Il roccolo di Sant'Alipio. Caccianiga Antonio

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Il roccolo di Sant'Alipio - Caccianiga Antonio

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e salutandolo con la Maddalena, mi dichiaro, colla fibbia davanti

      Suo obbligatissimo servitore

       Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Signor Arcidiacono

      Devo prevenirlo per sua regola e norma, e per avviso ai Cadorini, che S. M. I. R. A., con venerato decreto sovrano, si è graziosamente degnata di proibire tre colori che non gli vanno a sangue, e sono il bianco il rosso ed il verde. Ogni sovrano ha pieno diritto di bandire i colori che gli riescono antipatici, ma temo pur troppo che le nostre povere montagne dovranno andare in prigione come ribelli, perchè in primavera non potranno nascondere la neve, l'erba e le fragole. Qui le donne sono sorde, e portano fiori e nastri coi tre colori proibiti, e faranno benissimo di metterle tutte dentro, e se come si vede, anche gli uomini seguiranno l'esempio, Sua Maestà sarà costretto di far chiudere le porte delle città, e di considerare i suoi sudditi come tanti prigionieri di Stato. In tale previsione vorrei prendere il largo, ma i miei padroni persistono a non lasciarmi partire. Mi hanno detto che jeri sera vi fu un gran baccano al Teatro della Fenice, e venne freneticamente applaudito un coro nel quale si cantava: «la patria tradita.» L'altra sera ad un ballo nominato la Siciliana, i facinorosi e male intenzionati hanno gridato Viva Napoli, perchè quel re ha dato la costituzione.

      Io non frequento il Teatro, ma assisto ogni domenica alla messa a San Giacomo all'Orio, dove si trova sempre il console del papa, e la gente è tanto fitta che un grano di miglio gettato dall'organo non potrebbe cadere sul pavimento. Credo che se Pio IX venisse a Venezia non avrei da invidiare le feste vedute dal mio povero padre per la venuta di Pio VI, delle quali non si è mai dimenticato in tutta la vita. Ma credo che il nostro imperiale e regio governo non sarebbe troppo contento di questa visita, per cui io non domando altro che di riverirla unitamente a tutti di casa, e mi dichiaro in buona salute, anche per notizia di Maddalena, colla quale le presento la assicurazione d'ogni rispetto del suo devotissimo,

      Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Signor Arcidiacono

      I venerati decreti di S. M. I. R. A. proibiscono «i discorsi antipolitici» e le riunioni di più persone. E infatti «i facinorosi e male intenzionati» furono causa di nuovi ribaltoni. Il governo fece chiudere varie botteghe e mise in prigione i negozianti che vendevano oggetti coi tre colori ribelli. Guai se un trattore mette nella stessa vetrina delle uova, dei cavoli, e della carne di manzo, questa mostra ostile al governo lo farebbe dichiarare «facinoroso e male intenzionato» e lo condurrebbe direttamente in prigione.

      I fedeli poliziotti sono trasformati in imbianchini, e percorrono le vie con un mastello di calce ed un pennello per cancellare le iscrizioni di «Viva Pio IX, viva l'Italia, morte ai tedeschi,» e devono anche lacerare tutte le cartoline collate sui muri, che dicono cose da far drizzare i capelli ai buoni sudditi. Si dice che anche nelle provincie le popolazioni manchino di rispetto ai croati, mandati da qualche giorno in gran numero, per consolare la gente dabbene. A Padova venne chiusa l'Università, dove quei matti di studenti, mostravano la strana pretesa che gl'italiani dovessero essere i soli padroni d'Italia. Non avrei mai creduto di udire simili enormità, che sono severamente punite dalle leggi. Temo che il mondo vada a gambe levate, colle quali ho paura che voglia colpire le parti deretane di certa gente senza giudizio. In questi giorni abbiamo avuto molta pioggia, senza contare quella delle dimostrazioni antipolitiche, ma siccome il lunario annunzia giorni sereni pel secondo quarto della luna, così mi rassegno al fango colla speranza d'un migliore avvenire, il quale le auguro felice, e in piena salute, come Ella mi intende, mentre mi inchino colla solita venerazione; e mille cose alla Maddalena.

