Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele

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Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - Amari Michele

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Merlo, Domenico Peranni, il marchese Ruffo, il duca di Sammartino, il principe di Scordia, il conte di Siracusa, Mariano Stabile, il signor Troysi, e quegli che primo mi avea confortato agli studii storici tanti anni innanzi, il carissimo mio Salvatore Vigo; i nomi dei quali ho messo per ordine alfabetico. Non tutti fornirono la stessa somma di danaro: poichè chi pagò in una volta tutte le cinque quote di ogni messa, le quali si doveano fornire successivamente; e chi fu richiesto d'una o due quote, e non fu sollecitato per le altre: i particolari del qual conto van trattati tra me e i soscrittori, e al pubblico non ne debbo dir altro che il beneficio e la gratitudine mia. Mutato alla fin del 1846 il disegno della pubblicazione, e intrapresa questa dall'editore signor Le Monnier, io non ho altrimenti usato, d'allora a questa parte, il comodo che mi aveano offerto sì liberalmente i soscrittori.

      Parigi, luglio 1854.

      TAVOLA ANALITICA DELLE SORGENTI ARABICHE DELLA STORIA DI SICILIA

       PARTE PRIMA. – OPERE PERDUTE

      I. Ibn-Katâ' (Abu-'l-Kasem-Ali-ibn-Gia'far-ibn-Ali, detto Ibn-Katâ') discendente della regia schiatta aghlabita, nacque in Sicilia il 433 (1041-1042); uscì dopo il conquisto normanno, e morì in Egitto il 515 (1121-1122). Di questo sommo filologo darò, a suo luogo, la biografia. Tra le molte opere ch'ei scrisse, era un Târîkh-Sikillîa (Cronica di Sicilia) ricordato da Soiûti26 e da Hagi-Khalfa27. Nessuno annalista par che abbia letto quella cronica. Compose di più El-Dorra-el-Khatîra (La nobil Perla), antologia dei versi di censettanta poeti arabo-siculi28, della quale molti frammenti ci ha conservato Imad-ed-dîn da Ispahan29; e ciò si vegga al nº XXVIII della parte seconda di questa Tavola.

      II. Abu-Zeîd-el-Gomri, di origine berbera come sembra al nome, scrisse anch'egli una cronica di Sicilia. Lo afferma Sekhâwi, autore del XV secolo, in un suo studio di storiografia30; e lo ripete Hagi-Khalfa31. Nè il primo nè il secondo ci dicono dove e in qual tempo sia vivuto questo Abu-Zeîd; non citato per altro da alcuno annalista.

      III. Ibn-Rekîk (Abu-Ishâk-Ibrahîm-ibn-Kasem-ibn-Rekîk) liberto ei medesimo, o il padre, come potrebbe argomentarsi dalla voce rekîk (schiavo), fu segretario in un oficio pubblico a Kairewân, verso la fine del decimo secolo32. Egli scrisse una Cronica d'Affrica, che talvolta fa menzione della Sicilia, ed è citata spesso dai compilatori: Ibn-Wuedrân, Ibn-Abbâr, Ibn-Adsari autore del Baiân, Ibn-Khaldûn, Nowairi, Tigiani, Leone Affricano. Quantunque io accetti il giudizio del dotto barone De Slane, il quale gitta su le spalle d'Ibn-Rekîk le favole che si mescolarono al racconto delle prime guerre dei Musulmani in Affrica33, penso pure che costui potea compilar senza critica le narrazioni dei tempi andati, e scrivere schiettamente le vicende de' suoi proprii. Si badi a tal distinzione, quante volte si vedrà citata l'autorità d'Ibn-Rekîk nel corso del presente lavoro.

      IV. Ibn-Rescîk (Abu-Ali-Hasan) forse di origine siciliana, nato in Affrica d'uno schiavo greco, orafo, l'anno mille; vivuto a corte dei principi Zîrîti a Mehdia e negli oficii pubblici a Kairewân; rifuggito poscia in Sicilia; e morto a Mazara, chi dice il millecinquantotto, chi il sessantatrè, e chi il settanta, fu uomo di molte lettere; del quale tratterò più largamente nel quarto libro di questa istoria. Tra le altre cose, ei scrisse una cronica di Kairewân, ove toccò talvolta i fatti di Sicilia: come si ritrae dalle citazioni di varii compilatori. L'Anmûdeg (il Tipo), opera del medesimo autore, contiene un aneddoto, trascrittoci da Ibn-Khallikân, risguardante il principe kelbita di Sicilia Iusûf. Da altri frammenti che abbiamo d'Ibn-Rescîk ei sembra informato della erudizione che potea rimanere in quel tempo tra i Greci di Sicilia: il che aumenta l'autorità sua come cronista.

