo in pace. Intanto, a una simile eventualità era sempre preparato. Lui faceva il suo mestiere a quel modo e non avrebbe saputo farlo altrimenti. Finché durava!…

      Rientrò nella casa del Pastore e chiuse la porta.

      Nella sala trovò tutti coloro che vi aveva lasciati, tranne il medico, il quale certo non aveva aspettato ad andarsene.

      — Debbo pregarla di seguire il vice commissario a San Fedele, signor Pastore. Ho bisogno di metterla a confronto con varii individui che sono stati arrestati e uno dei quali può essere il suo aggressore di questa sera.

      Il Pastore si sollevò di scatto. Appoggiò i pugni alla scrivania e lo fissò con occhi fiammeggianti. Chissà che cosa avrebbe detto; ma si contenne.

      — Le sembra proprio necessario che un tale confronto avvenga subito, questa notte? Ho il dubbio fondato ch’esso risulti perfettamente inutile. Io non potrò riconoscere un uomo che ho appena scorto e che molto probabilmente era truccato…

      C’era un enorme disprezzo e molto sarcasmo sotto la freddezza glaciale delle sue parole.

      — Quasi certamente ella non lo riconoscerà; ma io non posso e non debbo rinunciare al tentativo. La prego di acconsentire.

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