Mater dolorosa. Gerolamo Rovetta

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Mater dolorosa - Gerolamo Rovetta

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style="font-size:15px;">      – Verrò certo…

      – Venga, e il libro lo dia alla Nena: ma di nascosto che nessuno lo veda. – Il Frascolini, in quel mistero, in quel primo segreto della giovinetta, non capì nulla, nulla affatto… forse perchè non ebbe tempo per riflettere. Improvvisamente la voce della miss e lo squittire di Musette attrassero la sua attenzione.

      – Mostro! scellerato! canaglia! Oh, è orribile! – sbraitava l’inglese. Sandro e Lalla raggiunsero la vecchia in quattro salti e la trovarono più verde del solito, gli occhiali per aria, il classico cappellone di sghembo. Miss Dill coll’ombrello picchiava giù botte di santa ragione sulle spalle del povero Nando, il quale, stretto fra la istitutrice e la rete, se le pigliava tutte come trasognato, mentre Musette gli mordeva i calzoni.

      – Che cosa avvenne? – domandò Lalla, non potendo trattenersi dal sorridere.

      – Il mostro ha schiacciato, sotto i miei occhi, la testa di quelle povere bestiole!… Ma io ti ammazzerò, brigante! – e la sensibile miss ricominciò le ombrellate. Ridendo, senza più poter trattenersi, i due giovani volevano persuaderla che l’uccellatore non aveva fatto nè più nè meno del dover suo, quando, a un tratto, videro Lorenzo attraversare i campi, correndo, a salti, rovesciando i segnali, calpestando i mozziconi del granoturco e venire dritto nella direzione() della ragnaia.

      – È Lorenzo quello laggiù?

      – Sì, mi pare; corre in cerca di noi…

      – Presto, duchessina, presto! Ritorni a casa; è arrivato il padrone!

      – Il babbo, il babbo! è arrivato il babbo! – e Lalla, dopo avere abbracciato miss Dill per la contentezza, ed essersi abbandonata a un’allegrezza assai espansiva, si avviò ratto per ritornarsene a casa, avendo peraltro trovato il momento di dire piano a Sandrino: – Si ricordi la promessa.

      Maria conosceva benissimo quella passeggiata, perchè era sempre minutamente informata di tutto ciò che faceva la sua figliuola, e la circondava di una vigilanza attiva e prudente, senza lasciarla mai in balìa di sè stessa, non essendo miss Dill, per Lalla, altro che una esecutrice scrupolosa degli ordini che riceveva dalla madre. Anche per la gita al roccolo di Frascolini, la permissione l’avevan dovuta chiedere a lei, e lei l’aveva accordata, non vedendoci ragioni per doverla rifiutare. Il Frascolini vecchio era stato un famigliare del conte defunto; il Frascolini giovine era cresciuto, per dir così, nella corte e nel tinello del Palazzo: come supporre dunque che, da un momento all’altro, fra Lalla e lui potessero nascere altre relazioni fuori del profondo rispetto dall’una parte e della affabilità cortese dall’altra?

      XIV

      Le visite di Prospero Anatolio a Maria si erano fatte a mano a mano più frequenti.

      Egli si trovava in un momento di sconforto e di tristezza: di sconforto, perchè come uomo politico aveva fatto un capitombolo; di tristezza, perchè la Haute-Cour era ritornata a Parigi, dove suo marito aveva avuto un impiego importante al Ministero degli affari esteri.

      L’Onorevole di Borghignano era stato preso dalla fisima di voler creare un nuovo partito politico che dovea intitolarsi Cattolico di Sua Maestà o Conservatore, o qualche cosa di simile. In una parola era uno di quei tanti pasticci dei quali ciascuno mangia una fetta brontolando dopo che si è disgustato la bocca e lo stomaco. I moderati se ne servirono per i loro connubi durante le lotte elettorali: poi lo sconfessarono perchè era un partito anticostituzionale; e i clericali, adoperatolo come mezzo di passaggio nelle pubbliche amministrazioni, non ne vollero poi più sapere, perchè i Cattolici di S. M., riconoscevano il regno dei buzzurri. Credendo di aver innalzato un edificio, Prospero Anatolio non aveva eretto altro che un impalcato che viene demolito appena compiuta la fabbrica.

