Viaggi di Gulliver nelle lontane regioni. Jonathan Swift

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Viaggi di Gulliver nelle lontane regioni - Jonathan Swift

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più impressione in lui di tutta l'artiglieria che di poi non ha cessato di tuonare durante l'intera battaglia. Ma per uno spettatore posto in distanza tutte quelle prime minuzie vanno perdute nel corso generale degli avvenimenti. Ci voleva tutto il discernimento di Swift o di De Foe, autore del Robinson Crusoè e delle Memorie d'un soldato di cavalleria, per afferrare i minuti incidenti atti a fare impressione su lo spettatore che la levatura del suo ingegno e della sua educazione non hanno assuefatto a comprendere le cose sotto un aspetto di generalità. L'ingegnoso autore della Storia della finzione, il signor Dunlop, mi ha preceduto nel paralello ch'io mi era prefisso d'istituire tra il romanzo di Gulliver e quello di Robinson Crusoè. Mi gioverò delle sue espressioni che rendono le mie proprie idee.

      Dopo avere dispiegata la sua proposizione dimostrando come Robinson Crusoè renda verisimile il suo racconto d'una tempesta, «quei minuti particolari (egli dice) ne portano a credere tutto il resto della narrazione. Niuno s'immagina che il narratore avesse fatto menzione di simili bagattelle se non fossero state vere. Queste medesime bagattelle sono da notarsi nei Viaggi di Gulliver; ne guidano in parte a credere i racconti meno probabili.»

      Niuno ha mai revocato in dubbio il genio di De Foe, ma non era gran fatto estesa la sfera delle sue cognizioni: donde procede che la sua immaginazione non ha potuto creare al di là d'uno o due eroi delle sue finzioni: un marinaio ordinario come Robinson Crusoè, un soldato grossolano come il suo soldato di cavalleria, alcuni cialtroni di bassa condizione come alcuni altri personaggi fittizi, ecco le sole parti che l'estensione delle sue cognizioni gli permetteva di far comparire su la scena. Egli si è precisamente trovato nel caso dello stregone indiano, la cui virtù magica non va più oltre dell'aiutarlo a trasformarsi in due o tre animali. Swift è il dervis persiano che ha la potestà di far passare la sua anima nel corpo ove le piace trasmigrare, di vedere cogli occhi del nuovo corpo, d'adoperarne gli organi, d'impadronirsi perfino dell'intelletto che lo animava. Lemuel Gulliver, l'astrologo Isacco Bickerstaff, il Francese che scrive il nuovo viaggio a Parigi, mistress Harris, Maria la cuciniera, l'Uomo che con l'intenzione di sollevare i poveri, divisa di mangiare i loro figli, il violento politico Whig che fa rimostranze su le insegne di Dublino, son personaggi disparati fra loro altrettanto quanto appariscono esserlo col decano di San Patrizio. Ciascuno serba il proprio carattere, ciascuno si move nella sua propria sfera, sempre colpito da quelle circostanze che la sua posizione sociale o la sua maniera di vedere gli hanno rese più interessanti come individuo.

      La proposizione che ho stabilita su l'arte di dare verisimiglianza ad un racconto immaginario, trova il suo corollario nel principio medesimo. Giova che minute circostanze facciano impressione su lo spirito del narratore ed usurpino una certa parte del suo racconto, e giova ad un tempo che circostanze più importanti di propria natura conciliino solo in parte la sua attenzione, o in altri termini, così in un racconto, come in un quadro, vi è una lontananza ed un primo piano; e la scala visuale degli oggetti decresce a proporzione del loro allontanarsi da chi li racconta. Nè in ciò è men notabile l'arte di Swift; Gulliver racconta d'una maniera più vaga le cose giunte per voce d'altri al suo orecchio che non quelle di cui vuol far credere d'essere stato testimonio egli stesso. Non trovate qui come negli altri viaggi ai paesi d'utopia, un quadro esatto del governo e delle leggi di quelle contrade, ma le nozioni generali che un viaggiatore curioso cerca procacciarsi nell'intervallo di alcuni mesi del suo soggiorno fra gli stranieri. In somma il narratore è il centro, il grande organo della storia; non racconta fatti che le circostanze non gli abbiano permesso di osservare, ma non ne omette veruno, le cui circostanze connettendosi a dirittura con lui lo rendano importante ai suoi occhi.

