La Bugia Perfetta. Блейк Пирс

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La Bugia Perfetta - Блейк Пирс

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ti do qualche minuto per sistemarti. Poi daremo un’occhiata al tuo lavoro. Ho un bel mucchio di casi di omicidio irrisolti che potrebbero avere bisogno di un occhio fresco. Magari il punto di vista di una profiler potrebbe dare uno scossone alla situazione. Mi aspetto che tutti voi mi diate aggiornamenti sui vostri casi tra cinque minuti nel mio ufficio. A quanto pare avete tempo libero.”

      Si diresse verso il suo ufficio, brontolando fra sé e sé. I componenti del team misero insieme le loro cartelle mentre Hernandez si lasciava cadere sulla sedia di fronte a Jessie.

      “Tu non hai niente di cui fare rapporto?” gli chiese lei.

      “Non ho ancora nessun caso mio. Ho passato tutto il tempo a dare aggiornamenti a questa gente. Magari adesso che sei tornata possiamo metterci in squadra per convincere Decker a mandarci fuori a seguire qualcosa. Noi due insieme facciamo quasi una persona sana.”

      “Sono contenta che tu sia di così buon umore,” disse Jessie, cercando disperatamente di non dire di più, ma fallendo clamorosamente. “Mi avrebbe fatto piacere se mi avessi detto prima che stavi tanto bene. Me ne sono stata alla larga perché pensavo che stessi sistemando le tue cose.”

      Il sorriso di Hernandez sfumò mentre capiva pian piano quello che gli stava dicendo. Parve soppesare il modo in cui rispondere. Mentre aspettava la sua risposta e nonostante la sua irritazione, Jessie non poté fare a meno di ammettere che quell’uomo si era davvero mantenuto bene, pur avendo dovuto gestire un divorzio e delle brutte ferite.

      Sembrava tutto d’un pezzo. Non c’era un ciuffo di capelli neri fuori posto. Gli occhi castani erano limpidi e concentrati. E in qualche modo, nonostante le ferite, era riuscito a tenersi in forma. Poteva aver perso qualche chilo, probabilmente per la difficoltà a mangiare dopo che lo stomaco gli era stato aperto a metà. Ma all’età di trentun anni, aveva ancora l’aspetto tonico di uno che si allenava molto spesso.

      “Sì, a proposito di questo,” iniziò a dire, risvegliandola dalle sue considerazioni. “Volevo chiamarti, ma il fatto è che sono successe delle cose e non ero sicuro di come parlartene.”

      “Che genere di cose?” gli chiese lei nervosamente. Non le piaceva la direzione che il discorso stava prendendo.

      Hernandez abbassò lo sguardo, come se stesse decidendo come affrontare al meglio quello che era evidentemente un argomento delicato. Dopo cinque minuti buoni, risollevò lo sguardo su di lei. Proprio mentre stava per aprire bocca, Decker uscì di scatto dall’ufficio.

      “Abbiamo una sparatoria a opera di una gang nella Westlake Nord,” gridò. “La scena è ancora attiva. Ci sono già quattro morti e un numero indefinito di feriti. Mi servono SWAT, HSS e unità gang subito sul posto. Tutto l’equipaggio a bordo, gente!”

      CAPITOLO TRE

      Subito tutti si misero in moto nella centrale. Molti si diressero verso il centro per l’attrezzatura tattica, dove presero dell’artiglieria pesante e giubbotti anti-proiettile. Jessie ed Hernandez si scambiarono uno sguardo, insicuri sul da farsi. Lui fece per alzarsi dalla sedia, quando Decker lo fermò.

      “Non ci pensi neanche, Hernandez. Non pensi di potersi nemmeno solo avvicinare a questa faccenda.”

      Hernandez si lasciò ricadere sulla sedia. Sia lui che Jessie osservarono la frenesia della stazione con effettiva gelosia. Dopo pochi minuti, le cose si calmarono e la gente rimasta nella centrale tornò al proprio lavoro. Prima di quel turbinare di attività, nella centrale c’erano state con tutta probabilità una cinquantina di persone. Ora sembrava una città fantasma. Inclusi Hernandez e Jessie, c’erano meno di dieci persone in tutto.

