Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele
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Da tal classe di materiali ho dovuto rigettare due notizie date dal Mortillaro. L'una risguarda Abi-Kanom (sic) ben Mohammed ben Osman segestano, autore del Kitabo-l-Nachli ossia Libro delle palme, MS. dell'anno 1004 dell'era cristiana, posseduto dal Monastero di San Martino presso Palermo.18 Tal titolo e nome van corretti Kitâb-el-Nahl wal-'Asl, (Trattato delle api e del miele) di Abu-Hâtim-Sahl-ibn-Mohammed del Segestân;19 chè di quella provincia di Persia si tratta e non di Segesta in Sicilia, distrutta molti secoli innanzi il conquisto musulmano. Perciò si tolga dal novero degli scrittori Arabi Siciliani questo Segestano postovi da alcun compilatore di Giornale di Scienze e Lettere, che un tempo si pubblicava in Palermo sotto gli auspicii della Polizia e la direzione del Mortillaro.20 Va eliminato al pari un Hâmid-ibn-Ali, che il Mortillaro suppose siciliano, senza per altro affermarlo, nella illustrazione di un bell'astrolabio in ottone che v'ha in Palermo,21 delineato il 343 dell'egira (954-955) dal detto Hâmid, e, com'io credo, copiato sul metallo qualche secolo appresso,22 per uso d'un personaggio, il cui nome va letto Scerf-ed-dîn-Ahmed-ibn-Mongiâ-ibn-Nâgi-ibn-Mohammed, della tribù di Sa'd, nato o dimorante in Zenkelûn, terra in Egitto.23 Il nome dell'autore va bene, e anco il tempo in cui visse; poichè l'astronomo Ibn-Iunis, che morì il 1008, cita appunto tra i più celebri costruttori di astrolabii questo Hâmid-ibn-Ali, da Wâset, aggiugne egli, e così toglie luogo ad ogni contesa su la patria.24
Raccolti e studiati i materiali, senza rimorso di lasciarne addietro che fossero di momento, ho scritto la Storia, scopo di quelle mie ricerche. E comincio a pubblicarla prima della Biblioteca Arabo-Sicula, sì che ne presento adesso il primo volume, e gli altri due intendo stamparli a un tempo con quella raccolta. Ho cavato i fatti, in primo luogo dai settanta scrittori arabi, inediti la più parte, che compongono la Biblioteca; i nomi dei quali, accompagnati di cenni biografici e bibliografici, si leggeranno nella seconda parte della Tavola Analitica in fin di questa Introduzione. Indi il lettore potrà giudicare delle autorità che si citano in tutto il corso dell'opera. Primeggian tra quelle il Riadh-en-Nofûs, la Cronica di Cambridge, Imâd-ed-dîn, Ibn-el-Athîr, il Baiân, Nowairi, Ibn-Khaldûn, Tigiani, Ibn-Haukal, Edrisi, Ibn-Giobair. Dei settanta poi, qual mi ha fornito un centinaio di pagine, qual due o tre righi, qual fatti nuovi e importanti, e qual noiose ripetizioni o racconti che mal reggono alla critica. Pochi contengono tradizioni primitive; sendo perdute le migliori croniche musulmane della Sicilia, e non rimanendone che i nomi di dieci autori ch'ho noverato nella prima parte della Tavola. Pur l'uso degli annalisti arabi a copiare le croniche troncandole qua e là, anzi che rimpastare i fatti nel proprio stile, ci ha conservato in parte le prime scritture. In generale le croniche e annali arabi sono diligenti nelle date; accennano i fatti anzi che narrarli; difettan di critica; non raccontano nè cagioni nè conseguenze nè gli episodii, in cui si vegga l'indole, le fattezze e le passioni degli attori. Fa eccezione a questo qualche biografia. Lavorando su elementi di tal fatta, chi voglia scrivere la storia com'oggi la s'intende, è trattenuto ad ogni passo, costretto a indovinare, a far supposizioni, a mettere in forse, e sovente è strascinato ad imitare l'andatura monotona degli originali. Per buona sorte, la tendenza del secol nostro ai lavori storici ha fatto pubblicare, da una trentina d'anni a questa parte, molti testi, versioni e dotti comenti, mercè i quali si comprendono ormai pienamente gli ordini politici, le leggi civili, penali e di culto, l'indole delle sètte religiose, le vicende delle scienze e lettere, tutti in somma i fatti generali della Storia dei Musulmani: e ciò supplisce a molte lacune degli annali. Fra coteste opere sol ricorderò l'Ahkâm-Sultanîa di Mawerdi, trattato fondamentale di dritto pubblico, da me studiato sopra un MS. di Parigi, ed or meglio assai su la edizione che ne diè l'anno scorso il dottor Enger a Bonn. Altri lumi ho cavato dai MSS. parigini di Ibn-abd-Rabbih, Ibn-Kutîa, Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn, ec.
