Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele

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Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - Amari Michele

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d'armi longobarde; i quali andavano per l'isola miseri e vagabondi.128 Ora ognun sa che più numero assai di Italiani s'era rifuggito in Sicilia parecchi anni innanzi (a. 576), quando i Longobardi corsero le province di mezzo della Penisola; nel quale scompiglio i chierici recaron secoloro gli arredi delle chiese che poi non voleano rendere:129 e non è mestieri di citazioni per provare quanta povertà straziasse tutti quegli esuli. Però San Gregorio non potea largire le proprie facultà in opera più caritatevole, nè più utile all'Italia e a Roma stessa, che di aprir loro un ospizio. Quella mente, in quella età, non poteva imaginare altro ospizio che il monastero. I sei che ne fondò bastavano a ricettare, se non tutti gli esuli, almeno i più degni e capaci a disciplinare e agguerrire questo nodo di frati che combattessero su i dubbii confini della religione e della politica; tenessero in Sicilia una propaganda romana contro la sede di Costantinopoli, la quale attraea le popolazioni di linguaggio greco; apparecchiassero séguito alla Chiesa di Roma, venendo alla dura estremità di riparare in Sicilia cacciata dai Barbari; e potessero in fine, secondo gli eventi, ripassare in terraferma a gridar la croce contro gli Ariani. San Gregorio mentr'era privato, com'ei pare, coltivò a questo medesimo intento l'amistà di ragguardevoli famiglie siciliane.130

      E quand'egli, sforzato o forse secondato dallo amor dei Romani, salì alla cattedra di San Pietro, il disegno su la Sicilia si allargò, come tutti gli altri della sua mente. Non è del mio subietto discorrere di quanto momento fosse stato questo gran Romano sul secol suo con le azioni e con gli scritti; nè ricorderò la conversione di popoli lontani; la riverenza e terrore della religione aumentati; l'autorità civile arrogatasi tra per la influenza che gli usi dei tempi davano ai vescovi e per la lontananza e impotenza dell'impero bizantino; il nome della sede romana esaltato; le arti assiduamente adoperate a ciò or con animo sincero, or con malizia: la morale, cioè, la filosofia, la teologia, la disciplina e ambito del clero, la solenne liturgia, il grave canto, le leggende superstiziose; senza lasciare intentato veruno argomento che potesse scuotere l'intelletto, cattivare l'animo, illudere i sensi. L'effetto generale del pontificato di San Gregorio fu che, aspirando al primato spirituale, ei si accostò necessariamente alla dominazione temporale; dove più dove meno secondo gli ostacoli. Così a Roma e nell'Italia di mezzo il patrocinio suo con l'andare dei tempi divenne principato. Così in Sicilia l'influenza ch'ei volle esercitare ebbe men libero campo, e nondimeno lasciò tante vestigia che i papi, molti secoli appresso, con quella loro prodigiosa tenacità, si provarono a mutarla anche in signoria. L'influenza di San Gregorio in Sicilia passò al certo la più larga misura che potesse darsi al primato ecclesiastico, e si volse a due particolari intendimenti. Un fu lo antico, rincalzato ed esteso, cioè di render la Sicilia cittadella del clero italiano, nella quale il papa fosse padrone degli animi, poichè i corpi li tenea l'impero bizantino. L'altro intendimento sembra di cattar favore, perchè l'amministrazione del patrimonio papale, secondata dai governanti, dagli ottimati e dall'universale, rendesse maggior frutto, da sovvenirne largamente il popol di Roma, chè meglio si difendesse dai Longobardi e sempre più s'affezionasse ai papi.

      Quanto premessero a Gregorio le cose di Sicilia si scorge dalla prima epistola che ci rimane di lui per la quale provvide a far adunare ogni anno i vescovi dell'isola a Siracusa o Catania.131 Seguiron da presso un'altra ad amici suoi siciliani,132 una che confortava i vescovi siciliani a mescolarsi nelle cause secolari per difendere i poveri,133 e una che dettò profonde e diligenti riforme nell'amministrazione del patrimonio.134 Noveransi inoltre più di dugento lettere toccanti la Sicilia, donde appariscono a chiunque i disegni suoi, e la coscienza più sollecita dei disegni che scrupolosa nei mezzi. Indi si vede che San Gregorio diè la caccia a qualche avanzo di Pagani, e allettò al cristianesimo i Manichei e gli Ebrei senza perseguitarli; anzi, quanto agli Ebrei, con una tolleranza mondana al certo, non filosofica. Più rigore usò nelle materie attenenti alla disciplina ecclesiastica; mostrando assai gelosia del patriarca di Costantinopoli; commettendo apertamente ai vescovi di tirare i popoli a passiva obbedienza verso di Roma; procacciando appo i popoli la elezione di fidati suoi alle sedi vescovili. Intese di più San Gregorio a riformare i costumi del clero secolare e regolare; nel qual capo è notevole il divieto di ammettere le donne a voti monastici avanti l'età di sessant'anni, poichè pare da più d'uno esempio che le suore giovani eran sedotte dai preti.135 E sul punto della morale pubblica, a prendere litteralmente le parole del pontefice, l'opera sarebbe stata malagevolissima o piuttosto disperata, arrivando la corruzione al segno, com'ei diceva, di provocare il cielo a immediato sterminio della provincia: ma ce ne consola l'interesse ed uso ch'egli avea di esagerare; e ne fornisce la prova egli stesso, quando novera tra i peccati più abbominevoli i matrimonii entro il settimo grado, che due righi di dispensa or posson mutare d'incesto in sagramento. Quanto alla venalità degli officiali, San Gregorio la biasimò e la alimentò, facendo lor porgere le solite mance nei negozii del patrimonio. Con ciò patrocinava i privati appo i magistrati, largiva limosine, sovveniva questo e quello con pensioni, facea deporre il governatore Libertino che avea vietato innanzi la esaltazione sua di portar grani di Sicilia a Roma; al quale fu surrogato un Giustino, amico o ligio del papa. Più degno uso fece San Gregorio del credito che avea a corte di Costantinopoli, ricordando gli aggravii degli officiali dell'azienda imperiale in Sicilia, Sardegna e Corsica, la disperata condizione di quei popoli, e quanto errore fosse di esaurire le isole a furia di balzelli, sperando con quel danaro carico di maladizioni alimentar la guerra nella terraferma d'Italia. Infine la riforma nell'amministrazione del patrimonio papale in Sicilia va lodata di prudenza e umanità; poichè mirava ad accrescere la rendita levando a un tempo il biasimo di molestare ingiustamente i possessori vicini e di spolpare i proprii coloni. Noi ne discorreremo più partitamente trattando della condizione degli abitatori delle campagne, e diremo allora di uno errore di San Gregorio che qui vuolsi accennare. Il quale fu che, in contraddizione coi principii del cristianesimo e con le proprie azioni sue, mantenne in Sicilia la schiavitù, mentre combatteala in terraferma, e limitò la libera scelta nei matrimonii dei coloni.136

