La plebe, parte III. Bersezio Vittorio

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу La plebe, parte III - Bersezio Vittorio страница 24

La plebe, parte III - Bersezio Vittorio

Скачать книгу

nella seconda parte del mio racconto.

      Colà poco prima di lei era entrato eziandio Andrea il fabbro, il povero marito di Paolina. Ma egli v'era penetrato nel modo seguente:

      Uscito dall'ospitale in cui dolorava senza cognizione di sè la misera sua moglie; uscito dall'asilo in cui erano stati accolti i suoi figli sui quali egli aveva pianto e i quali avevano pianto con lui, come se un'eterna separazione dovesse aver luogo fra loro, Andrea aveva raggiunto Marcaccio, risoluto ad ogni cosa; ed animato com'egli era tuttavia dal vino, dal dolore vivissimo, dal furore contro lo spietato Nariccia, facilmente, senza più il menomo riluttare, era stato condotto dal perfido amico là dove li attendeva Graffigna, nella bottega da rigattiere di Baciccia.

      – Caro mio, aveva detto Graffigna ad Andrea colla sua voce fessa e il tono dolcereccio, qui conviene prestarsi ad una piccola formalità: quella di lasciarvi bendar gli occhi e camminare così, tenuto per mano, un dieci minuti o un quarto d'ora, che tanto ci vuole ad arrivare all'entrata di quel luogo in cui devo introdurvi. Lo volete?

      – Voglio: rispose laconicamente Andrea coi denti stretti da quell'ira profonda che tutto l'occupava.

      Marcaccio, che non era abbastanza innanzi nella gerarchia della cocca per penetrare in Cafarnao, era partito appena aveva condotto il compagno innanzi a Graffigna.

      Questi chiuse ben bene l'uscio che metteva nella bottega del rigattiere; poi aprì un armadio e fece comparire agli occhi d'Andrea un quadro in cui una grossolana stampa di Madonna alluminata a colori i più stonati del mondo, e intorno al quadro un arazzo di seta rossa a frangie d'oro, e dinnanzi per due ganci appiccati, due candele di quelle pitturate a fogliami che si sogliono distribuire dai sacrestani ai devoti (per averne la mancia) il dì della Purificazione della Vergine.

      Graffigna con tutta la gravità e la compunzione che avrebbe potuto avere un sacrestano di professione, accese le due candele, poi trasse dinnanzi all'immagine Andrea meravigliato, levò di tasca uno stile la cui lama acuta luccicava al chiaror rossigno che mandava la fiamma delle due candele, e con accento pieno di solennità, gli disse:

      – Voi avete ancora da giurare che di quanto vi capita qui, adesso, di quanto state per fare e per vedere, in qualunque siasi circostanza, per qualunque siasi ragione o minaccia, voi non vi lascierete sfuggire parola alcuna con persona al mondo, nè anco colla più intima, e se mancate al giuramento questo ferro vi punisca nella vita presente, e Iddio vi condanni come spergiuro ai tormenti eterni nella vita futura.

      In quell'epoca dell'anno la notte viene sollecita, più sollecita ancora in quelle straduzze strette in cui s'apriva il fondaco di Baciccia, e in giornate, com'era quella, di cattivissimo tempo. La retrobottega in cui la luce del giorno non penetrava che per una finestrucola aperta in un cortiletto cui avreste detto benissimo un pozzo scavato in mezzo alle alte case, era a quell'ora già più che a mezzo nelle tenebre; e tale oscurità conferiva a fare la voluta impressione nell'anima di Andrea da tutte le precedenze già troppo disposta ad essere facilmente maneggiabile dall'arte di Graffigna.

      Andrea giurò quasi tremante, colla più sincera e ferma determinazione di non tradir mai quel giuramento; e allora il suo iniziatore, spente le candele, richiuso l'armadio, gli cinse le tempia d'un fazzoletto così bene e fortemente legato, che ci fosse stata in quella stanza anche la luce del pien meriggio, egli non avrebbe visto che notte compiuta. Poscia Graffigna lo prese per mano e gli disse:

      – Ora ci conviene ancora fare un bel tratto di cammino prima di giungere all'entrata del luogo dove ho da condurvi; datemi la mano e venite senza timore. Per ora la via è tutta piana; quando vi sarà da discendere, ve ne avvertirò.

