Il fiume Bianco e i Dénka: Memorie. G. Beltrame

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Il fiume Bianco e i Dénka: Memorie - G. Beltrame страница 10

Il fiume Bianco e i Dénka: Memorie - G. Beltrame

Скачать книгу

giorno, ed invitare que' Negri che venissero in nostro soccorso, promettendo loro un bel regalo in perline di vetro che essi amano tanto. Ma non ci fu verso di persuaderli a venire fin quasi al mezzodì; essi non si fidavano della nostra lealtà; ci credevano Turchi. Allora uno dei nostri barcaiuoli, di nome Mahàmmed-Chèr, saltò in acqua e s'avvicinò alla sponda mostrando loro alcune file di perline di vetro delle più belle che avevamo per adescarli, assicurandoli nello stesso tempo che i Bianchi che si trovavano nella gran barca non eran Turchi, e che perciò non temessero di nulla. Capitarono quindi sopra una mal connessa barchetta circa dodici Scìluk, e giunti alla distanza d'una decina di passi da noi, s'arrestarono, ci squadrarono ben bene, si scambiarono a bassa voce alcune parole, vollero vedere la quantità de' regali che noi avremmo data; fecero poi sforzi incredibili, insieme coi nostri barcaiuoli, per cavare la barca dall'arena, ma non riuscirono nè manco a smoverla. Noi demmo loro il regalo convenuto e li pregammo d'indurre anche i loro compagni, che ci stavano osservando dalla riva, perchè venissero a prestarci assistenza, facendo loro nuove promesse. Accorsero allora su quattro o cinque barchette tutti i Scìluk pescatori che colà si trovavano e che saranno stati intorno a trenta, muniti di lancia, lasciando sole le donne con i bambini. A dir vero noi temevamo questi liberatori, che alzando la voce pretendevano vedere quali e quante perline avremmo loro date; e vedutele ce le presero fuor di mano quasi colla forza; lanciando poi grida selvagge cominciarono a spingere la dahabìah verso il corso d'acqua navigabile; ma non appena essa fu smossa, le donne dalla riva, agitando le braccia e mettendo acutissimi strilli, incitavano i loro mariti a fuggire. Questi saltarono tosto nelle loro piroghe e in pochi istanti guadagnarono la sponda, negandoci ogni ulteriore soccorso e dicendo che noi eravamo Turchi. Stemmo lì fermi fino al giorno seguente; i Negri durante la notte erano già scomparsi; che cosa fare?... Noi credemmo miglior partito di alleggerire la dahabìah delle casse più pesanti, improvvisando alla meglio una zattera coi remi e con altro per adagiarvele; quindi tentammo a tutto fiato di smuoverla, ma indarno; calammo allora altra roba sulla zattera; e finalmente alle due pomeridiane, la Dio mercè, siamo usciti dal difficile passo e ci rimettemmo sul buon canale. I barcaiuoli ricaricarono con gran fatica ogni cosa, e alle ore cinque e mezza partimmo col vento in poppa.

      Nell'anno 1860 io tornai a visitare i Scìluk e li trovai trattabili e pieni di fiducia specialmente verso gli Europei non Turchi, ch'essi sapevano distinguere assai bene.

      In questa occasione io ebbi la fortuna di parlare più volte con un Capo di questi Negri, il quale oltre la propria lingua e quella dei Dénka parlava speditamente anche l'araba, essendo egli stato schiavo per alcuni anni nella casa di un Turco, alla morte del quale potè ricuperare la libertà che aveva perduta fin da tenero giovinetto.

      Da questo Capo io raccolsi principalmente quanto sto scrivendo sui Negri scìluk, ed ho ragione di credere che tutto ciò che mi disse sia vero, perchè è conforme a quello che udii ripetere da qualche Arabo, il quale da lungo tempo trattava con questi Negri, ed a ciò ch'io stesso ho potuto osservare.

      Ho detto altrove che i Scìluk, come i Nuèr, non sono compresi nel novero dei veri Dénka (Gièn), dai quali vengono considerati come antichi invasori delle loro terre; e di fatto essi fanno uso di un'altra lingua, sebbene intendano e parlino pure quella dei Dénka[8].

      Io volli notare alcune parole della lingua propria dei Scìluk, per indagare a quale altra razza potessero appartenere, e dedurne così la provenienza.

      Ecco le poche parole ch'io trascrivo quali trovo segnate sul mio giornale di viaggio, a fronte delle quali porrò quelle della lingua dénka, per conoscerne e valutarne il divario.

Nomi scìluk Nomi dénka
Dio — Kuàe Dio — Dèn-did (pioggia grande)
Uomo — Giâló, Dâno Uomo — Ran, Móg
Donna — Dakóu Donna — Tík
Fanciullo — Dèn Fanciullo — Mèvt, Uén
Fanciulla — Gñàn Fanciulla — Gñà
Cielo — Màl Cielo — Vniàl
Terra — Figñ Terra — Pigñ
Acqua — Fíu Acqua — Píu
Fuoco — Màg Fuoco — Màg
Vento — Rùde Vento — Ióm
Pane — Bièl Pane — Kuín
Albero — Tàu Albero — Tim
Frutto — Gñuèl Frutto — Tàu (l'a quasi o)
Casa — Uàt (l'a quasi o) Casa — G¨ùt
Barca — Jái Barca — Rièi
Stella — Kièlo Stella — Kuél
Tabacco — Tàbo Tabacco — Tàb
Pipa — Dak Pipa — Tógñ-e-tàb (vaso del tabacco)
Bestia — Diàn Bestia — Lái
Lancia — Ton Lancia — Tòn
Pronomi personali
Scìluk Dénka
Io — janèn Io — g¨èn
Tu — jin Tu — jín
Egli, Ella — ñġatì Egli, Ella — jèn
Noi — Uèn (l'e quasi o) Noi — òg¨
Voi — Un Voi — uék
Eglino, Elleno — Ġi (ġ dura) Eglino, Elleno — kék
Tutti — Ġebène (ġ dura) Tutti — ké-vdia, rór-e-bèn (Tutti gli uomini)

Addiettivi indicativi numerali cardinali
Scìluk Dénka
1 — dièl 1 — tók

Скачать книгу