      Le principali opere in prosa di Swift sono le Fole (Tales of a tub), il Viaggio di Gulliver, le Lettere del Pannaiuolo; le migliori in versi sono il Club della legione, Cadeno e Vanessa, poema, la Rapsodia su la poesia. Alcune di queste traggono in molta parte il loro vezzo dalle circostanze che le inspirarono all'autore e dalla natura dei tempi in cui vennero pubblicate. Fra le molte e notabili produzioni di questo autore che Voltaire chiama il Rabelais dell'Inghilterra, il Gulliver è l'opera meglio destinata a vivere presso la posterità. È per altro giustizia il dire che un'opera di tanta levatura basta di per sè sola a stabilire una rinomanza.

VIAGGI DI GULLIVER

       Indice

      L'autore di questi viaggi, il signor Samuel Gulliver, è mio antico ed intimo amico; anzi vi è qualche parentela fra noi dal lato di madre. Circa tre anni fa, lo stesso signor Gulliver, noiato dalla folla di tanti curiosi che andavano a visitarlo nella sua casa di Redriff, fece acquisto di un podere cui era annessa una conveniente casa, presso Newark, nella contea di Nottingham, paese ov'è nato; quivi or conduce vita ritirata, benchè lo tengano in molta considerazione i suoi vicini.

      Se bene sia nato, come vi ho detto, nella contea di Nottingham, ove dimorava suo padre, io per altro ho udito raccontare dal medesimo signor Gulliver che la sua famiglia procedeva in origine dalla contea di Oxford; e ciò si combina coi molti sepolcri e monumenti d'individui di questo casato che ho veduti a Baubury ov'è il cimitero della contea.

      Prima di partirsi da Redriff, depositò in mia mano gli scritti che leggerete, lasciandomi la piena facoltà di disporne come avrei creduto opportuno. Gli ho letti diligentemente per ben tre volte: semplice e piano me ne è parso lo stile, nè vi ho trovato altro difetto fuor quello che l'autore, secondo il solito dei viaggiatori, particolarizza troppo i suoi racconti. Di mezzo ad essi trapela una grande apparenza di verità; e realmente l'autore è sì conosciuto per la sua veracità, che ogni qual volta sia occorso autenticare un fatto presso quei di Redriff, è passato in proverbio il dire: «La cosa è vera come se il signor Gulliver l'avesse narrata».

      Non senza aver prima consultato più d'un degno personaggio, cui il signor Gulliver mi ha permesso comunicare tal manoscritto, m'avventuro darlo alla pubblica luce, nella speranza che possa, almeno per qualche tempo, offrire alla nobile nostra gioventù un intertenimento migliore di quanto essa può aspettarsene dai soliti libercoli ove non si parla d'altro che di politica e di fazioni.

      Questa edizione sarebbe riuscita voluminosa almeno dodici volte di più, se non mi fossi presa la libertà di stralciare dall'originale una farragine di tratti che si riferiscono ai venti ed alle maree, alla direzione e variazione delle coste nei singoli viaggi, o che contengono minute descrizioni del modo di governare i bastimenti al sopravvenire della burrasca, genere di rinfresco che i viaggiatori marittimi non vi risparmiano mai, così pure i ragguagli delle longitudini e delle latitudini; del qual mio arbitrio ho ben paura che il signor Gulliver non si chiami molto contento; ma venuto nella determinazione di pubblicare questi viaggi, io doveva anche studiarmi d'adattarli all'intelligenza del maggior numero de' miei leggitori. Nondimeno, se la mia ignoranza, in quanto concerne affari di mare, mi è stata cagione di cadere, nel far tali stralci, in qualche sproposito, me ne prendo io, com'è ben giusto, tutta la colpa; e se qualcuno della professione avesse la curiosità di esaminare in grande tutta l'opera quale uscì dalle mani dell'autore, m'offro pronto ad appagar la sua brama.

      Quanto agli altri particolari che riguardano personalmente l'autore, i leggitori potranno tosto conoscerli dalle prime pagine di questo libro.

      Riccardo Sympson.

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