Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele

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Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - Amari Michele

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d'Aboulfeda, Introduction, p. LXXXII, seg.

      VII. Cronica di Cambridge. Lascio questo titolo al Kitâb Târîkh Gezîra Sikillîa ec. (Libro della Cronica dell'isola di Sicilia ec.), che possiede la Biblioteca dell'Università di Cambridge, della stessa carta e scrittura, e legato nel medesimo volume degli Annali di Eutichio, patriarca d'Alessandria. Il MS., secondo il giudizio che me ne dava il dotto professore Samuel Lee, fu copiato dalla stessa mano di una versione arabica del Vangelo che porta la data del 1272 e si conserva anche nella Biblioteca di Cambridge. Erpenio, che aveva posseduto questa cronica, vi scrisse in piè 1613, Desunt hic quinque vel sex lineæ; onde si argomenta che possano mancarvi uno o due anni di racconto.

      La Cronica di Cambridge, accennata dal siciliano Martino La Farina, poi dall'inglese Guglielmo Cave, fu ricercata su quegli indizii da Giambattista Caruso; il quale ottenne, per mezzo del sig. Tommaso Hobwart, una copia del testo e una buona versione latina. Testo e versione furono pubblicati nella raccolta del Caruso, stampandosi a Roma e ritoccandoli l'Assemani e il Fontanini: indi il Di Gregorio li diè di nuovo nel Rerum Arabicarum. Nel 1845 io andava apposta a Cambridge per confrontare questa ultima edizione col MS., ma nol rinveniva, non ostante che si affaticasse meco il signore J. Power, il quale, eletto a bibliotecario pochi mesi innanzi, avea trovato in disordine i MSS. Orientali. Dopo la mia partenza di Cambridge, questo erudito e gentile uomo, venuto a capo della ricerca, si diè la premura di mandarmi il confronto, fatto dal Lee, dal signor Pharos di Siria, e da lui medesimo: a che aggiunse una esatta descrizione del Codice; mentre un'altra me ne facea pervenire il Lee. Con aiuti sì fatti, ho potuto correggere alcune mende delle edizioni precedenti; e sopratutto metter da canto le correzioni che si eran fatte su le sgrammaticature dell'originale; per lo più scambii tra il caso retto e l'obbliquo; i quali errori trovandosi nella nostra Cronica e non già negli Annali d'Eutichio, copiati dalla medesima persona, si debbon riferire all'autor della Cronica.

      L'autore, creduto dapprima Eutichio stesso, e poi Ascanagio o Senhagi del quale dissi di sopra, fu senza dubbio siciliano, e di linguaggio greco, come avvisò il Di Gregorio52; o piuttosto il direi di schiatta latina. A quella dei dominatori non appartenea di certo. Ei segue l'era costantinopolitana, ch'era in uso appo i Cristiani di Sicilia; ma invece dello stile ampolloso e sforzato dei Bizantini, scrive con la rozza semplicità dei cronisti d'Italia e d'altre parti d'Occidente: sì che mi par proprio qualche liberto cristiano o qualche monaco di Palermo che pensasse latino o italiano, e dettasse, o forse traducesse, in quello arabico volgare ch'ei sapeva, per far cosa grata a qualche emir di Sicilia di casa kelbita. Il racconto corre dall'827 al 964, con le solite proporzioni dei cronisti; sottile cioè in cima e largo alla base; mere note cronologiche pei tempi lontani, e narrazioni più o men particolareggiate a misura che si avvicina l'età dell'autore. Pertanto mi par quasi certo che la Cronica di Cambridge fosse stata scritta verso la fine del X secolo: e la rimarrà sempre uno dei più preziosi documenti della Sicilia Musulmana.

      VIII. Il Kitâb Hiat Ascikâl el-Erdh, MS. di Parigi, Ancien Fonds 582, copiato il 1445 in bellissimi caratteri, è anco anonima compilazione, della fin del X secolo; o piuttosto copia di Istakhri, con qualche squarcio di Ibn-Haukal, e interpolazioni di notizie del XII secolo, come crede M. Reinaud. Nel capitolo, in fatti, della Sicilia, ch'io ho tolto da questo MS., si nota un giudizio su l'indole dei Palermitani, diametralmente opposto a quel sì severo che ne avea dato Ibn-Haukal: e ciò ben si adatterebbe alle condizioni della città sotto re Ruggiero. Veggasi su questa compilazione, Reinaud, Géographie da Aboulfeda, Introduction, p. LXXXVI.

      IX. 'Arîb, autore d'un compendio di Tabari, con aggiunte che sono importantissime per la Storia d'Affrica e di Sicilia, dal 290 al 320 dell'egira (903 a 932). Secondo il professor Dozy, introduzione al Baiân, tom. II, pag. 31, costui scrisse tra il 973 e il 976; opinione che so contrastata dal dottor Weil bibliotecario a Gotha, scrittor della vita di Maometto e della Storia dei califi; e altresì dal baron De Slane, Histoire des Berbères par Ibn Khaldoun, tomo I, p. 261, il quale suppon l'autore identico a un 'Arîb-ibn-Mohammed, o Ibn-Homeidi, spagnuolo morto il 1097. Senza entrar nella lite, io noterò solo che l'andamento della cronica la fa supporre scritta non guari dopo gli avvenimenti che narra, e però nel X secolo. Ve n'ha un MS. nella Biblioteca ducale di Sassonia-Gotha, del quale il dottor Nicholson pubblicò la versione inglese intitolata An Account of the establishment of the Fatemite Dynasty in Africa. Il dotto signor Weil mi ha cortesemente copiato il testo dei paragrafi risguardanti la Sicilia; che poi sono stati stampati dal Dozy nel Baiân.