      Tale è la somma delle cose operate da San Gregorio in Sicilia, con ambito e benevolenza; e pur con grande avvantaggio dell'isola. Ei conseguì lo effetto di trarne il danaro e il grano che aiutarono a mantenere Roma. Conseguì parimenti una smisurata riputazione in Sicilia per sè stesso e per la Chiesa di Roma; la fondazione di grande numero di monasteri col danaro dei privati, stimolati dal suo esempio; e l'aumento della dottrina e splendore della Chiesa Siciliana. In fatti, nel corso del settimo secolo i monasteri di Sicilia rivaleggiarono con quei di Roma per ricchezza, numero di frati e onore degli studii; sopratutto del canto ch'era sì in voga dopo i tempi di San Gregorio, e, com'e' pare, anco della sacra letteratura greca che in Sicilia si potea coltivare meglio che a Roma. Pertanto in quella età salivano al trono pontificale il pio Sant'Agatone (a. 678), il dotto e caritatevole San Leone II (a. 682), Conone (a. 686), Sergio (a. 687), e poi Stefano IV (768), dei quali Conone educato in Sicilia, e gli altri tutti siciliani. La Chiesa di Antiochia ebbe in quel torno due patriarchi siciliani: Teofane abate del monastero di Baya presso Siracusa (a. 681), e Costantino diacono della medesima città (a. 683).137 Nè prima nè poi toccò alla Sicilia tanta partecipazione nei negozii della Chiesa universale. L'impulso di civiltà, chè tale era questo al certo nei bassi tempi, dato da San Gregorio, durò in Sicilia fino al tempo che l'isola, tolta alla giurisdizione del papa, ubbidì al patriarca di Costantinopoli. Ed allora il merito degli ecclesiastici siciliani si fe' strada nella nuova metropoli: onde troviamo Metodio siciliano salito a quella sede patriarcale; e Gregorio Asbesta vescovo di Siracusa, San Giuseppe Innografo e altri Siciliani, segnalarsi nelle aspre contenzioni religiose del nono secolo, sì come innanzi dirassi.

      CAPITOLO III

      Mentre San Gregorio gittava le prime fondamenta della potenza temporale dei papi, un giovane pien di virtù meditava in Arabia su i principii d'una novella religione. La gente ond'ei nacque era in via d'uscire dalla barbarie. Aveva avuto,

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<p>128</p>

Divi Gregorii papæ, Epistolæ, lib. I, nº 39, indiz. IX.

<p>129</p>

Ibid., lib. III, nº 15, VII, 27, VIII, 65.

<p>130</p>

Divi Gregorii papæ, Epistolæ, lib. I, nº 3, indiz. IX.

<p>131</p>

Lib. I, ep. 1, indiz. IX.

<p>132</p>

Lib. I, ep. 3.

<p>133</p>

Epistola di San Gregorio del 16 marzo 591, presso Di Giovanni, Codex Siciliæ Diplomaticus, LXVI, pag. 106, la quale manca nella edizione delle opere di San Gregorio che ho per le mani.

<p>134</p>

Lib. I, ep. 42.

<p>135</p>

Questo provvedimento è contenuto nella epistola 11, del lib. III, indiz. XII. Si è preteso che riguardasse la elezione delle badesse, non la professione delle suore, e così anche pensa il Di Giovanni, op. cit., p. 154. Ma il testo di San Gregorio mi par sì preciso da non dar luogo alle pie sofisticherie dei comentatori.

<p>136</p>

Per togliere ai lettori e a me stesso la molestia di troppe citazioni, non mi riferisco qui alla raccolta delle epistole di San Gregorio nella quale sono sparse quelle che toccano la Sicilia, ma piuttosto alla scelta di queste ultime che si trova presso il Di Giovanni, Codex Siciliæ Diplomaticus, numeri LX a CCLXVI. Vedi anche la Diss. III del medesimo Di Giovanni; Pirro, Sicilia Sacra, nelle notizie dei varii vescovadi dal 590 al 604; e Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tom. I, p. 188 a 224.

<p>137</p>

Pirro, op. cit., p. 35 a 38; Gaetani, op. cit., tom. II, p. 1 a 4; Anastasius Bibliothecarius, presso il Muratori R. I., tom. III, 142, 145, 147, 174.