La perla sanguinosa. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу La perla sanguinosa - Emilio Salgari страница 8
«E chi le segherà?»
«Voi, signor Will. Vi ho costruito una macchinetta che taglierà il ferro come se fosse legno e senza produrre rumore; un giocattolo meraviglioso, ve lo assicuro.»
«Se tu sei riuscito a fabbricare il cilindro della macchina, non dubito che tu sia stato capace d’inventare qualche congegno straordinario. Sei un meccanico di prima forza.»
«Bene, grazie! Continuo, – disse il mulatto. – Io sarò sulla riva ad attendervi e v›indicherò il luogo ove dovrete rifugiarvi.»
«E tu?» chiesero ad una voce Will e Palicur.
«Io non posso lasciare subito il penitenziario. Come potrei accendere la macchina senza che i guardiani se ne accorgano? Devo aspettare che il sole sia alzato.»
«È vero, – disse il quartiermastro, dopo un momento di riflessione. – Continua.»
«Se anche mi vedono accendere la macchina di giorno, nessuno se ne preoccuperà, non avendo essa il cilindro che, come sapete, tolgono sempre per paura che io scappi. Appena ho la pressione, metto il mio, corro a raccogliervi e via in alto mare. Ci daranno la caccia, lo so, ma noi saremo lontani allora, forse alla piccola Andamana.»
«Senza di te noi non riusciremo mai a darcela a gambe,» disse Will.
«Ed io senza di voi, signore, finirei chissà dove non essendo mai stato marinaio,» rispose il mulatto.
«Tieni d›occhio il Guercio.»
«Quel maledetto cingalese?»
«Egli deve aver udito qualche cosa di quanto abbiamo detto stamane io e Palicur. Sospetta la nostra fuga, quel cane d›uno spione, e ci sorveglierà strettamente.»
«Mi guarderò da lui, signor Will. lo credo che non dubiti di me almeno finora. Se vorrà poi darmi qualche noia, gli scucirò il ventre con un colpo di coltello.»
«Zitto, – disse il quartiermastro. – Ecco il medico che viene. Cacciamoci sotto le coltri e fingiamo di essere più ammalati di quello che siamo realmente.»
4. Le manovre sospette del Guercio
Cinque giorni dopo, il mulatto, le cui gote si erano ormai completamente sgonfiate pel semplice motivo che aveva lasciato chiudersi la leggera ferita senza farvi più soffiare dentro, lasciava l’infermeria per riprendere il suo posto nella scialuppa a vapore del penitenziario.
Pienamente d’accordo col quartiermastro della Britannia che era l’anima della fuga, perché senza di lui sarebbe stata una vera follia slanciarsi alla ventura attraverso l’Oceano Indiano, pericolo che solo un uomo di mare esperimentato può affrontare, il mulatto aveva affrettato la guarigione per ultimare gli ultimi preparativi e possibilmente ingrossare la provvista di viveri, onde non farsi cogliere dalla fame in pieno oceano.
Come abbiamo detto, il mulatto, nella sua qualità di macchinista, godeva d’una certa libertà. Poteva verso il tramonto recarsi a pescare i grossi crostacei che sono così numerosi sulle scogliere delle isole Andamane, usando della grossa scialuppa a vapore del direttore del penitenziario, a fuochi spenti però onde non ne approfittasse per prendere il largo.
Dichiaratosi guarito, aveva ripreso senz’altro le sue consuete abitudini, in attesa che il malabaro si rimettesse a sua volta completamente in gamba.
Con infinite precauzioni era riuscito a sottrarre dei viveri dal magazzino, nel quale aveva libero accesso, dovendo sovente imbarcare delle piccole partite di generi alimentari per portarle ai forzati che lavoravano nei cantieri un po’ lontani, e in tal modo aveva ingrossato la provvista, nascosta in un profondo cavo della scogliera che si estendeva dinanzi al penitenziario, dove egli soleva recarsi a pescare. Una mezza cassa di biscotto, alcuni chilogrammi di pesce secco e dei legumi erano andati ad impinguare la provvista senza che nessuno, fino allora, se ne fosse accorto.
La sera del terzo giorno della sua uscita dall’infermeria però, mentre tornava dal mare e spingeva faticosamente innanzi la scialuppa, avendo la macchina spenta perché priva del cilindro, fu non poco sorpreso nel vedere seduto sulla spiaggia il Guercio, che egli credeva si trovasse in uno dei cantieri stabiliti in mezzo alla foresta.
«Buona sera, Jody, – gli disse il cingalese, con un accento leggermente beffardo, che non sfuggì al mulatto. – Che cosa hai pescato di buono lungo la scogliera?»
«Un bel granchio pel direttore,» rispose il macchinista.
«Tu sei un pescatore fortunato. Io non riesco mai a prenderne uno lungo la spiaggia, mentre mi piacciono tanto.»
«Non si mostrano qui; preferiscono passeggiare su quelle scogliere.»
«Conducimi con te una sera. Voglio vedere come fai tu a sorprenderli.»
«Ci vuole colpo d’occhio e mano lesta, mio caro.»
«Insegnami allora, se sei un buon camerata, e conducimi con te domani sera.»
«Tu non hai il permesso di recarti alla pesca e non voglio avere dei grattacapi. Se sapesse che ti ho portato con me, il governatore sarebbe capace di mandarmi in cella con doppia catena.»
«Non ti preoccupare di ciò. Nessuno ti darà fastidio, anche se venisse a sapere che tu mi hai preso a bordo.»
Il mulatto lo guardò fisso, con una certa apprensione. Quell’insistenza cominciava a mettergli delle spine nel cuore.
«Che abbia sospettato qualche cosa? – pensò. – Stiamo in guardia.» Poi, alzando la voce, disse: «Se ciò ti fa piacere e mi assicuri che nessuno mi farà delle osservazioni, vieni pure. Domani sera ti aspetto qui, prima del tramonto.»
«Tu sei un bravo ragazzo», rispose il cingalese, con una sottile punta d’ironia.
«Dove lavori domani?»
«In nessun luogo. Mi hanno accordato due giorni di riposo perché ho la febbre.»
«Invece di darti una parte del gatto a nove code che hanno inflitto a quel povero diavolo di Palicur.»
«Era stato lui ad insultarmi,» disse il Guercio.
«Già, è vero, – rispose Jody, – ma credo che tu sia nato sotto una buona stella e che nessuno sia più fortunato di te. Hai portato qualche talismano da Ceylon?»
«Sì, un frammento d›una falange di Godama, – disse il Guercio, ridendo. – Buona notte, Jody: a domani sera.»
Il cingalese, che voleva tagliar corto, avendo capito a che cosa alludeva il mulatto, volse le spalle e se ne andò verso una delle tettoie dove già entravano i forzati dei cantieri per l’appello serale.
Jody invece rimase sulla spiaggia, con un piede sul bordo della scialuppa che aveva legato a un palo, seguendo con uno sguardo di profonda preoccupazione la spia.
«Non sono i granchi che lo hanno indotto a chiedermi di condurlo alla scogliera, – mormorò ad un tratto. – Che il quartiermastro avesse ragione di dubitare di quel furfante? Già, tutti affermano che egli è la spia dei sorveglianti.
«Ha forse saputo che noi ci prepariamo a filarcela? E le gite che io faccio ogni sera alla scogliera lo hanno allarmato? Noi corriamo il pericolo di finire