Vivere La Vita. Lionel C

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Vivere La Vita - Lionel C

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Subito dopo, sul nostro “Maracana” in terra rossa, è partita la nostra “Finale Mondiale”.

      "Una battaglia epica."

      Correre è lavorare per la squadra mi piaceva tanto, ma in quel giorno mi sembrava di volare. Diventavo sempre più sudato ed in mezzo al polverone di terra rossa alzato da noi stessi, la mia pelle diventava sempre più appiccicosa e sporca, ma nessuno di noi aveva la più piccola intenzione di mollare niente, correre meno in quel' incontro, o risparmiarsi in quella forte battaglia.

      Nessuno voleva fermarsi mai.

      Neanche quando qualcuno di noi cadeva sbucciandosi le ginocchia, i gomiti, i palmi delle mani ed il rosso molto vivo del sangue, si mischiava con la polvere scura ed appiccicosa sulla pelle.

      Oppure quando qualche donna con le borse della spesa, per fare meno strada tagliava in diagonale il nostro campo, invece di andare sul marciapiede intorno e veniva centrata in pieno con il pallone.

      Vincere “la finale del nostro mondo", era l'unica cosa che contava.

      Ogni volta.

      Era molto più importante che lamentarsi per delle piccole ferite, o ascoltare le imprecazioni di un adulto che comunque aveva torto, perché era lui ad aver appena invaso il nostro territorio.

      Alla fine, ero ed eravamo pieni di tante soddisfazioni.

      Per la nostra vittoria.

      Perché avevo fatto più gol di tutti.

      Ma la più grande in assoluto era un'altra.

      Quella di portare intero a casa, il nostro pallone, perché, non poche volte finiva sotto le ruote di qualche macchina, nel corso non molto lontano, dietro ad una delle due porte.

      Il sole aveva cominciato a scendere e pensavo che per me, quello era stato il giorno più movimentato, bello e felice della mia vita.

      Il giorno perfetto.

      Non potevo sapere che la ciliegina sulla torta, doveva ancora venire.

      Mentre tutti insieme, ci stavamo facendo i nostri conti di come e quanto era andata bene la nostra partita, è arrivato il gruppo dei ragazzi più grandi del nostro condominio. Stavano tornando dalla collina, dove erano andati a giocare tutti insieme.

      Come sempre.

      Era un posto di qui parlavano tanto e tutti.

      La vedevo al di là del corso, dalle nostre finestre, ma non ero mai andato sulla collina.

      Ero ancora troppo piccolo.

      Alcuni di noi, parlando quasi tutti insieme, hanno cominciato a raccontare anche a loro, mentre erano ancora abbastanza lontani, di come era andata la partita, chi ha fatto i gol e chi è stato il migliore e tutte le altre cose per una cronaca completa.

      In quel momento per me, è arrivata la soddisfazione più grande di tutta la giornata.

      I grandi si congratulavano con me per tutto ciò che di bello ed importante mi era successo in quel giorno.

      Essere riconosciuto subito e rispettato per i miei meriti dal gruppo dei grandi, che erano molto uniti ed avevano la squadra di calcio più forte della zona, per me era la cosa più importante di sempre.

      Sentirli dire che sono fieri di essere miei amici, mi stava quasi facendo volare fino al sesto piano dove abitavo.

      Non ero più riconosciuto perché fratello del mio fratello più grande e loro amico, ma per quello che ero.

      Mi ero fatto strada da solo.

      Per i miei meriti.

      Il mio lavoro ed i miei sacrifici venivano ripagati.

      Era tutto splendido e quella era la mia vera soddisfazione, la più grande di quel giorno.

      Forse di sempre.

      Mi ha subito aiutato mia mamma a restare per terra, quando all'improvviso l’ho vista non molto lontana e mi diceva che anche quella sera, avrebbe dovuto mettermi nella lavatrice perché, ero sporco come un minatore.

      Per me, forse sarebbe stato molto meglio, perché l'acqua calda non arrivava a tutte le ore del giorno.

      Tante volte, anche quando le ore erano giuste, quelle decise dal programma di distribuzione, ai piani più alti, non arrivava ed in quei momenti, come in quella sera, mia mamma riscaldava l'acqua sulla cucina in un immenso pentolone che poi diluiva con acqua fredda nella vasca da bagno.

      Non era tanta ed il mio corpo non riusciva a stare tutto sotto l'acqua.

      Questo non mi piaceva e non mi faceva stare bene, ma di estate era molto meglio che nei giorni molto freddi d'inverno.

      Poi, alla fine di quel giorno così importante della mia vita, andava bene tutto.

      Le giornate passavano lente e tranquille.

      Ero molto contento, perché a scuola, ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo. Tutte cose molto interessanti che assorbivo senza neanche respirare. Mi piacevano moltissimo perché, erano conoscenze sempre più complesse ed aumentavano il mio sapere in ogni momento. Poi, a casa, da solo, facendo i compiti in totale pace, tranquillità, serenità e silenzio, riuscivo ad approfondire ancora meglio, al modo mio.

      I voti erano sempre molto buoni.

      A casa andava tutto molto bene.

      Per i miei amici ero sempre più la loro guida, il loro leder.

      Vivevo da beato.

      Nel giorno in qui la maestra è entrata nella classe con in mano un piccolo bigliettino di carta che poi me lo ha dato, mi ha messo tanta confusione, perché, era per la prima volta che faceva un gesto cosi, nei confronti di un suo allievo.

      Mi ha detto abbastanza decisa, di leggere bene tutto e di fare quello che era scritto.

      Era un biglietto scritto, firmato e timbrato dalla compagna comandante dei pionieri per la scuola.

      Informava i compagni comandanti delle classi appena entrati nelle fila dei pionieri, di essere invitati al primo incontro con tutti i compagni comandanti delle classi di tutta la scuola.

      Sotto la sua guida.

      Sembrava molto interessante e mi incuriosiva molto.

      Era una cosa nuova, poi il fatto di stare insieme a tutti i più grandi della scuola, mi incuriosiva ancora di più. Di sicuro, avrei potuto imparare qualcosa di nuovo.

      Non mi piaceva affatto tutto il resto perché l'incontro, si doveva svolgere fuori dagli orari di scuola.

      Nel mio tempo libero.

      Quando è arrivato il giorno, sono andato davanti ad una porta che fino in quel momento, da quando ero nella scuola, avevo sempre visto chiusa e più di una volta mi ero chiesto: "cosa c'era dietro".

      Arrivavano

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