El príncipe. Nicolás Maquiavelo

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу El príncipe - Nicolás Maquiavelo страница 13

Автор:
Серия:
Издательство:
El príncipe - Nicolás Maquiavelo

Скачать книгу

il re la Lombardia, si riguadagnò subito quella reputazione che gli aveva tolta Carlo: Genova cedé; e’ Fiorentini gli diventorono amici; Marchese di Mantova, Duca di Ferrara, Bentivogli, Madonna di Furlí, signore di Faenza, di Pesaro, di Rimino, di Camerino, di Piombino, Lucchesi, Pisani, Sanesi, ognuno se gli fece incontro per essere suo amico. E allora posserno considerare e’ Viniziani la temerità del partito preso da loro; i quali, per acquistare dua terre in Lombardia, feciono signore, el re, del terzo di Italia.

      Consideri ora uno con quanto poca difficultà posseva il re tenere in Italia la sua reputazione, se egli avesse osservate le regole soprascritte, e tenuti securi e difesi tutti quelli sua amici, li quali, per essere gran numero, e deboli e paurosi, chi della Chiesa, chi de’ Viniziani, erano sempre necessitati a stare seco; e per il mezzo loro posseva facilmente assicurarsi di chi ci restava grande. Ma lui non prima fu in Milano, che fece il contrario, dando aiuto a papa Alessandro, perché egli occupassi la Romagna. Né si accorse con questa deliberazione, che faceva sé debole, togliendosi gli amici e quelli che se gli erano gittati in grembo, e la Chiesa grande, aggiugnendo allo spirituale, che gli dà tanta autorità, tanto temporale. E fatto uno primo errore, fu costretto a seguitare; in tanto che, per porre fine alla ambizione di Alessandro e perché non divenissi signore di Toscana, fu costretto venire in Italia. Non gli bastò avere fatto grande la Chiesa e toltisi gli amici, che, per volere il regno di Napoli, lo divise con il re di Spagna; e dove lui era, prima, arbitro d’Italia, e’ vi misse uno compagno, a ciò che gli ambiziosi di quella provincia e mal contenti di lui avessino dove ricorrere; e dove posseva lasciare in quello regno uno re suo pensionario, e’ ne lo trasse, per mettervi uno che potessi cacciarne lui.

      ‘E cosa veramente molto naturale e ordinaria desiderare di acquistare; e, sempre, quando gli uomini lo fanno che possono, saranno laudati o non biasimati; ma quando non possono e vogliono farlo in ogni modo, qui è lo errore e il biasimo. Se Francia, adunque, posseva con le forze sua assaltare Napoli, doveva farlo; se non poteva, non doveva dividerlo. E se la divisione fece, co’ Viniziani, di Lombardia, meritò scusa per avere con quella messo el pié in Italia; questa merita biasimo, per non essere escusata da quella necessità.

      Aveva, dunque, Luigi fatto questi cinque errori: spenti e’ minori potenti; accresciuto in Italia potenzia a uno potente; messo in quella uno forestiere potentissimo; non venuto ad abitarvi; non vi messe colonie. E’ quali errori ancora, vivendo lui, possevano non lo offendere, se non avessi fatto el sesto: di torre lo stato a’ Viniziani; perché, quando e’ non avessi fatto grande la Chiesa, né messo in Italia Spagna, era ben ragionevole e necessario abbassarli; ma avendo preso quelli primi partiti, non doveva mai consentire alla ruina loro: perché, sendo quelli potenti, arebbono sempre tenuti gli altri discosto dalla impresa di Lombardia, sí perché e’ Viniziani non vi arebbono consentito sanza diventarne signori loro; sí perché gli altri non arebbono voluto torla a Francia per darla a loro; e andare a urtarli tutti e dua non arebbono avuto animo. E se alcuno dicesse: il re Luigi cedé ad Alessandro la Romagna e a Spagna il Regno per fuggire una guerra, respondo, con le ragioni dette di sopra: che non si debbe mai lasciare seguire uno disordine per fuggire una guerra; perché la non si fugge, ma si differisce a tuo disavvantaggio. E se alcuni altri allegassino la fede che il re aveva obligata al papa, di fare per lui quella impresa per la resoluzione del suo matrimonio e il cappello di Roano, respondo con quello che per me di sotto si dirà circa la fede de’ principi e come la si debbe osservare. Ha perduto, adunque, il re Luigi la Lombardia per non avere osservato alcuno di quelli termini osservati da altri che hanno preso provincie e volutole tenere. Né è miracolo alcuno questo, ma molto ordinario e ragionevole. E di questa materia parlai a Nantes con Roano, quando il Valentino (che cosí era chiamato popularmente Cesare Borgia, figliuolo di papa Alessandro) occupava la Romagna; perché, dicendomi el cardinale di Roano che gli italiani non si intendevano della guerra, io gli risposi che e’ Francesi non si intendevano dello stato; perché, se n’intendessono, non lascerebbono venire la Chiesa in tanta grandezza. E per esperienza si è visto che la grandezza, in Italia, di quella e di Spagna è stata causata da Francia, e la ruina sua causata da loro. Di che si cava una regola generale, la quale mai o raro falla: che chi è cagione che uno diventi potente, rovina; perché quella potenzia è causata da colui o con industria o con forza; e l’una e l’altra di queste cose è sospetta a chi è diventato potente.

