Geschichte und Region/Storia e regione 29/2 (2020). Группа авторов

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carolingia per il tramite della madre. I casi presentati, dunque, hanno consentito l’osservazione di uno strumento creatore di relazioni che si muove spesso nella dimensione dell’oralità, ma non sono assenti nemmeno documenti in cui la concessione viene esplicitamente indicata come beneficium, presentando in alcuni casi un rapporto di sinonimia con la precaria e confermando quindi anche per alcune aree del regno italico le riflessioni di Brigitte Kasten relative alle regioni transalpine. Agli inizi del secolo IX si concentrano infatti in Sabina attestazioni di concessioni beneficiarie di beni monastici che in precedenza erano stati in parte o integralmente donati al cenobio farfense per essere poi richiesti dagli stessi donatori in beneficio, mutati dunque nel loro status e aumentati nel loro valore iniziale dal momento che la donazione al luogo sacro comportava per il donatore l’ingresso nella famiglia spirituale del monastero. Emergono tuttavia anche casi, come ha mostrato il diploma di Carlo Magno, in cui le assegnazioni beneficiarie vengono solo evocate con l’intento di marcare la differenza rispetto al nuovo modo di intendere determinati beni per i quali il sovrano disponeva un nuovo impiego, non più concessi per un tempo limitato ma alienati in via definitiva attraverso una donazione.

      A tale riguardo, i contributi offerti dall’antropologia hanno fornito utili suggestioni per poter osservare dinamiche che sembrano adattarsi molto bene al paradosso di keeping-while-giving indagato da Annette Weiner. Il beneficio, infatti, si presenta come uno strumento molto duttile, particolarmente adatto all’assegnazione di beni che si vogliono mantenere inalienabili e che vengono dunque concessi per un tempo limitato per tornare poi nelle mani del detentore originario, che su di essi non ha alcuna intenzione di perdere il controllo. In ciò si distingue dalle donazioni vere e proprie che comportano il trasferimento dei diritti sui beni concessi e la loro alienazione definitiva. Tradizionalmente inteso come una forma di concessione strettamente legata al vassallaggio, esso tuttavia risulta un agile mezzo per creare reti di relazioni e rapporti di fedeltà con individui che spesso non hanno nulla a che vedere con la sfera militare; tra i beneficiari emergono infatti preti, semplici gestori di porzioni del patrimonio abbaziale come lo scario Crescenzio o ancora donne come l’ancilla Dei Helina. Uno strumento che tuttavia porta con sé degli elementi ambigui proprio per la sua natura duttile e adattabile a varie situazioni, nonché per la predilezione all’oralità, e tali aspetti emergono bene dai casi conflittuali legati all’assegnazione di porzioni del patrimonio monastico o dell’intero monastero in beneficio, come si è potuto osservare per il caso nonantolano, senza il consenso dell’abate e della comunità monastica. Il caso del marchese Radaldo ha mostrato in particolare come l’assenza di un atto scritto che comprovi l’assegnazione beneficiaria, unita all’impossibilità di presentare in sede giudiziaria testimoni che potessero sostenere le ragioni del beneficiario, comporti per quest’ultimo la perdita tanto della causa quanto del beneficio. Nell’analisi di uno strumento di relazione come il beneficium pare dunque necessario riflettere sulla base di periodizzazioni dettate dagli stessi contesti regionali in cui tale forma di concessione è osservabile, operando poi un confronto con altre aree e altre scansioni cronologiche. A tali aspetti si aggiunge, infine, la necessità di liberarsi al tempo stesso delle sovrastrutture legate alla questione del feudalesimo e dalle prospettive retroattive, per procedere senza i famosi occhiali da sole feudali nel tentativo di restituire un quadro un po’ meno fosco di quanto si è presentato finora agli studi.

      Manuel Fauliri, Das beneficium zwischen verhängnisvollen Tücken und regionalen Partikularismen. Ein methodischer Vorschlag für eine neue Periodisierung eines Beziehungsinstruments im regnum Italiae (8.–10. Jh.)

