Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi. Francesco Domenico Guerrazzi
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Читать онлайн книгу Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi - Francesco Domenico Guerrazzi страница 17
Prima che passi ad altro, mi giovi ricordare come arrivato in patria mi s'ingiungesse di non partirmi senza licenza; così nel giro di sei mesi io era cacciato prima, poi confinato in Livorno! — Ora è da sapersi come i promotori del mio infortunio non rifinissero da sussurrare, che il manoscritto da me consegnato fosse tutt'altra cosa da quello letto; ma il tempo ha chiarita la menzogna, imperciocchè da prima fosse stampato a mia insaputa a Marsilia, poi liberissimamente in Toscana mentre durava la Censura preventiva; le quali due edizioni, dove si collazionino col manoscritto, che so trovarsi negli Archivii della cessata Presidenza, si conoscerà essere uguali per l'appuntino. Uno dei miei segreti denunziatori prima di morire commise al Cavaliere Vivoli d'impetrargli perdono da me, ed io lo concessi di cuore; pregato inoltre a dettargli lo epitaffio, lo feci senza adulazione, perchè invero egli era stato uomo di molta scienza e benemerito della mia città nella moría del 1804. Un altro non aspettò cotesto estremo punto per acquietare la sua coscienza, ma venne cristianamente per mercede, e cristianamente fu accolto; e ci baciammo in bocca, dannando all'oblio la ingiuria fatta e patita. Il terzo, un giorno pretese giustificarsi appo me, profferendo mostrarmi lettere donde resultava la pressura fattagli di unirsi agli altri due. Fosse vero o no il suo dire, cotesta era ignobile ricerca: la ricusai, invitandolo a dare al fuoco le carte, come io avevo dato alla dimenticanza il caso. — «Bruciate cotesti fogli, raccomandavagli istantemente, onde i nostri figliuoli non li trovino e si vergognino di noi.» — Durante il Governo Provvisorio, il Presidente del Buon Governo, che di questi e di altri travagli aveva contristato la mia giovanezza, fu il primo che a scadenza di mese mandò la ricevuta per riscuotere la paga. I miei orecchi sono stati saziati di encomii, e non gli ho avvertiti; ma questa fiducia posta nell'animo mio mi toccò nel profondo: grande era dunque la opinione della mia generosità! I miei compatriotti giudichino se io l'abbia meritata.
Che cosa fosse questa o Grazia o Giustizia, lo dica l'Accusa, perchè io mi professo incapace a chiarirlo. —
E passo alla terza piaga. Talvolta, non sempre, per sollevare l'animo e il corpo stanchi dalle continue fatiche, mi recava per qualche ora la notte in certa compagnevole brigata dove cenavamo, fumavamo e novellavamo a nostro agio. Convenivano quivi giovani appartenenti alle principali famiglie della città, ora uomini che il Governo annovera meritamente tra i fidatissimi suoi. Un bel giorno siamo chiamati davanti il Commissario di Polizia io e Domenico Orsini, persona dimostratasi sempre amica di quiete, onorata d'impieghi, tenuta anch'essa in conto di devota alla Monarchia Costituzionale; e ad ambedue noi il Commissario di Polizia fece motto di cospirazioni, di sètte e di simili altre fatuità. Rovello della Polizia a quei tempi era volere da per tutto cercare congiure: sentii dire, che gliele pagassero quando le aveva trovate, sicchè i bracchi tenevano sempre il muso a terra, e, non volendo tornarsi mesti ed anelanti a casa, quando non levavano congiure abbaiavano per far credere ch'elle fossero nel macchione. Fummo ritenuti due mesi in carcere: per questa volta vidi un Decreto, ma invano cercai il motivo della condanna; se ben ricordo, la breve scrittura conteneva una frase equivalente al causis nobis cognitis. — E se vuolsi aver saggio del caso che a quei tempi facevasi della libertà dell'uomo, si sappia come mio fratello Temistocle venisse a visitarci quasi quotidianamente. Certo giorno, su l'andarsene, il soprastante alle carceri gli diceva che bisognava si trattenesse là dentro; e il mio fratello rispondeva: rimarrei volentieri, ma i miei negozii mi chiamano altrove; — e l'altro: ho ricevuto poco anzi l'ordine di non lasciarla partire. — Oh! allora è differente la cosa. — Insomma anche il fratello un mese in prigione per colpa di visitare il fratello. Male incoglieva a quei tempi praticare le opere di misericordia corporale! —
Ho udito raccontare come nei tempi antichi corresse usanza di allevare al fianco di regio alunno un fanciullo di piccolo stato, onde quante volte il primo cadesse in colpa, tante potessero bussare il secondo, onde quegli con la sola vista della pena si emendasse, e questi il dolore (ch'è retaggio plebeo) sofferisse. La Polizia, sospettosa del consorzio innocentissimo degli spettabili giovani, io penso che percuotesse sopra di me, come persona di minore importanza, per incutere negli altri salutare terrore. — Intanto un senso di molestia per tutta la Toscana diffondevasi; in ogni classe di cittadini era ansietà affannosa, sgomento crescente, e un domandare quando cotesti