Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis
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Qui, invece, proprio lui stava tendendo un tranello indegno a una madre, per farne l’accusatrice del proprio figliuolo!
Psicologia!… In fondo, la sua non era che la riprova di un’operazione matematica, già eseguita da lui nel proprio cervello.
Gli mancavano le prove soltanto e doveva procurarsele. Ebbe uno scatto interno. Al diavolo la psicologia e il metodo scientifico! Al diavolo il suo mestiere!
Rivide i due cadaveri: lo strangolato sotto il banco dei libri, con quelle enormi scarpe sollevate al cielo, piantate ad angolo col corpo disteso; e il petto dell’assassinato con la piccola goccia nera, di sangue raggrumato, unica stilla sgorgata dal cuore trafitto e immobilizzato per sempre da uno spillo lungo e sottile…
Non era suo dovere di uomo di giungere a ogni costo alla scoperta della verità e all’arresto del delinquente?
— Immaginavo, mistress Shanahan, che il reverendo Down fosse fratello di miss Lolly e ho subito intuito che miss Lolly era vostra figlia.
— Allora?
— Non volete dirmi altro?
— Come… come si è ucciso?
Ah! il martirio della menzogna.
— Lasciamo andare, per ora!
Perché la donna non parlava, senza obbligarlo a continuare quell’infernale commedia?
— Non sapete perché lo abbia fatto?
Si sentì un gemito. La ragazza piangeva.
Finirla, finirla più presto possibile.
Le ombre s’erano fatte minacciose negli angoli, sulle pareti.
La vecchia Virginia e il nano sbilenco dovevano starsene cacciati su qualche panca, dentro la Chiesa buia, se pure non erano fuggiti!
— Non piangere! – pronunziò la voce gelida, tesa, senza più vibrazioni oramai. – Egli non ha compiuto se non quanto il Signore ha voluto che compisse.
Si alzò, rigida sempre, con le mani strette contro la borsa e il petto, la testa quasi gettata all’indietro tanto era fieramente diritta, il cappellino lucente come un’insegna di comando, e si diresse verso la grande porta di quercia della Chiesa.
— Dove andate?
— A pregare!…
— No!… Ascoltatemi, Dorotea Winckers Shanahan… È necessario…
Ma quella non lo ascoltò… Era già alla porta. Girò la chiave. Si sentì lo scatto del saliscendi… Scomparve…
De Vincenzi le corse dietro..
La Chiesa era buia… Trovò l’interruttore: le lampade si accesero.
La donna s’era seduta in una delle prime panche, aveva deposto la borsa sulle ginocchia e guardava davanti a sé fissamente.
De Vincenzi si fermò. Sentì, nel fondo, un fruscio.
Virginia e Matteo s’erano mossi. Strisciarono lungo la parete opposta, quindi piegarono e traversarono tutta la fila delle panche, andando a sedere dietro la donna nera e immobile.
Il commissario attese qualche minuto, poi silenziosamente ritornò nella sala dove Lolly Down piangeva sempre.
— È un forte dolore, il vostro, miss Down… ma egli aveva ucciso…
Il pianto cessò di colpo.
Sollevò il volto, che, se pur rigato di lacrime, appariva duro. Gli occhi azzurri lampeggiavano crudelmente.
— Non può essersi ucciso per questo!… La sua opera non era terminata!
De Vincenzi ebbe un brivido. Chi altro? Pensò al colosso chiuso a chiave nella cucina.
— Perché aveva ucciso Giobbe Tuama?… Perché Giorgio Crestansen?
— Chi ha detto che li abbia uccisi?… Che prove avete?… Come fate ad accusarlo?…
— Il suo gesto disperato lo accusa…
Già! Ma quel gesto il Pastore non lo aveva compiuto. Era tutta invenzione la sua!… Il tranello. Attese la risposta con ritmo accelerato di sangue, mentre il volto gli rimaneva impassibile.
— Se vi dico che il suo dovere gli avrebbe impedito di uccidersi?
— Quale dovere?
— A che scopo dovrei parlarne con voi?…
— Non pensate che fin quando io non avrò conosciuto la verità, un innocente potrebbe scontare le colpe di un altro?
— Mio fratello era innocente!
— Anche se aveva ucciso?
Per un istante la ragazza tacque. Sembrò smarrita. Il commissario credette di poter approfittare del vantaggio.
Egli non si era proposto – col suo inganno – di strappare la confessione dalle labbra di miss Lolly; ma piuttosto da quelle di Dorotea. La vecchia fanatica, crudele come tutti i fanatici, ma lealmente pronta ad assumere la responsabilità di ogni azione anche atroce che fosse stata commessa in nome di una giustizia superiore, saputo che il Pastore si era ucciso, avrebbe parlato. Ma poiché Dorotea Winckers Shanahan, come prima reazione, si era rifugiata nella preghiera e poiché era presumibile ch’ella trovasse poi dalla vicinanza della vecchia infermiera – assai più abile e furba di lei – l’incitamento e l’aiuto necessarii a non parlare, De Vincenzi si aggrappava ora alla speranza di ricevere la rivelazione dalla bocca di Lolly Down.
— Perché egli aveva realmente ucciso, miss! Prima Giorgio Crestansen… all’Hôtel d’Inghilterra e poi Giobbe Tuama, in Piazza Mercanti… e il suo dovere… come dite voi… non era forse quello di sopprimere anche Beniamino O’Garrich?!…
Il colpo raggiunse il segno. Lolly Down impallidì sino a farsi cerea…
— Beniamino O’Garrich… – mormorò e c’era un infinito odio nel suo accento. – Ma perché Giacomo si è ucciso?… Perché?…
Sì, insomma, adesso De Vincenzi aveva la sicurezza morale di non essersi sbagliato. La sua teoria era esatta. Ma che prove aveva per sostenerla? Neppur una. E si era cacciato a testa bassa contro il muro di quella menzogna che, se non avesse dato risultati immediati e tali da giustificarla, gli avrebbe procurato oltre tutto un bel rimorso di coscienza!
Beniamino O’Garrich! Avrebbe ben dovuto parlare costui!… Ma che cosa sapeva? Un fatto era palese: lui non doveva nutrire alcun sospetto a carico del Pastore, se era venuto al Presbiterio, proprio quella sera…
— Signorina Down, bisogna ch’io sappia tutto! O parlate voi