      Das Problem der Periodisierung und regionalen Differenzierung zählt zu den Konstanten in der Beschäftigung mit Geschichte. In den letzten Jahren waren zahlreiche klassische Bereiche der Mediävistik zum Objekt heftiger Debatten geworden, die vor allem um das Thema der Transformationsprozesse der römischen Welt kreisten. Parallel dazu standen auch traditionsreiche Grundannahmen in der Mittelalterforschung, wie das Lehnswesen, im Kreuzfeuer der Kritik, die zu weniger rigiden Periodisierungsversuchen und stärkeren Nuancierungen führte. Im Kontext der intensiven Auseinandersetzungen mit Susan Reynolds Fiefs and Vassals soll in diesem Beitrag das in den letzten Jahren etwas vernachlässigte Thema des beneficium (ein auf Zeit gewährtes „Gut“) angegangen werden. Es handelt sich dabei um eine Form der Leihe, die gewöhnlich in den Bereich der Mündlichkeit angesiedelt und traditionell als Kompensation für militärische Erbringungen interpretiert wurde. Reynolds vermutete seinen Ursprung hingegen im kirchlichen Bereich als Anlehnung an die Vertragsform römischer Herkunft der precaria. Reynolds Interpretationsmodelle zum beneficium und seinem Verhältnis zur precaria sind letztens vor allem von Brigitte Kasten vertieft worden, während Paul Fouracre das beneficium vor dem Hintergrund anthropologischer Modelle zum Gabentausch untersucht hat, indem er auf das Modell der „paradoxen Dynamik“ von Annette Weiner zurückgriff, das mit dem Ausdruck keeping-while-giving auf den Punkt gebracht werden kann.

      Vor dem Hintergrund dieser neuen Interpretationsansätze will dieser Beitrag das beneficium als ein Instrument der Beziehung in einem spezifischen geografischen Raum mit langobardischer Tradition, nämlich dem regnum Italiae, untersuchen, und zwar entlang einer Zeitspanne von zwei Jahrhunderten, die der klassischen historischen Epocheneinteilung entspricht. Dabei fällt auf, dass das beneficium im Langobardenreich nicht als Neuheit von den Franken nach der Eroberung von 774 eingeführt worden ist, sondern bereits der römischen juristischen Tradition bekannt war und auch in langobardischer Zeit ausgemacht werden kann, wenngleich sporadisch. Ab dem 9. Jahrhundert begegnen derartige Leihen in den Quellen häufiger, dabei weisen die sehr unterschiedlichen Kontexte ihrer Verwendung keineswegs auf einen einheitlichen Gebrauch dieses Instruments im regnum hin. Anhand einiger stichprobenweise aus umfangreichen und kontinuierlichen corpora entnommener Beispiele kann der Beitrag aufzeigen, wie verschieden das beneficium je nach regionalem Kontext verwendet worden ist: Die Beispiele beziehen sich auf die Klöster Farfa, im heutigen Lazium, und S. Ambrogio in Mailand sowie auf die Abtei Nonantola, wobei hier, zwischen Modena und Mantua, die Leihe von beneficia nur selten dokumentiert ist. Die untersuchten Beispiele liefern auch ein vielfältiges Bild der Beliehenen: Es finden sich fideles des Herrschers wie auch einfache Verwalter von Teilen des Klosterbesitzes. Die traditionelle Verbindung zwischen beneficium und Vasallität scheint demnach irreführend, da die Vasallen gewiss Güter in beneficium erhalten konnten, sie aber nicht die einzige Empfängergruppe darstellten.

      Durch den anthropologischen Zugang kann der Beitrag auch in diesem Untersuchungsraum die Dynamiken eines keeping-while-giving-Prozesses beobachten. Das beneficium erwies sich nämlich als ein besonders flexibles und an verschiedene Situationen anpassungsfähiges Instrument, um Beziehungen mittels unveräußerlicher Güter zu stiften – ein Instrument, das (seiner Natur gemäß verschieden von einer tatsächlichen Gabe) eben dem ursprünglichen Inhaber weiterhin die Kontrolle über die abgegebenen Güter garantieren konnte, da sie am Ende in seine Hände zurückfallen mussten. Der Beitrag verweist auf die Notwendigkeit, klassische Periodisierungsschemata mit strikten Zeitrastern aufzubrechen, um den Ähnlichkeiten wie auch Differenzen in den verschiedenen regionalen Kontexten des regnum Italiae gerecht werden zu können.

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