      Lo prese per mano e lo fece avviarsi. Ad Andrea parve di andare, andare per lunga tratta, udì aprirsi e richiudersi diverse porte, e quando il suo conduttore gli disse poi: – Eccoci ora all'ingresso del nostro rifugio; – egli credeva d'essere di molto lontano da quella scura stanza di retrobottega, in cui gli avevano bendati gli occhi. Il vero era invece ch'egli non n'era punto uscito e che altro non gli si era fatto fare che dar le volte colà dentro, aprendosi e chiudendosi di quando in quando sempre la medesima porta che era quella per cui dalla retrobottega medesima si penetrava nel piccolo andito, dove un uscio accuratamente dissimulato metteva sulla scala per scendere nel sotterraneo.

      Qui Graffigna lo fece scender piano piano dopo aver accuratamente chiuso alle loro spalle l'usciolo segreto, e traverso il lungo corridoio sotterra lo condusse in Cafarnao, dove finalmente gli levò la fascia dagli occhi.

      Andrea guardò stupito intorno a sè. La luce che vi ho detto penetrare in quel luogo da certe feritoie onde si rinnovava l'aria eziandio, in quel momento per l'ora del giorno già avanzata faceva difetto del tutto: il luogo non era illuminato più che dalla lampada pendente dal mezzo della vôlta.

      – Or su, qui non c'è tempo da perdere nè da stupirsi: disse bruscamente Graffigna ad Andrea: ecco qui tutti gli strumenti che vi possono occorrere pel vostro mestiere. Qui potete lavorare con tutta tranquillità, sicuro che nessuno verrà a disturbarci il meno del mondo. Io vi aiuterò ad accendere il fuoco e tirerò il mantice. Eccovi le impronte di cera; mettetevi di buon animo all'opera e fatevi onore.

      S'erano appena messi alla bisogna, quando, come per contraddire alle parole di Graffigna, all'uscio ch'egli aveva chiuso dietro di sè (quell'uscio che per alquanti scalini metteva nella rotonda in cui facevano capo i tre sotterranei) s'udì un picchiare con un dato numero di colpi ed a certi intervalli.

      Andrea fece un trasalto e impallidì.

      – Non temete di nulla, gli disse Graffigna sorridendo, qui non ci può penetrare nemico nessuno, e quel modo di battere rivela un amico dei più intimi.

      Andò ad aprire e si trovò in faccia la Maddalena affannata dall'essere corsa con tanta sollecitudine.

      – Che cosa c'è? domandò Graffigna.

      – Il medichino è qui? di rimbalzo interrogò Maddalena.

      – No. Per che cosa siete venuta a cercarlo?

      Maddalena gli disse la ragione.

      – Collo da forca! esclamò Graffigna tutto lieto. La cosa non potrebbe andar meglio. È a me che tocca esaminare il muso di quel coso là. Il medichino me lo ha specialmente raccomandato, e mi preme farmi onore levandocelo dai piedi. Brava la mia ragazza. Voi tornate a casa vostra per la strada da cui siete venuta: io m'affretto pel corridoio al mio posto d'osservazione.

      Maddalena partì com'era arrivata, e Graffigna disse ad Andrea:

      – Io mi allontano di qui per pochi minuti soltanto, voi continuate allegramente nell'opera vostra e non abbiate timore nessuno che non tarderò a ritornare e con delle buone provvigioni per darvi forza al lavoro e passare allegramente i momenti di riposo.

      Nel partire chiuse dentro a chiave il fabbro e pel corridoio sotterraneo corse dietro l'assito della stanza riposta dell'osteria di Pelone.

      Appena ebbe posto l'occhio al bucherello per cui si vedeva entro la stanza, gli comparve innanzi la faccia sbarbata di Barnaba.

      – Buono! diss'egli fra se medesimo. Nè il nome, nè la faccia non mi scappano più.

      Stette ascoltando. Il poliziotto si offeriva d'entrare nell'associazione dei malfattori.

      – Che stupido! pensò Graffigna crollando le spalle. Ed ei si pensa che noi diam dentro in simil rete grossolana?

      Quando Barnaba fu uscito, Graffigna aperse pian piano l'usciolo nascosto nell'intavolatura, e sgusciato nel camerino, comparve poi, come vedemmo, agli occhi di Pelone

Скачать книгу