Mater dolorosa. Gerolamo Rovetta

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Mater dolorosa - Gerolamo Rovetta

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style="font-size:15px;">      – Animale! se lo pigliasse il cimurro! – e rapidamente cacciatosi in testa il cappello, Sandrino uscì dal casotto sbatacchiando l’uscio con dispetto, pronto a dire il fatto suo al malcapitato. Ma chi mai avrebbe potuto pensarlo?… Egli si trovò faccia a faccia con Lalla e con miss Dill.

      – Duchessina, signora miss, è un miracolo, un onore, si accomodino… prego… restino servite. – Il giovinetto, confuso, sorpreso da quella visita che gli capitava per la prima volta, continuava a balbettar complimenti, fermo, impalato sull’uscio, mentre Musette, ch’era pure della comitiva, coi denti gli scoteva i calzoni, dimenando la coda ed abbaiando festevolmente.

      – Miss Dill, in tanti anni, non aveva mai veduto uccellare, e ci siam presa la libertà di venire; abbiamo fatto male?

      – Ma che dice mai?… è un onore, un onore grandissimo. Peccato che non sia mattina di buon passo… Entri entrino… Nando, marmotta! pulisci la panca. Compatiranno; si sa bene, se lo avessi saputo prima… ma qui siamo alla militare, sans façon, come si dice!…

      Miss Dill fece il suo ingresso nel casotto, come sarebbe entrata in una cattedrale; dura, impettita, cogli occhiali sul naso, che arricciò di molto per la puzza di pollina.

      Lalla, invece, indugiò all’aperto con Sandrino, facendosi dire il nome dei vari uccelletti e chiedendo un’infinità di perchè a proposito degli allettaioli, delle reti e degli zimbelli.

      Lalla, quel giorno, era proprio carina, carina assai. Indossava un vestitino bianco, succinto, di squisita eleganza. Il collo era nascosto dalla sciarpa di pizzo, il mento quasi sprofondato nel fiocco; in testa un cappello strano, ma di buon gusto… Una specie di panierino capovolto, stretto alle tempie, circondato, quasi coperto da un foulard scarlatto; così che il musetto vispo, furbo, freschissimo, si scorgeva appena. Bene però le si vedevano gli occhi vispi e pungenti di sotto la lunga tesa del cappello. La candida rotondità del braccio appariva, essendo brevi le maniche del vestito, fra i ricami di un mezzo guanto di reticella che, quasi toccava il gomito colle manopole; e il braccio bellissimo si movea di continuo dinanzi agli sguardi di Sandro, avendo la fanciulla qualche nuovo oggetto sempre da indicargli coll’ombrellino.

      Così avviluppata, quella creatura vaga, flessuosa, sottile, era tutta una seduzione, perchè era tutta un mistero: dai capelli che le scendevano sulla fronte come una frangettina di ricciolini, e dei quali si sentiva penetrante, soavissimo il profumo, fino al piccolo piede che compariva e spariva leggiadramente, chiuso serrato nelle ghette di lino.

      – Sa?… Temevo quasi di riuscirle importuna.

      – Come?… lei?… – esclamò il giovane, con stupore.

      – Alle volte, non si sa mai, avrebbe potuto averci visite, o aspettarne qualcuna.

      – Visite, quassù, al roccolo?!…

      – Via… non faccia tante meraviglie; la Nena, sa, mi ha detto tutto.

      Alessandro stava apparecchiando uno di quei non capisco, i quali, se esprimono il contrario di quello che dicono, servono, nulla di meno, per rispondere qualche cosa, quando opportunamente capitò fuori la miss.

      – Poveri uccellini – interruppe Lalla, che l’aveva veduta colla coda dell’occhio – poveri uccellini, come devono() soffrire legati a quel modo! – Dal brusco cambiamento della sua interlocutrice Alessandro capì benissimo che non doveva continuare il primo discorso e le fece subito una dissertazione tecnica sulla braca.

      – Le dobbiamo ancora le nostre congratulazioni per la sera di beneficiata; ma non è colpa nostra… lei non si lascia più vedere.

      – Bene, bravo; bisogna correggere però il vostro costume dell’ultimo atto. Manca di proprietà; lo ha detto anche don Vincenzo.

      – È indicato così nella commedia.

      – Cattivo, cattivo; mi ha fatto piangere tutta sera – continuò Lalla, che non aveva versato nemmeno una lacrima.

      – Oh! duchessina, si sa bene, da noi, poveri dilettanti, si fa… come si può…

      – Non le è mai venuto in mente di far l’artista?

      – A me no – rispose Sandrino – quantunque l’organista mi abbia assicurato che avrei una bella voce da tenore.

      – Oh, oh, per il teatro ci vuol altro – concluse miss Dill, la quale, per dire gentilezze, parea fatta apposta.

      – Giorgio il Mulatto di Alessandro Dumas?… è bello? – domandò la signorina entrando nel casotto con Sandro e leggendo il titolo di un libro della biblioteca circolante, rimasto aperto, sopra un palchettino.

      – Bello o brutto, non fa per lei! – esclamò la miss, strappando il libro di mano alla fanciulla.

      Lalla, senza scomporsi, osservò, frugò in ogni cantera, in ogni ripostiglio del casotto, domandando conto di ogni particolare, come già avea fatto prima nella frasconaia; ma una cosa la colpì singolarmente e, senza essere veduta dalla miss, colla punta, colla sola punta delle dita, toccando il braccio di Sandrino lo fece voltare dalla parte della finestra; di sopra c’erano scritti pochi versi.

      – Madama Veronica? – chiese con un garbo pieno di finezza.

      Alessandro sorrise, arrossì e non rispose: lentamente, a mezza voce, la fanciulla lesse allora questa melanconica strofetta:

      «Ovunque il guardo io giro

      Amico mio, ti vedo;

      E l’ultimo respiro,

      Lo dici e te lo credo,

      Non può rapirti a me».

      – Che cosa succede? Che cos’è questo frastuono? – domandò a un tratto miss Dill, levando il naso dal libro.

      – Fringuelli, fringuelli di passo! – rispose Nando allegramente. Infatti tutti i fringuelli della ragnaia si erano messi a spionciare con tanta forza da rompere la testa.

      – Questa volta, qualche cosa si prende!

      – Oh! bravo, signor Alessandro, bravo! – Lalla, ritornata bambina, batteva le mani dall’allegrezza.

      – Finalmente! temevo non si prendesse altro che emicrania, con questa puzza! – e, per vederci meglio la miss forbiva il pince-nez col fazzoletto. Tutti tacevano, raccolti attorno al finestrino. Lalla aveva preso sotto il braccio Musette perchè stesse ferma, gli zimbelli ritornarono in ballo: – Zitti, ecco ci sono – e Sandro facendo guizzare, per lo spavento, miss Dill, che non sapeva di che si trattasse, tirò con forza lo spauracchio.

      – Presi! – gridò Nando correndo fuori del casotto, con Musette fra le gambe.

      – Aspettate! aspettate! Vengo anch’io! Voglio vedere, povere bestiole! – e la zitellona corse fuori tenendosi alzato l’abito con tutte due le mani.

      Intanto anche Alessandro era lì per uscire.

      – Senta – gli disse Lalla all’uscio, fermandolo – può prestarmi questo libro? – e indicava il romanza di Dumas.

      – Volentieri, s’immagini, quando vuole, duchessina.

      – Ma non ne dirà nulla nè a miss Dill, nè alla mamma?

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