      E in quanto alla separazione del duca d’Eleda e della baronessa Renata… fu una grave, una dolorosa separazione, specialmente per il duca. Oltre la perdita della donna, Prospero Anatolio aveva tutte le consuetudini da rompere e da rifare; si trovava sbilanciato, gettato fuori dell’orbita, privo del centro di rotazione, dove la sua vanità poteva sfoggiare tutti i suoi apparati, dove egli passava ed era fatto passare per un grand’uomo, e dove le sue idee, le sue aspirazioni, i suoi gusti trovavano sempre una corrispondenza simpatica. Adesso, e a quell’età, come avrebbe potuto sostituire la Haute-Cour?… Non c’era più che sua moglie: e a tal uopo egli andava e tornava assiduo, persistente, a Santo Fiore, alleandosi quel buon don Gregorio, il quale, pover’uomo, circondato, abbindolato con ogni arte, era rimasto preso dalla diplomazia e dalla politica del duca d’Eleda, che per la prima volta, fra le tante, era riuscito ad ottenere un buon successo.

      Nulla di meno la posizione rimaneva sempre la stessa; e anche quest’ultima visita era terminata col malumore di Prospero.

      Quella sera, dopo la partenza del babbo, Lalla era nel salotto rincantucciata nella poltrona, spettinata, cogli occhi e il naso rossi, tutta avvolta nello scialle, perchè sentiva, o almeno dicea di sentire, quei brividi di freddo che corrono fra carne e pelle, dopo un pianto dirotto. Ma, mentre tutte le altre volte in simili casi usava di ritirarsi per tempo, quella sera invece ai fermò dopo il pranzo, e quando udì la nota voce di Sandro diede una scappatina in tinello, dicendo alla mamma che lo volea pregare di serbarle vivo il primo cardellino maschio che gli capitasse in ragnaia. Il cardellino, naturalmente era un pretesto; ma da ciò non è lecito supporre che l’amicizia fra i due giovani fosse in così breve tempo diventata più intima. Sandro era ancora le mille miglia lontano dall’immaginare la fortuna, o la disgrazia, che lo aspettava. Se non che da quel giorno i discorsi della signorina lo impacciavano; erano sempre pieni di frizzi, di allusioni ai suoi amori, allusioni e frizzi che lo facevano poi andare in bestia contro quella chiacchierona della Nena. Quando Lalla lo pregava di alcune commissioncelle, compere di lana, o di lapis, o di carta per il disegno, nelle gite che egli frequentemente faceva in città, o quando si tramava qualche clandestino passaggio della biblioteca circolante – basta – soggiungeva Lalla – basta che la signora Ottavia non se n’abbia a male; – oppure: – mi raccomando, non lo sappia la signora Ottavia, se no mi leva gli occhi!

      Il giovinotto restava muto, e arrossiva; ma pur si sentiva lusingato della buona opinione che Lalla aveva di lui. Quella parte di seduttore fortunato non gli spiaceva punto. Ma le cose, intanto, non progredivano; l’amicizia era stazionaria, ci voleva una qualche occasione: e poichè l’occasione non manca mai di venire, quando c’è chi la vuole, così capitò anche al Frascolini, la sera stessa che si maritò la Pierina, la sorella della Nena, l’altra figliuola di Ambrogio.

      La duchessa d’Eleda, che aveva fatto tenere a battesimo la Nena, fece anche cresimar la Pierina. Ambrogio, a Santo Fiore, s’era guadagnata una condizione intermedia fra il pensionato e il servitore. Era l’unica persona, quel vecchio, che a Maria ricordasse sua madre, la povera contessa, la quale, paurosa dei cavalli com’era, non si fidava che di lui solo, e quando usciva in carrozza, non voleva saperne d’altro cocchiere.

      Ambrogio, entrato fanciullo in palazzo, s’era ammogliato là dentro; là dentro aveva veduto crescere le sue figliuole; là dentro moriva rispettata, soccorsa, la sua compagna, e anche lui non ne sarebbe uscito che per andare a raggiungerla in camposanto. Maria, che per tutto ciò gli voleva bene, non solo aggiunse del proprio alla piccola doterella della Pierina, ma le regalò un buon corredo, e volle che la sera degli sponsali si facesse il rinfresco in una stanza del palazzo – uno stanzone grandissimo, a terreno, che metteva in giardino – e finalmente con una finezza di sentire che fece piangere il buon uomo di commozione e d’orgoglio, volle che sua figlia e miss Dill assistessero alla piccola festa.

      Dagli sposi e da Ambrogio erano stati invitati al rinfresco il sindaco con la sua signora, don Vincenzo, padre e figlio Frascolini, il medico condotto, il farmacista e la Ottavia. Tutti costoro, in certo modo, rappresentavano le autorità, la parte eletta della riunione, quantunque anche il cuoco,

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