      V. Ibn-Iahîa (Abu-Ali-Hasan-el-Fakîh, ossia il giurista) scrisse un Târîkh-Sikillîa (Cronica di Sicilia) del quale i geografi Jakût e Kazwîni ci hanno conservato qualche squarcio. Ancorchè il soprannome e il nome proprio di costui si riscontrino con quei d'Ibn-Rescîk e l'uno e l'altro sembrin di certo vissuti al medesimo tempo, pure il divario dei nomi patronimici; la origine greca d'Ibn-Rescîk; la qualità di giurista data a Ibn-Iahîa; infine la diversità delle due croniche che s'intitolano, l'una di Kairewân e l'altra di Sicilia, fanno supporre con fondamento che ai tratti di due autori diversi.

      VI. Abu-s-Salt-Omeîa (Ibn-Abd-el-'Azîz-ibn-abi-s-Salt) nato a Denia in Spagna il 1067, morto a Mehdia in Affrica il 1131 o pochi anni appresso, medico, poeta, erudito, meccanico, continuò la Cronica d'Ibn-Rekîk34. In questa, o altra opera, ci narra un curioso aneddoto della sconfitta dell'esercito siciliano al Capo Dimas il 1123. Imâd-ed-dîn da Ispahan, nella Kharîda, ci ha conservato alcuni squarci di poeti arabo-siculi e di loro biografie, raccolti da Abu-s-Salt35 in un'altra opera che ha per titolo Risâla min Ahl el-'Asr (Epistola su i contemporanei).

      VII. Ibn-Sceddâd ('Izz-ed-dîn-Abu-Mohammed-Abd-el-'Azîz-ibn-Sceddâd-ibn-Temîm) della tribù berbera di Senhâgia e della regia schiatta dei Zirîti, visse nella seconda metà del XII secolo, poichè l'avol suo Temîm, regnava a Mehdia dal 1062 al 1107. Secondo la espressa testimonianza di Abulfeda36, ei compilò due istorie, di Kairewân, cioè, e di Sicilia. Di questa ultima troviamo squarci negli Annali d'Abulfeda, e perciò anche nell'opera di Scehâb-ed-dîn-Omari37. In fine, il Tigiani tolse da Ibn-Sceddâd il racconto della espugnazione di Mehdia nel 1160, che quel cronista sapea da un testimonio oculare38.

      Ibn-Sceddâd, di cui adesso abbiamo precise notizie39, è appunto l'Ascanagius del Caruso, l'Al-Sanhaj del Di Gregorio, ec.40, come si trascriveva inesattamente il nome etnico di Es-Senhâgi col quale lo denotò Abulfeda. Monsignor Airoldi, nella prefazione al Codice diplomatico dell'abate Vella, diè i suoi nomi nella forma in cui li trovava presso D'Herbelot; aggiugnendo, su la fede dello impostore Vella, che l'opera in diciotto volumi si serbasse nella Biblioteca di Fez41.

      VIII. Ibn-Bescirûn (Othmân-ibn-Abd-er-Rahîm-ibn-abd-er-Rezzâk-ibn-Gia'far-ibn-Bescirûn-ibn-Scebib) della tribù arabica di Azd, detto Sikîlli e Mehdi, ossia Siciliano e da Mehdia (in Affrica), perchè nato forse in uno di cotesti paesi, non sappiamo quale, e passato a dimorare nell'altro, visse nella seconda metà del duodecimo secolo. Ei compilò un Mokhtâr fi-l-Nezm wa-l-Nethr li Afâdhil Ahl el-'Asr (Scelta di poesie e prose dei più illustri contemporanei), nel quale ricordò molti Spagnuoli, Affricani e Siciliani. Imad-ed-dîn da Ispahan42 si servì di questa raccolta, che è notata altresì nella bibliografia di Hagi-Khalfa43. Dell'autore diremo nel sesto libro.