      Improvvisamente Jessie sentì un forte tonfo. Si voltò e vide che il capitano Decker aveva lasciato cadere sulla sua scrivania una dozzina di spesse cartelle.

      “Questi sono i casi che voglio farle revisionare,” disse. “Avevo sperato di potervi dare un occhio insieme a lei, ma ovviamente sarò piuttosto impegnato nelle prossime ore.”

      “Aggiornamenti sulla sparatoria?” gli chiese Jessie.

      “La sparatoria è terminata. Si sono sparpagliati tutti non appena sono arrivate le nostre pattuglie. Siamo saliti a sei morti, tutti di gang rivali. Un’altra dozzina circa sono feriti. Abbiamo una trentina di agenti e una dozzina di detective che stanno rastrellando la zona. Senza parlare della SWAT.”

      “E io?” chiese Hernandez. “Come posso essere di aiuto, capitano?”

      “Può dare un’occhiata ai casi dei suoi colleghi fino a che non tornano. Sono certo che lo apprezzeranno molto. Ora devo tornare a questa cosa delle gang.”

      Rientrò di corsa nel suo ufficio, lasciandoli soli con le loro montagne di carte.

      “Secondo me sta facendo lo stronzo apposta,” mormorò Hernandez.

      “Vuoi finire di dirmi quello che mi stavi raccontando prima?” chiese Jessie, chiedendosi se non stesse forse tirando troppo.

      “Non ora,” rispose lui, perdendo del tutto la rilassatezza della voce. “Magari più tardi, quando saremo fuori dall’ufficio e tutto sarà meno… amplificato.”

      Jessie annuì, d’accordo con lui, anche se era comunque delusa. Piuttosto che fare il muso o stare nello scomodo spazio della sua testa, si concentrò sulle cartelle dei casi che aveva davanti.

      Magari concentrarmi sui dettagli di alcuni omicidi mi schiarirà le idee.

      Ridacchiò silenziosamente davanti al proprio tetro senso dell’umorismo mentre apriva la prima cartella.

      Funzionò. Si immerse così profondamente nei dettagli dei casi che quasi passò un’ora senza praticamente notare lo scorrere del tempo. Solo quando Hernandez le diede un colpetto sulla spalla, Jessie sollevò lo sguardo e si rese conto che era metà mattina.

      “Penso di aver trovato un caso per noi,” disse, porgendole con fare provocatorio un pezzo di carta.

      “Credevo che non dovessimo andare a caccia di nuovi casi,” gli rispose lei.

      “Infatti,” ammise lui. “Ma qui non c’è nessun altro che lo prenda e penso che sia il genere di cosa che Decker potrebbe permetterci di assumere come incarico.”

      Le porse il foglio di carta. Senza la riluttanza che probabilmente avrebbe dovuto mostrare, Jessie lo prese. Non le ci volle molto per rendersi conto che avrebbero potuto davvero avere fortuna nel convincere Decker ad assegnare loro quel caso.

      Sembrava piuttosto semplice. Una donna di trent’anni era stata trovata morta nel suo appartamento a Hollywood. Il giovane che per primo aveva denunciato il ritrovamento era stato il principale sospettato quando un vicino aveva affermato di averlo visto entrare nell’appartamento dalla finestra. Ma lui aveva dichiarato di essere un collega intenzionato a controllare cosa le fosse successo non avendola sentita per due giorni. Non c’erano evidenti segni di violenza e l’impressione iniziale sulla scena era che si trattasse di un suicidio.

      “Pare che abbiano la cosa ben sotto controllo. Non sono sicura di cosa potremmo offrire…”

      “Sento un tacito ‘ma’ tra le righe,” disse Hernandez sorridendo.

      Jessie non voleva dargli la soddisfazione, ma si trovò a sorridere leggermente a

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