Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele
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Azzardannu 'na jurnata
Visitari li murtali,
Virità fu sfazzunata;
Ristau nuda a lu spitali.
Sta minsogna saracina
Cu sta giubba mala misa,
Trova a cui pri concubina
L'accarizza, adorna, e spisa. ec.
Pur la impostura del Vella diè occasione a buoni studii. Monsignor Alfonso Airoldi, arcivescovo d'Eraclea, nobil uomo, erudito, magnifico, potente, come Giudice ch'egli era della Monarchia di Sicilia, ossia Legato del papa a dispetto del papa, accintosi ad aiutare il Vella pria che questi si scoprisse con la frode politica del Consiglio d'Egitto, fece venire a sue spese caratteri arabici dall'officina bodoniana di Milano; comperò libri; porse danaro del suo; fece istituire in Palermo la cattedra di arabico; fece decretare dal governo la provvisione di mille once all'anno, o vogliam dire 12,500 lire italiane, per una missione in Affrica in traccia di manoscritti, la quale poi non mandossi ad effetto. Di più l'Airoldi scrisse una bella prefazione, ch'è stampata nel primo volume del Consiglio di Sicilia, nella quale si additano tutte le fonti della storia dei Musulmani Siciliani conosciute a quel tempo.8 Infine ei fece una buona collezione di monete, vetri e corniole incise, d'oltre un centinaio, delle quali monete circa 70 arabiche e il resto greche, romane e dei bassi tempi; coordinate poscia e interpretate in parte dal Morso, come ritraggo da una lettera di costui del 1828. L'arcivescovo d'Eraclea legò questo medagliere e molti libri al nipote Cesare Airoldi, già presidente della Camera dei Comuni di Sicilia; il quale ha donato l'uno e gli altri alla Biblioteca Comunale di Palermo.
Per zelo di smascherare il Vella, Rosario Di Gregorio da Palermo (1753-1809), pubblicista di gran fama, si metteva a studiar l'arabico dassè solo, con la grammatica d'Erpenio e il dizionario di Golio, e a capo di tre anni dava fuori un ottimo saggio di Cronografia musulmana, corredato di parecchi diplomi in arabico;9 a capo d'altri quattro anni (1790) la raccolta di croniche e ricordi arabici d'ogni maniera relativi alla Sicilia, testi e versioni, la quale ha per titolo: Rerum Arabicarum, quæ ad historiam Siculam spectant, ampla Collectio. Sia notato ad onor della Sicilia, che quest'opera uscì contemporaneamente al falso codice diplomatico. Oltre gli squarci ristampati, contiene d'inedito: il Nowairi; una vasta raccolta di iscrizioni con bei rami; e qualche brano di diploma. Secondo i tempi e le condizioni in cui fu compilata, la dobbiam riconoscere maraviglioso sforzo d'ingegno e di volontà: ma la confesseremo anco opera imperfetta; poichè il Di Gregorio non arrivò mai, nè uomo il potea nelle sue condizioni, a legger francamente due righi di manoscritto arabico, a penetrarsi delle forme grammaticali, a rendersi familiari i modi di dire, com'oggi si fa nelle scuole d'Alemagna e di Francia dopo un anno di studio. Salvatore Morso da Palermo (1766-1828), successore del Vella nella cattedra d'arabico, seppe quest'idioma un po' meglio che il Di Gregorio; lavorò su la diplomatica, la epigrafia e la numismatica degli Arabi Siciliani; e lasciò, oltre parecchi manoscritti, l'opera pubblicata (1824 e 1827) col titolo di Palermo antico (sic): ov'egli abbozzò una descrizione della città nel XII secolo, e inserivvi curiosi documenti; ma parmi abbia sbagliato la pianta topografica.