       III DE LOS PRINCIPADOS MIXTOS

      Pero en el principado1 nuevo consisten las dificultades. Y ante todo si no es completamente nuevo, sino como miembro, que en conjunto puede llamarse casi mixto, sus variaciones nacen en primer término de una dificultad natural que existe en todos los principados nuevos, que es que los hombres de buen grado mudan de señor creyendo mejorar, y esa creencia los hace tomar las armas en contra de aquel; en lo cual se engañan, porque después ven por experiencia que han empeorado. Lo cual deriva de otra necesidad natural y ordinaria, que hace que siempre haya que ofender a aquellos de quienes se llega a ser príncipe nuevo, con ejércitos y con otros infinitos agravios que trae consigo la nueva adquisición; de modo que tienes por enemigos a todos aquellos a quienes has ofendido al ocupar el nuevo principado, y no puedes conservar la amistad de los que te pusieron en él, porque no puedes satisfacerlos del modo que ellos se habían imaginado y tampoco puedes emplear contra ellos remedios fuertes, porque estás obligado con ellos.

      Porque siempre, aun cuando uno sea fortísimo con sus ejércitos, tiene necesidad del favor de los provincianos para entrar en una provincia. Por estas razones Luis XII,2 rey de Francia, ocupó Milán rápido, y rápido lo perdió, y para quitárselo la primera vez bastaron las fuerzas de Ludovico, porque los pueblos que le habían abierto las puertas, viéndose engañados en su opinión y en el futuro bien que habían supuesto, hallaron insoportables los fastidios del nuevo príncipe.

      Es muy cierto que, si vuelven a readquirirse los pueblos rebelados, es muy difícil que se pierdan, porque con motivo de la rebelión el señor tiene menos reparos para asegurarse castigando a los delincuentes, denunciando a los sospechosos y proveyendo a las partes más débiles. Es así que si la primera vez bastó para hacerle perder Milán a Francia un duque Ludovico que alborotase en los confines, después para hacérselo perder la segunda fue necesario que se le pusiera en contra el mundo entero, y que sus ejércitos fuesen aniquilados o expulsados de Italia, lo cual nació de las razones antes dichas. Sin embargo, la primera y la segunda vez se lo quitaron. Las razones universales3 de la primera se han discurrido ya; falta ahora examinar las de la segunda, y ver qué remedios tenía él, y cuáles puede tener uno que esté en la situación de él, para poder mantener su adquisición mejor de lo que hizo Francia. Digo, por lo tanto, que los estados que al adquirirse se agregan a un estado antiguo del que los adquiere, o son de la misma provincia y de la misma lengua o no lo son. Si lo son es una gran ventaja para conservarlos, especialmente si no están acostumbrados a vivir libres, y para poseerlos con seguridad basta con haber extinguido el linaje del príncipe que los dominaba, porque en lo demás, si se les mantienen las condiciones de antes y no existe diferencia de costumbres, los hombres viven tranquilos, como se ha visto que ocurrió con Borgoña, con Bretaña, con Gascuña y con Normandía, que tanto tiempo han estado unidas a Francia; y si bien hay alguna diferencia de lengua, las costumbres son similares y con facilidad se soportan entre ellos. Y quien los adquiere debe cuidar dos cosas, si desea conservarlos: uno, que la sangre de su príncipe antiguo se extinga; la otra, no alterarles las leyes ni los impuestos, y de ese modo en brevísimo tiempo formarán un solo cuerpo con su principado antiguo.

      Pero cuando se adquieren estados en una provincia distinta en la lengua, en las costumbres y en los órdenes, ahí están las dificultades, y ahí es preciso tener mucha suerte y mucha habilidad para mantenerlos; y uno de los mejores y más vivos remedios sería que quien los adquiere fuera personalmente a habitar en ellos. Eso haría más segura y más duradera esa posesión; como hizo el Turco con Grecia: porque con todos los demás órdenes que observó para mantener ese estado, si no hubiera ido a habitar en él no era posible que lo conservara. Porque estando allí se ven nacer los desórdenes y rápido se pueden remediar;

Скачать книгу