Mater dolorosa. Gerolamo Rovetta

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Mater dolorosa - Gerolamo Rovetta

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ascoltami, cara – e Prospero Anatolio prese e strinse con tenerezza la mano di Maria, – ti supplico, interroga il tuo cuore, e dimmi se…

      – No, no! – interruppe la duchessa – il cuore… non c’entra. Raccomandiamoci invece allo spirito di tutti e due, per non essere costretti a spiegazioni che è meglio lasciare sottintese.

      – No, sei in errore, Maria; il tuo cuore e il tuo amor proprio avranno da guadagnare da una mia confessione intera e sincera.

      – Non ti comprendo.

      – Non vuoi comprendermi, piuttosto. Mi hanno accusato, mi hanno calunniato, lo capisco benissimo: mi hanno accusato, e tu mi condanni subito, alla cieca, senza volermi ascoltare, senza concedermi nessuna difesa!

      – Non ci furono nè accuse, ne calunnie… Io non ti condanno, e non so davvero che cosa tu mi debba confessare.

      Prospero Anatolio capì di essere andato troppo oltre; ma il ritirarsi era ormai impossibile.

      – Perchè dunque vuoi partire così subito e così improvvisamente?

      – Ciò riguarda me sola.

      – No, riguarda me pure. È un puntiglio, un capriccio, e voglio sapere il perchè!

      Maria alzò il capo e guardò fissamente il marito. La bonacciona timida e paurosa di Borghignano era sparita; col viso pallido, con un sorriso freddo, un po’ anche sarcastico, pareva un’altra donna. Il duca sentì un così gran cambiamento, senza poterlo spiegare; lo subì, senza volerlo riconoscere.

      – Dunque? Aspetto una risposta; – e Prospero Anatolio si sforzò per rimanere impassibile.

      – Amo Giorgio Della Valle – rispose lentamente Maria, senza tremiti nella voce, senza muover ciglio, senza arrossire. Dinanzi alla colpa, infame e ipocrita, del duca, ella si sentiva forte, si sentiva fiera del suo amore così alto, così puro. – Amo Giorgio Della Valle; e non voglio che questo affetto, il quale ha saputo vincere il mio cuore, vinca un giorno anche la mia coscienza, e voglio fuggire.

      Prospero Anatolio impallidì, ma si contenne; poi, cessato il primo sbalordimento, si persuase non esser altro che una finzione colla quale Maria voleva ottenere la propria rivincita e vendicarsi. Tuttavia, era una commedia che gli spiaceva molto.

      – Volendo risparmiarti l’incomodo di cambiar domicilio – rispose a Maria dopo un momento, – ci sarebbe un altro modo per difenderti, e… per salvarti, come dici.

      – Quale?

      – Mettere alla porta il Conte Della Valle.

      – Faresti capire a Giorgio ciò che è e dev’essere sempre un mistero per lui e per tutti.

      – Chi sa? Più fortunato degli altri, nostro cugino avrebbe potuto indovinare l’arcano.

      – No, non credo almeno – rispose con calma. Maria, senza voler notare l’insinuazione contenuta nelle parole del marito.

      Questi, arrabbiatissimo, cominciò a gridare per difendersi; ma, poichè non sapeva bene che cosa dire, se n’andò brontolando e sbattendo l’uscio con gran dispetto.

      Ritornato nel suo studio, e dopo essersi sfogato un poco, egli si mise a passeggiare su e giù, pensando al modo di levarsi d’impaccio col minor danno. Temeva poi anche, – le chiacchiere già, correvano sul fatto suo – che la partenza di Maria facesse troppo rumore e ne seguisse uno scandalo.

      – Bisogna impedire questa partenza: bisogna impedirla assolutamente.

      Ma come fare?

      Il duca aveva fatto il giro dello studio, in lungo e in largo un centinaio di volte, senza aver trovato un buon ripiego. Di tanto in tanto, a ogni nuovo pensiero che gli si affacciava alla mente, si fermava su due piedi, fissando il soffitto, e meditando; poi scrollava il capo e ricominciava a passeggiare, sempre più annuvolandosi. Così passò un’ora, un’ora e mezzo, due, quando a un tratto il suo volto si rischiarò:

      – Ah! ah! – borbottò fra sè, sorridendo: – mia moglie vuol confondermi? Per lo meno le insegnerò che sono sempre un uomo di spirito!… – Vano e leggero, il duca d’Eleda teneva di più a parere un uomo di spirito, che non ad essere un uomo onesto.

      In fretta, senza chiamare il servo, indossò il soprabito e uscì di casa.

      – Via de’ Fiesolani! palazzo Castiglione! – gridò al cocchiere montando nella prima carrozza vuota che incontrò per la strada.

      IX

      Il d’Eleda pensava di adoperare Giorgio Della Valle come intermediario ufficioso presso Maria. Giorgio sapeva già ogni cosa; dunque, confidandosi con lui, fosse amico o nemico, non arrischiava molto. Di più Maria per vendicarsi aveva finto con lui di essere innamorata ed egli con quella mossa da scaltro diplomatico rompeva la trama dell’innocente commediola.

      – Ma… e se Maria non avesse mentito? – Era questa un’ipotesi sulla quale egli non avrebbe voluto fermarsi nemmeno: un’ipotesi stupida, assurda… che per altro intorbidiva, di tanto in tanto, tutto il sereno del suo ragionare.

      – Che! che!… non è possibile; Maria non avrebbe confessato, se fosse proprio stato vero!… – Ad ogni modo, pensò che egli avrebbe capito la verità dal contegno di Giorgio, ed anche per questo lato il passo che stava per fare era molto abile. Intimamente sicuro, tuttavia un certo dubbio istintivo lo inquietava sempre; e quando poi si trovò alla presenza di Giorgio, cominciò a temere di poter scoprire un qualche indizio compromettente.

      Oh, allora guai! la sua vendetta sarebbe stata terribile!

      Al primo incontro, tanto il duca quanto il Della Valle si sentivano un po’ impacciati: Giorgio non riusciva a capire che cosa ci fosse sotto a quella visita, e Prospero Anatolio, come succede sempre a chi si trova impegnato in una risoluzione stata presa senza punto riflettere, dubitava di essersi spinto troppo oltre e, potendolo fare, sarebbe tornato indietro volentieri.

      – Sono qui – disse infine al conte Della Valle – sono qui a trovarti, perchè ho… ho gran bisogno di te.

      – Di me? – E Giorgio, notando l’aria stravolta, gli domandò se, per caso, era corsa una sfida.

      – Appunto – rispose il duca, sorridendo – ho un duello!… Accetti di essere il mio primo?

      – Volentieri, ma il tuo avversario chi è?…

      – È mia moglie. – Così dicendo il duca fissò di traverso i suoi occhietti grigiastri nel volto del giovanotto.

      – La duchessa Maria?

      – Pur troppo. – E Prospero Anatolio, vedendo che l’altro era soltanto maravigliato, cominciò a respirare più liberamente.

      – Allora accetto – rispose Giorgio, il quale aveva capito adesso che cosa doveva esserci di nuovo. – Accetto; ma confessandoti che mi riuscirebbe più facile una requisitoria contro di te, che una difesa.

      – Ti ringrazio della franchezza.

      – Che posso fare?

      – Maria mi accusa, e non vuoi saperne di ascoltare giustificazioni.

      – Ma come ha scoperto?

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