Vivere La Vita. Lionel C

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Vivere La Vita - Lionel C

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di classe ed a parte i miei altri sette coetanei, tutti erano più grandi. Più venivano, più mi sentivo piccolo, senza che nessuno dei grandi faceva qualcosa per farmi sentire in quel modo. Forse mi capitava, perché vedevo tutti con dei comportamenti quasi da grandi.

      Molto seri, freddi, quasi rigidi.

      Appena arrivata la compagnia comandante, ha aperto quella porta e finalmente siamo entrati.

      Era una specie di aula, molto diversa da tutte le altre aule della scuola, ma molto più piccola.

      Forse la meta ed era più lunga che larga.

      Per terra, sui due lati lunghi, dall'ingresso e fino in fondo, quasi fino alle finestre, c'erano porta bandiere riempiti tutti da bandiere.

      Messe in ordine: una tricolore del paese ed una rossa dei pionieri.

      Erano moltissime e facevano quasi fermare il cuore appena entrati.

      D'avanti alle bandiere, una di fronte al' altra, due fila di sedie su quali ci siamo seduti tutti noi. Mi sedevo per la prima volta nella mia scuola, su una sedia e non in un banco. In fondo alla camera, con le spalle verso la finestra, si era appena seduta dietro ad una scrivania abbastanza grossa, la maestra compagna comandante. Purtroppo, in quella giornata luminosa, con tutta la bella luce che entrava nella camera dalle grosse finestre, non riuscivo neanche a vederla e questo mi infastidiva non poco.

      Capivo soltanto che li seduta, c'era una persona.

      Non ho fatto in tempo a vedere altro, perché si è alzata in piedi ed ha "dichiarato aperti" i lavori di quella assemblea.

      Dopo aver cantato l'inno nazionale del paese, la compagna comandante pioniera per la scuola, quella con il cordone blu, ha preso la parola.

      Hanno accolto tutti noi piccoli, che eravamo lì per la prima volta, con un applauso da parte di tutti.

      Poi ci ha spiegato che in tutte le foto grandi e piccole sui panelli rossi attaccati fino al soffitto sulle pareti, sopra le due fila di bandiere, in modo disordinato ma bello da vedere, erano tutti compagni pionieri piccoli e grandi, di qui la nostra scuola andava molto fiera. Erano vincitori delle “Olimpiadi dello Studio” al livello cittadino, regionale e nazionale. Vincitori di concorsi interscolastici. I migliori nel portare a buon fine il lavoro di raccoglimento del piano economico. I più intraprendenti nel lavoro volontario ed i migliori nelle gare sportive.

      A parte le gare sportive e qualcosa sul lavoro volontario – perché avevo sentito i miei genitori quando siamo andati insieme a lavorare per il nuovo stadio -, tutte le altre, erano per me parole e cose nuove che non avevo mai sentito prima.

      Di quello che sentivo, non capivo nulla.

      Sapevo di essere tra i più piccoli, ma nella mia classe ero il più bravo nello studio. Quando parlavano le persone grandi, riuscivo a capire cosa si dicevano, ma in quei momenti, all'improvviso, per la prima volta nella mia vita, non capivo niente, neanche una parola, di quello che si stava parlando.

      Sembrava che parlavano tutti in un'altra lingua.

      Mi chiedevo se non capivo perché ero stato troppo superficiale nello studio e quelle cose mi erano sfuggite, se ero troppo poco preparato, oppure mi stavo scoprendo semplicemente scemo.

      < Ma se lo ero per davvero, lo erano anche tutti i miei amici che mi hanno votato, la nostra maestra ed anche la dirigente che hanno permesso quello sbaglio? >

      Le cose andavano sempre peggio, perché quando la compagna comandante con il cordone blu, ha finito di parlare e la maestra compagna comandante ha cominciato a fare domande ai compagni più grandi, che avevano il cordone giallo come il mio, loro rispondevano con sicurezza, tanta decisione e dando tante cifre.

      Come delle persone molto più grandi della loro età e molto ben preparate.

      Con la voce molto forte e decisa.

      Molto sicuri di loro.

      Finiva uno e cominciava un altro.

      Più parlavano, più mi chiedevo: < Cosa avrei risposto se chiedeva a me? >

      Doveva essere un giorno bello e molto importante. Lo avevo immaginato come quando i ragazzi grandi del condominio mi hanno riconosciuto loro amico per i miei meriti, ma in quei momenti, la grande curiosità dell'inizio, si è trasformata in domande, le domande in preoccupazioni, le preoccupazioni in insicurezza e l'insicurezza, stava diventando sempre più, paura.

      Era per la prima volta nella mia scuola tanto amata, che non stavo più bene.

      L'unica cosa che desideravo era di uscire da quella camera, dalla scuola e fuggire con tutte le mie forze subito a casa.

      Nella mia cameretta.

      Al mio tavolo dove facevo i compiti.

      Li dove stavo sempre bene.

      Quando gli unici rimasti senza essere interrogati eravamo noi piccoli, la maestra compagna comandante, si è fermata nel fare quelle domande strane ed a noi ci ha soltanto chiesto se avevamo visto: < Quanto erano stati bravi i nostri compagni più grandi nello svolgere il loro compito come compagni comandanti di classe >.

      Nessuno di noi piccoli ha aperto bocca.

      Non aver fatto anche a noi quelle domande strane, mi ha fatto sentire un po' meno la forza di quella paura ed anche se ho capito molto bene la domanda che ci aveva fatto, era per la prima volta da quando andavo a scuola che non volevo rispondere alla domanda di una maestra,

      Di questo ero convinto.

      Avevo già deciso che quello era il giorno più brutto della mia vita e la causa, era soltanto lei.

      La maestra compagna comandante, perciò, non volevo avere nulla a che fare con lei.

      Subito dopo, ci ha spiegato che avendo visto come si doveva svolgere un'assemblea, nello stesso modo, avremo dovuto organizzare le assemblee nelle nostre classe, per informare i nostri compagni pionieri su quanto si era detto li.

      In quel momento, la paura è diventata terrore, perché non ricordavo più nulla di tutte quelle cose.

      Come erano state fatte, di cosa si era parlato e mi chiedevo se sarei stato capace di organizzare l'assemblea della nostra classe.

      Subito dopo, ci ha detto che voleva venire nel nostro aiuto e ci ha dato dei fogli scritti, con "l'ordine del giorno".

      L’ho messo con tanta cura nella mia borsa dentro un libro, perché sapevo che mi sarebbe servito, ma all'aiuto di quella persona che vedevo per la seconda volta nella mia vita, non ci credevo più.

      Quando ha dichiarato chiusa l'assemblea e tutti insieme abbiamo cantato l'inno dei pionieri, è stato l'unico momento che mi è piaciuto di tutto quello incontro.

      Nell'attimo dopo, ero già fuori.

      Mentre camminavo da solo, pensavo che i miei amici erano già a casa, da più di un'ora.

      Ero stato lì, dal mio tempo libero e come risultato, non vedevo niente di buono.

      Era

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