      IX. Gemâl-ed-dîn (Mohammed-ibn-Sâlem) cadi supremo d'Egitto, nato il 1207, morto il 1297, conobbe di persona lo imperator Federigo Secondo; fu poi mandato ambasciatore a Manfredi dal Sultan di Egitto Bibars: e dimorò in Italia parecchi anni. Egli accennò, non sappiamo in quale delle opere sue, la condizione dei Saraceni di Lucera, la sconfitta di Manfredi, e il sapere di questo re in matematica, filosofia e lettere arabiche. Di questi squarci abbiamo una trascrizione o sunto negli annali di Abulfeda44.

      X. Ibn-Sa'îd (Nûr-ed-dîn-Ali-ibn-Sa'id-ibn-Musa) da Granata, nato il 1214,

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<p>26</p>

MS. del dottor John Lee, e MS. di Parigi, al nome Ali-ibn-Gia'far etc.

<p>27</p>

Ediz. di Fluegel, tomo II, p. 135, nº 2243; e tomo III, p. 203, nº 4935.

<p>28</p>

Soiûti e Hagi-Khalfa, l. c.

<p>29</p>

Imad-ed-dîn, nella Kharîda, tomo XI, MS. di Parigi, Ancien Fonds 1375, fog. 20 verso, e MS. del British Museum, Rich. 7593.

<p>30</p>

MS. di Leyde, 677, Warn, notato nel Catalogo del Dozy, tomo II, pag. 142, nº DCCXLVI. Debbo questa notizia al Dozy stesso.

<p>31</p>

Ediz. Fluegel, tomo II, p. 135, nº 2213.

<p>32</p>

Baiân, tomo I, p. 254, nell'anno 387 (997), cita uno squarcio d'Ibn-Rekîk sopra un magistrato per nome Iusûf, col quale ci solea fare il giro delle province per levar le tasse.

<p>33</p>

Lettre à M. Hase, nel Journal Asiatique, série IV, tomo IV, p. 349 e 350; Histoire des Berbères par Ibn-Khaldoun, tomo I, p. 292, nota del traduttore.

<p>34</p>

Questo fatto si ricava da Tigiani, Rehela, versione francese, di M. Alph. Rousseau, p. 120. (Estratto dal Journal Asiatique, série IV, tomo XX, sept. 1852, p. 176.)

<p>35</p>

Veggansi su questo autore: Ibn-Khallikân, versione inglese, tomo I, p. 228; Dozy, Historia Abbadidarum, tomo I, p. 405, nota 52; Ibn-Abbâr, MS. sella Società Asiatica di Parigi, fog. 408 verso; Ibn-abi-Oseba, MS. della Bibl. imper. di Parigi, Suppl. Arabe, 673, fog. 191 recto, seg.

<p>36</p>

Annales Moslemici, tomo II. p. 446, anno 336, e presso Di Gregorio, Rerum Arabic., p. 81 a 83. Veggasi anche la Prefazione di Reiske nel primo volume degli Annales Moslemici, p. VIII.

<p>37</p>

Presso Di Gregorio, op. cit. p. 59.

<p>38</p>

Tigiani, Rehela, MS. di Parigi, fog. 141 recto, e versione di M. Rousseau, p. 261 (Estratto del Journal Asiatique.)

<p>39</p>

Veggansi: Ibn-Khallikân, edizione di M. De Slane, testo arabico, tomo I, 145, e versione inglese, tomo I, 282, seg.; Quatremère, Mémoires sur les Khalifes Fatimites, nel Journal Asiatique, série III, tomo II (1836), p. 131; Sacy, Exposé de la Religion des Druses, tomo I, p. CCCCLX. Il Sacy, Chrestomathie Arabe, tomo II, p. 295, 296, avea dato ragguagli meno esatti su questo autore.

<p>40</p>

Rerum Arabicarum, p. 37, 38.

<p>41</p>

Codice Diplomatico di Sicilia, introduzione, tomo I. p. 15.

<p>42</p>

Veggasi la seconda parte di questa tavola, n. XXVIII.

<p>43</p>

Ediz. Fluegel, tomo IV, p. 146, e tomo V, p. 438, nº 11,590.

<p>44</p>

Annales Moslemici, anno 697 (1297), V, p. 144. Abulfeda conoscea di persona Gemâl-ed-dîn. Su le opere di lui si vegga Reinaud, Extraits etc. des Croisades, p. XXV.