Degli scrittori bizantini e latini sarebbe superfluo a presentare una tavola analitica. Tra i primi, ho preferito sempre gli originali ai copisti; e però la Continuazione di Teofane, che ci accompagna per gran tratto di queste istorie, al Cedreno, seguíto da alcuni moderni non so per quale predilezione. Quasi sempre ho adoperato, come più recenti, le edizioni di Bonn. Oltre gli autori ch'ebbero alle mani il Martorana e il Wenrich, è adesso di ragion pubblica il libro di Eustatio, arcivescovo di Tessalonica, su la espugnazione di quella città per le armi siciliane nel 1185; dove si ritrovano particolari prima ignoti, e alcuni toccano i Musulmani che rimaneano in Sicilia. Quanto agli scrittori latini usciti in luce dopo il Muratori, ho cavato partito dalle croniche: di Giovanni Diacono di Venezia, pubblicata da Zanetti e indi nel Pertz; del monaco Amato che tanto rischiara i fatti del conquisto normanno, data dallo Champollion; di Benedetto monaco di Sant'Andrea, nel Pertz; di Marangone, nell'Archivio Storico Italiano; e dalla poesia latina su la impresa de' Pisani e Genovesi a Mehdîa nel 1088, per la quale mi son servito della edizione di M. Du Méril. Ho rigettato, per esserne evidente la falsità, i Chronici Neapolitani Fragmenta; il Chronicon Arnulphi monachi; e le interpolazioni alla Cronica della Cava: tutte fatture di Francesco Pratilli, erudito napoletano del secol passato, appigliatosi a tal tristo espediente, per ticchio di gareggiar col Muratori. Alcune agiografie greche e latine, vagliate con giusta diffidenza, mi han pure fornito fatti degni di fede: tali, tra le greche, la Vita di San Giovanni Damasceno; quella di Sant'Ignazio patriarca di Costantinopoli; quella di San Nilo il Giovane; e gli squarci di quella di San Niceforo vescovo di Mileto pubblicati da M. Hase nelle note a Giovanni Diacono Caloense; tali i testi o versioni in latino che si trovano nel Gaetani, delle quali la raccolta dei Bollandisti offre talvolta i testi greci, e sempre dà qualche correzione. I diplomi greci e latini di Sicilia mi hanno aiutato sopratutto allo studio dei nomi topografici, ch'era necessario per conoscere le città o villaggi dell'XI e XII secolo, i quali alla cacciata dei Musulmani rimasero in parte abbandonati, con immenso danno dell'agricoltura Siciliana, non riparato dopo sette secoli. Oltre le collezioni di Pirri, De Grossis, Lello, Mongitore, ec., ho cavato quei documenti dai tabularii stampati di alcune chiese, dal Giornale Ecclesiastico di Sicilia, e dalla Historia Diplomatica Friderici Secundi Romanorum imperatoris, della quale son già usciti cinque volumi, a cura di M. Huillard-Breholles e spesa del duca di Luynes. Infine ho tratto alcuni ragguagli di Storia letteraria dai MSS. latini della Biblioteca imperiale di Parigi Ni. 7310, 7281, 7406, e Fonds Saint-Germain 1450. Il primo dei quali, studiato un tempo dall'Humboldt,25 è versione dell'Ottica di Tolomeo, fatta, sopra una versione arabica, da Eugenio ammiraglio del reame di Sicilia; il quale altresì tradusse dal greco le profezie dette della Sibilla Eritrea, di cui v'ha tre MSS. a Parigi. I citati MSS. 7281 e 7406 sono compilazione latina di un Giovanni di Sicilia su le notissime tavole astronomiche, dette Alfonsine, del giudeo Arzachele da Toledo. Allo stesso Giovanni di Sicilia, o altro di tal nome, appartiene il MS. 1450 Saint-Germain, ch'è trattato di rettorica.
Lo argomento e divisione cronologica del presente lavoro è esposto a capo del primo libro. Cotesto disegno non coincide con quello dell'Accademia delle Iscrizioni, seguíto dal Wenrich. Da una mano io ho voluto ristringere il campo alla Sicilia. Le guerre dei Musulmani in Italia dal VII al XII secolo fanno due ordini di avvenimenti, dei quali il primo dà argomento a Storia particolare, l'altro no; anzi questo non si potrebbe accoppiar
18
Mortillaro,
19
Hagi-Khalfa, ediz. di Fluëgel, tomo V, p. 163, nº 10, 568.
20
21
Mortillaro,
22
Il titolo di Scerf-ed-dîn non era punto in uso nel X e XI secolo; e però la copia sull'ottone va riferita al XII o XIII. Inoltre questo Scerf-ed-dîn non fu al certo principe, ma qualche dotto.
23
Veggasi questo nome etnico nel
24
25
Veggasi il