      X. Iahîa-ibn-Sa'îd, continuatore degli Annali di Eutichio, visse verso il medesimo tempo. L'opera di lui, che corre dal 938 al 1026, si trova nel bel MS. della Biblioteca di Parigi, Ancien Fonds 131 A. Contiene importanti ragguagli su i Fatemiti d'Egitto; qualche notizia su i Bizantini; e pochissimi righi su l'argomento nostro.

      XI. Il Riâdh-en-Nofûs (Giardino degli animi), compilato da Abu-Bekr-Abd-Allah-ibn-Mohammed-el-Maleki, è raccolta di biografie e notizie storiche dell'Affrica dai principii del conquisto musulmano fino al 963. Manoscritto unico in Europa; posseduto dalla Biblioteca di Parigi, Ancien Fonds 752: un vol. in-fog., mutilo in fine, di mediocre scrittura, con pochi punti diacritici e malagevole a deciferare; copiato il 1326 su due esemplari, l'uno del 1149 e l'altro del 120453 e racconciato, e forse legato di nuovo, il 1640, come vi si legge in una postilla assai moderna54. Dell'autore non ho potuto trovar notizie; nè anco par n'abbia avuto Hagi-Khalfa, poichè nota il titolo del libro e il nome dell'autore, lasciando in bianco l'anno della costui morte55. Parmi dettato alla fine del X o al principio dell'XI secolo al più tardi: poichè l'autore non cita giammai Ibn-Rekîk nè altri scrittori dalla metà del X secolo in poi, e all'incontro riferisce un fatto per tradizione orale di un Asdani, che lo sapea dal figliuolo di Abu-l-Arab, al quale lo avea detto Abu-l-Arab stesso, che morì il 94456. Aggiugnendo a questa data tre generazioni a ragion di 25 anni per ciascuna, si arriva poc'oltre il mille. Debbo avvertire che in altro luogo si dice la Sicilia in potere dei Cristiani57; il che ci condurrebbe un secolo più giù; ma può essere postilla del copista del 1140 inserita nel testo da chi lo trascrisse; come si vede sovente nei codici.

      Il gran pregio del Riâdh è che inserisce, per lo più, squarci di biografi contemporanei agli avvenimenti; a moltissimi di Abu-l-Arab, or or citato, autore delle Tabakât-Ifrikîa, o vogliam dire Biografie classificate di illustri affricani58, il cui nome intero è Mohammed-ibn-Ahmed-ibn-Temîm; parente di casa aghlabita; uomo eruditissimo e d'alto stato: sì che fu dei capi della rivoluzione del popolo di Kairewân contro il secondo califo fatemita. Tra i biografi i cui frammenti leggonsi nel Riâdh, ve n'ha uno siciliano; e di parecchi siciliani vi si danno le biografie: onde questo libro, sendo pieno di aneddoti, ci svela meglio le fattezze della colonia musulmana di Sicilia, le opinioni, le bizzarrie, le passioni predominanti, le usanze; la vita interiore, com'oggi si dice. La storia poi dei Musulmani d'Affrica non si potrà scriver degnamente, se non si intraprenderà prima l'arduo lavoro di pubblicare e tradurre tutto il Riâdh-en-Nofûs.

      XII. Khodhâ'i (Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-Selâma-ibn-Hedher), morto il 1062, dettò una storia generale, che può passare per buona cronica dei Fatemiti d'Egitto. Si addimanda 'Oiûn el-Me'ârif etc., ovvero Tarîkh el-Khodhâ'i (Fonti di cognizioni e varii ragguagli dei califi), ovvero Cronica di quel della tribù di Khodhâ'59. La Biblioteca di Parigi ne ha un MS., Ancien Fonds 761, dal quale ho cavato due righi sul liberto siciliano Giawher, che conquistò l'Egitto ai Fatemiti.

      XIII. Ibn-'Awwâm (Abn-Zakarîa-Iahîa-ibn-Mohammed-ibn-Ahmed) da Siviglia, verso la metà dell'XI secolo, scrisse una bella opera intitolata Kitâb et-Felâh (Libro dell'agricoltura), che è stata pubblicata con versione spagnuola dal Banqueri

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<p>52</p>

Veggansi le prefazioni del Caruso e del Di Gregorio nel Rerum Arabicarum, p. 33 a 39. Il Wenrich. Commentarii, Introductio, § IX, p. 14 e 15, replicò le conchiusioni del Di Gregorio senz'altro.

<p>53</p>

Fog. 83 recto dal MS., che dovrebbe essere in fin del volume e si trova verso la metà, sendo stati trasposti i fogli nella legatura.

<p>54</p>

Si legge in arabico, in foglio di altro sesto, messo tra il 75 e il 76 del MS. Vi si aggiunge in italiano: è scritto questo libro doppo mille e cinquecento anni; grossolana impostura, perchè tornerebbe al VI secolo dell'era cristiana.

<p>55</p>

Ediz. di Finegel, tomo III, p. 521. Non trovo nè anco la data nei MSS. di Hagi Khalfa della Bibl. di Parigi.

<p>56</p>

MS. fog. 5 recto.

<p>57</p>

MS. fog. 28 recto.

<p>58</p>

Fa cenno di quest'opera Ibn-Abbâr, MS. dalla Società Asiatica di Parigi, fog. 14 recto.

<p>59</p>

Hagi-Khalfa, ediz. Fluegel, tomo IV, p. 293, nº 8,486, e tomo II, p. 142, nº 2,280.