Ripigliavano in questo tempo i Siciliani l'impresa di scrivere la storia, della quale si credean ormai raccolti tutti i materiali. Saverio Scrofani da Modica (morto il 1835) la trattò leggermente, nei Discorsi su la Dominazione degli Stranieri in Sicilia (Parigi 1824). Pietro Lanza da Palermo principe di Scordia e in oggi di Butera, ne fece argomento di una prolusione accademica recitata il 1832: lavoro giovanile, breve per sua natura e pur più sodo assai che quello del provetto Scrofani. Carmelo Martorana da Palermo diè fuori nel medesimo tempo le Notizie storiche dei Saraceni Siciliani, che dovean far quattro libri e altrettanti volumi, ma ne son usciti due soli (Palermo 1832-1833). Oltre il Rerum Arabicarum, egli adoprò i trattati di storia ed erudizione orientale pubblicati in Italia e fuori infino al 1830: dettò una compilazione posata, fornita di nozioni su la società musulmana, condotta per lo più con buona critica: ma non parmi che salga alla dignità della storia; oltrechè vi mancano di quelle stesse notizie che si poteano raccogliere in Sicilia, se all'autore non parea superfluo d'apprender l'arabico.
Da quel tempo in poi, quel poco che si è fatto in Sicilia e altre province italiane è stato nei rami sussidiarii alla storia; se non voglia eccettuarsi il brevissimo compendio di Davidde Bertolotti, intitolato Gli Arabi in Italia, Torino 1834. Il signor Mortillaro da Palermo, discepolo del Morso, ha pubblicato un brano di diploma,10 parecchie iscrizioni di vasi e suggelli, una lista dei MSS. arabici che sono in Sicilia, ed alcuni elementi di lingua arabica e di storia musulmana ec.: un intero volume, nel quale trovo da lodar solo i rami delle iscrizioni che sono ben fatti, e il saggio d'un catalogo delle monete e vetri arabici fabbricati in Sicilia.11 Mi occorrerà forse di correggere qua e là qualche errore del signor Mortillaro, di quei soli che recherebbero torto alla verità storica; non dovendosi appuntare tutti gli altri nelle opere di chi non ha avuto comodo di bene studiar quella lingua. E il farò a malincuore, perchè mi annoiano mortalmente i pettegolezzi letterarii, e perchè temo che la critica non si apponga a nimistà. Ma, qualunque sia l'animo mio verso l'autore, io tengo che la condotta politica d'un uomo non abbia nulla di comune col merito dei suoi studii; e sarei il primo ad applaudir come scrittore tale o tal altro che punirei come cittadino con tutta la severità delle leggi, se mai le vicende mi chiamassero nuovamente alla esecuzione delle leggi. Così, scrivendo poc'anzi del Martorana, io rivoluzionario impenitente del 1848, dimenticava ch'ei fu allora Prefetto di Polizia in Palermo e che imprigionò gli amici miei. Tornando all'argomento, mi rimane a dir di Giuseppe Caruso, attuale professore di arabico in Palermo, il quale ha pubblicato non male tre diplomi arabici, studiati già da Tardia, Di Gregorio e Morso, che ne sapeano poco più o poco men di lui.12 Infine dobbiamo a Domenico Spinelli da Napoli un'opera numismatica che risguarda indirettamente le colonie musulmane di Sicilia.13
Gli ultimi saggi storici su quelle colonie, son opera di stranieri e li ha promosso l'Istituto di Francia. A misura che si approfondivano le vicende dell'incivilimento europeo, si vedea di quale momento vi fossero stati i Musulmani di Sicilia. L'Accademia, dunque, delle Iscrizioni proponea per l'anno 1833 un premio a chi presentasse il miglior saggio storico su le incursioni e dominazioni dei Musulmani in Italia.14 Il premio, differito più volte, fu accordato, l'anno 1838, a M. Des Noyers, bibliotecario al Museo di Storia Naturale di Parigi, in merito di un prospetto, che si stampò a pochi esemplari, nel quale l'autore tratteggiò quei conquisti con le cagioni e conseguenze loro, e diè il disegno e fin la tavola dei capitoli di un'opera da dividersi in due parti; cioè racconto storico e influenza della Sicilia musulmana nei varii rami di civiltà. Ei non compilò l'opera, nè so se l'abbia or fatto; ma di certo non l'ha pubblicato. Non conoscendo l'arabico, M. Des Noyers dovette star contento ai materiali tradotti; ai quali s'aggiunse in quel tempo il
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Veggansi: Scinà,
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Nel
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Due nella
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Ecco la tesi dell'Accademia: