Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis

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Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi - Augusto De Angelis

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appeso, si diresse verso la porta.

      — Andiamo.

      De Vincenzi aveva afferrato Sani per un braccio e gli parlava rapido all’orecchio.

      — Tienilo nella tua camera. Impiega tutti i mezzi perché lui si avveda il più tardi possibile che il mio è un inganno. Ad ogni modo non lo far uscire da San Fedele, anche dichiarandolo in arresto, se occorre. Assumo io la responsabilità di tutto.

      — Come vuoi.

      Il Pastore s’era voltato e li guardava.

      — Va’…

      Quando stava per uscire, il Pastore si pose il cappello in testa; ma subito se lo tolse. Sulle bende che glielo gonfiavano, quel cappello di feltro bigio era rimasto sollevato come un uccello e lui aveva dovuto sentirne il ridicolo.

      De Vincenzi li accompagnò fino alla porta e stette a guardarli scomparire per la piazza.

      Pioveva. Una pioggerellina sottile, fumosa, così densa di vapore da dar la impressione che fosse scesa la nebbia. I due divennero subito due ombre nere, appena varcato l’alone di luce del fanale.

      Purché non si fossero incontrati con Dorotea Winckers Shanahan…

      Il commissario rimase qualche minuto sulla soglia. Guardava le due ombre. Ombre erano, infatti! Una soprattutto. E lui ancora non vedeva che ombre e una fitta cortina di nebbia davanti a sé…

      Che cosa sarebbe accaduto adesso?

      R

      Il tranello

      — Voi due, ohi!

      Fu la sua voce più squillante, la più poliziesca che avesse, quella che gli uscì dall’ugola.

      La vecchia e lo gnomo, sbilenco e sciancato, col suo unico occhio e la barba fiammeggiante, si sollevarono di colpo e rimasero a guardarlo, con le mani all’aria. Erano grotteschi e comici, ma anche tragici sotto il grande Cristo appeso alla Croce, con la testa reclina e il costato sanguinante.

      Si tenevano contro la parete, proprio sotto il Redentore, davanti ai cassetti della scrivania del Pastore, che loro due avevano aperti e nei quali stavano frugando febbrilmente, quando il commissario era entrato.

      De Vincenzi avanzò rapido, girò di fianco, guardò nei cassetti.

      I due tenevano sempre le mani all’aria, forse per mostrare che non avevano preso nulla, ma più probabilmente per un’abitudine davanti alla minaccia.

      I cassetti non contenevano che carte e adesso eran tutte sossopra.

      — Che cosa cercavate? – e fissò negli occhi la donna.

      Era lei la più forte, era lei che guidava ogni azione del nano. Certo, non poteva che esser stata lei a ordinargli di frugare, di far presto, prima che il poliziotto fosse tornato. E la vecchia rispose:

      — Non so! Ma qualcosa poteva esservi. Sapevamo che lei, adesso, avrebbe cercato da per tutto.

      E lo guardava, sfidandolo.

      Almeno, questa qui non mendicava scuse.

      — Perché?

      Alzò le spalle e fece una smorfia.

      — La polizia cerca sempre dovunque… anche senza ragione…

      — Siete pratica di polizia, voi!?

      Non si curò di rispondere. L’uomo teneva sempre le mani sollevate.

      — Giù le braccia!

      Le abbassò e si cacciò la destra nel folto della barbaccia rossa, crespa e dura. Il suo era un gesto meccanico. Evidentemente lui non doveva capir nulla di quanto avveniva.

      — Come vi chiamate?

      Interrogava sempre la donna, come l’unica che contasse.

      — Virginia…

      — E poi?

      — Non basta?… Virginia Worth…

      — Americana?

      — Sto da molti anni in Italia.

      — Quando ci siete venuta?

      — Prima della guerra…

      Se era vero, erano più di vent’anni. E il Pastore s’era stabilito a Milano nel ‘19.

      — Col Pastore?

      — È dal 1920 che servo il reverendo Down…

      — Come avete detto?!

      La vecchia si morse le labbra. Ma capì che era troppo tardi per tacere.

      — Ho detto che è dal 1920, che sono al servizio del Pastore.

      — Si chiama Down, il reverendo?

      — Non lo sapevate?

      — È fratello di miss Lolly Down?

      — Chiedetelo a lui…

      Non glielo avrebbe neppur chiesto, dopo tutto. Sentiva che i fatti precipitavano e che si sarebbero spiegati uno dopo l’altro, tra di loro.

      — E prima?

      — Oh!

      — E prima? – le si era avvicinato. Era questo che voleva sapere. La stringeva contro il muro.

      Il nano strisciò lungo la parete per allontanarsi.

      — Fermo!

      S’immobilizzò. Era tutto rosso in volto. Cattiva circolazione sanguigna e grande, fremente, orgasmo.

      — E lui? Lui chi è?

      Lo guardò con commiserazione.

      — Lui è italiano… Lo abbiamo preso da pochi anni. Matteo non sa nulla!

      — Dunque? Che cosa facevate prima di venire al Presbiterio?

      — L’infermiera…

      — Dove?

      Tacque. Evidentemente rifletteva. Si rendeva conto dell’importanza che avrebbe potuto avere la sua risposta. Il volto rugoso s’era contratto, raggrinzandosi ancor di più, facendosi piccino. Le labbra sottili, le si ripiegavano contro le gengive senza denti. Ebbene?

      — Oh! Insomma!… – Di colpo la violenza che s’era accesa in lei si spense. Fu come una capitolazione improvvisa. – Lo verreste a sapere ugualmente

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