La plebe, parte III. Bersezio Vittorio

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La plebe, parte III - Bersezio Vittorio

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dall'una parte e dall'altra, che vai coi santi in chiesa e coi ghiottoni all'osteria…

      – Ho capito: disse vivacemente Pelone agitando la testa dall'alto in basso come un bamboccio chinese: ho capito perfettamente ciò che mi volete.

      – Benone! Che sì che l'intelligenza ti si è svegliata in buon punto!

      – Ma quello che voi volete, è impossibile, perchè nell'apprezzare la mia condotta voi mi calunniate stranamente. Io protesto e riprotesto che con quei tristi arnesi a cui voi fate allusione, non ho relazione di sorta.

      – Eh via! vuoi tu pigliarmi per uno sciocco? Sai che da lungo tempo ti conosco.

      Pelone fece un movimento.

      – Tu dubiti della sincerità delle mie parole, riprese Barnaba con vivacità. Hai ragione. Farei lo stesso anch'io nei panni tuoi; certo dubiteranno ancora più di te quelli a cui comunicherai le mie proposte…

      – Ma io non comunicherò nulla a nessuno, interruppe l'oste agitando la mano e il capo in una mossa protestatrice, perchè io non conosco nessuno, perchè io non so nulla di codesti affari.

      Barnaba continuò come se la interruzione non avesse avuto luogo.

      – Di' loro, a quei cotali, che io sono pronto, quando vogliano, a dar prove tali della mia buona fede, innanzi a cui ogni dubbio ed ogni sospetto deve sparire.

      – Vi ripeto…

      – Siamo intesi… Ti lascio tempo a pensare alle mie parole, a deciderti e fare la mia commissione… Questa sera sul tardi passerò di qua, come al solito Sarà assai bene per te se mi potrai già fare una risposta; e meglio ancora se quella risposta sarà secondo il mio desiderio…

      – Impossibile, impossibile, caro sor Barnaba, perchè proprio, in coscienza, in santa e vera verità io con quella gente non…

      – Che se tu non vuoi fare a mio talento in codesto, sappi che non mi mancheranno altri modi per giungere al mio scopo, che so già fin d'ora quali altre strade aprirmi per arrivarci, e che a te la falò pagare ad ogni costo.

      – Ma…

      – Ora basta… Andiamo di là che ho due parole da dire alla tua Maddalena…

      Nella stanzaccia non c'era che Meo, il quale tirava dei sospironi grossi, curvo sopra il braciere.

      – E Maddalena? domandò Barnaba. È forse costì sotto?

      Meo scosse la testa coll'aria addolorata d'un uomo che ha mal di denti.

      – No.

      – Dov'è?

      – Fuori.

      Pelone finse una gran collera.

      – Sempre così quella sgualdrina d'una sgualdrina, pettegola, che Dio le mandi un accidente… Appena io ho voltato le spalle, la mi sguscia via per andare a chiaccolare… e far peggio.

      Meo trasse un sospiro più forte di tutti i precedenti.

      – L'aspetterò un momento: disse Barnaba. Frattanto che aspetto, tu, bel giovane, vai dal tabaccaio e mi compri un paio di sigari; tò un da quattro soldi.

      Il giovinastro si alzò a malincuore, prese la moneta ed uscì con evidentissima mala voglia.

      Barnaba stette ancora pochi minuti e poi fece l'atto d'un uomo che si ricorda di colpo d'una cosa cui aveva obliato. Guardò il suo oriuolo e disse:

      – Per bacco! Non pensavo più che avevo un affare a cui provvedere proprio adesso. Conviene ch'io vada. Parlerò altra volta a Maddalena.

      S'avviò all'uscio.

      – E Meo coi sigari? domandò Pelone.

      – Lo incontrerò per via, e se non l'incontro, mi terrete voi i sigari in disparte e serviranno per un'altra volta.

      Quello di mandar Meo in commissione era stato uno spediente immaginato da Barnaba per aver modo di poter dire due parole a quello scimunito senza che le udisse il padrone nè Maddalena, i quali vegliavano con molta cura su di lui. Uscendo dall'osteria prima che Meo fosse rientrato e fermandolo per la strada, Barnaba sarebbe pur finalmente riuscito a ciò per cui dopo il colloquio col Commissario aveva pensato di venire a quella taverna.

      Ma mentre egli stava per partirsene, ecco soprarrivare correndo la Maddalena. Entrò coll'impeto d'una bomba, si tolse di capo un fazzolettino con cui aveva riparato le sue chiome dalla neve e si scosse dalle spalle e dalle braccia quella che vi era caduta su.

      – Dove sei stata? donde vieni disgraziatella che… Dio ti benedica! le disse Pelone a cui la debolezza dalla voce non consenti di gridare.

      – Vengo da fare una commissione, oh bella! rispose la giovane correndo di nuovo innanzi allo specchietto a raggiustarsi i capelli.

      – C'è qui il signor Barnaba che ti vuol parlare…

      Maddalena s'interruppe nella sua opera d'acconciatura, si volse a mezzo della persona sulle sue anche bene sviluppate e guardando con istupore il poliziotto si mise una mano sul seno per additarsi e disse meravigliata.

      – A me?

      – Si, Maddalena; e di cose che molto v'interessano e per cui mi sarete riconoscente, ne sono sicuro.

      La ragazza fece spalluccie ed allungò il labbro inferiore in una smorfietta che significava:

      – Non so a niun modo che cosa possiate dirmi voi che abbia alcun interesse per me.

      – Ma ora, continuava Barnaba, non ho più il tempo. Verrò stassera: ed allora vi toglierò per dieci minuti ai vostri soliti adoratori.

      Maddalena fece un cenno d'acconsentimento indifferente, e Barnaba uscì.

      – Se crede trarmi nelle sue panie quel pocaccorto li; disse la giovane guardando con ischerno dietro il poliziotto che partiva; e' la sbaglia di grosso.

      Pelone si fece accosto accosto alla giovane e le disse con voce tanto sommessa che non era più che un soffio:

      – Dove sei tu andata cara figliuola?.. (che il diavolo la porti): soggiunse fra le gengive.

      Maddalena volse verso il padrone il suo muso impertinente.

      – Dove? diss'ella… To': ecco là qualcheduno che ve lo dirà per bene.

      L'oste si voltò a quella parte che Maddalena gli additava. L'uscio a vetri dello stanzino s'era socchiuso senza rumore di sorta, e frammezzo alla apertura compariva la faccia da faina di Graffigna che faceva cenno a Pelone andasse a parlargli.

      Maddalena era corsa con tutta la possibile velocità alla bottega del Baciccia, e colà aveva domandato la si lasciasse introdursi nel sotterraneo dove aveva roba di gran premura da fare e dire, e dove per quel momento non si poteva penetrare dalla taverna.

      Baciccia che conosceva le strette ed intime attinenze che passavano fra costei e il capo della cocca, non fece la menoma difficoltà per lasciarla penetrare dal segretissimo usciuolo nell'andito che sotto il suolo del cortile e le fondamenta delle case conduceva nel cosidetto Cafarnao: e dieci minuti dopo essersi

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