      Suo obbligatissimo ed affezionatissimo servitore

       Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Sig. Arcidiacono

      Quello che adesso è arrivato me lo aspettava da un pezzo. Sua Maestà il nostro amatissimo sovrano nella sua paterna sollecitudine pei sudditi si è graziosamente degnato di ordinare «il giudizio statario» per tutto il Regno Lombardo-Veneto, ciò che vuol dire che chi non avrà giudizio dovrà subirlo per forza, e il più statario che sarà possibile. Questa veneratissima sovrana patente, abbassata da Vienna, promette d'innalzare alla forca chiunque non pensasse come viene prescritto dall'eccelso supremo governo aulico, il quale ordina i processi sommari, e la immediata esecuzione delle sentenze di morte, senza altri diritti di ricorsi o grazie, imperiali, e in caso d'un equivoco si provvederà un'altra volta, non si ammettono nè giustificazioni nè difese, e chi credesse di aver ragione avrà torto, e sarà impiccato. S. M. I. R. A. nella sua sovrana clemenza si riserva di far cessare tali misure, quando non saranno più necessarie le impiccagioni per la salute e la felicità de' suoi sudditi. Altro non posso aggiungere per ora, e tenendo la testa stretta alle spalle per non lasciar passare la corda del boja di Sua Maestà, non intendo con questo di mancare ai riguardi dovuti all'altissimo funzionario che strangola i cristiani per dovere d'ufficio. E mi auguro di rivedere la Maddalena senza giudizio, il quale quantunque abbia il pregio di essere statario, desidero che sia in ritardo, per quanto è lecito di sperare senza offendere la maestà della legge. Mando a Maddalena i miei saluti, e quattro paja di calze che hanno bisogno d'essere rammendate con giudizio statario, per rimandarmele alla prima occasione unitamente a due camicie, e a dei fazzoletti da naso. E le domando scusa sig. Arcidiacono se le manco di rispetto con questi discorsi anticivili, ma se gli uomini devono vivere senza patria per ordine di Sua Maestà e in obbedienza alle leggi austriache non possono stare senza calze, senza violare le leggi della buona creanza, e con questa le bacio rispettosamente la mano e mi dichiaro

      Suo obb. ed oss. servitore

       Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Sig. Arcidiacono

      Evviva la libertà, evviva l'Italia, evviva Pio IX!... Siamo tutti liberi e salvi!... Viva, Viva San Marco! gli austriaci sono partiti, le prigioni sono aperte, Tiziano è in mezzo dei nostri buoni padroni che lo colmano di attenzioni e finezze. Finalmente posso scrivere schietto e netto tutto quello che vedo e che penso, senza tanti raggiri. Il giudizio statario, il boja e la forca hanno colmato la misura e tutto è andato sossopra. I Veneziani indignati di tante sopraffazioni si sono rivoltati in massa, i tedeschi hanno ceduto senza spargimento di sangue, e tutto è finito per sempre. Il popolo ha rotto i cancelli delle prigioni, l'avvocato Manin e il letterato Tommaseo sono stati portati in piazza in trionfo fra gli applausi e gli evviva a San Marco, gridati da ogni parte da una folla immensa. Tiziano si è gettato fra le mie braccia, io lo sentiva, lo stringeva senza vederlo, perchè le lagrime mi offuscavano la vista. La bandiera italiana sventola sulle antenne della piazza, tutti hanno la coccarda tricolore al cappello ed alla bottoniera. — Viva l'Italia — Viva San Marco — questo è il grido che si sente dovunque. Se mio padre fosse ancora al mondo vorrei vederlo a Venezia!... Signor Arcidiacono corra da mia moglie, e la consoli, nostro figlio è libero; e dica a tutti i nostri cari compatriotti che l'Italia è finalmente libera e indipendente, e che gridino tutti in coro — Viva l'Italia — Viva San Marco — Viva Pio IX.

      Non so precisamente quando saremo di ritorno ma spero assai presto, e intanto, coi nostri saluti, Tiziano ed io le baciamo le mani con tutto il rispetto. Mille cose a Maddalena, e sono sempre

      Suo obb. ed oss. servitore

       Antonio Larese del fu Taddeo.»

       Indice

      Il grido di Viva San Marco della prima rivoluzione di Venezia è stato criticato come inopportuno e municipale; ma esso sorgeva spontaneo dalla tradizione storica, dalle memorie domestiche, dalla fede religiosa del popolo veneziano, rinvigorito dall'aspetto dei monumenti,

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