Il Cielo Di Nadira. Mongiovì Giovanni

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Il Cielo Di Nadira - Mongiovì Giovanni

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serenità.» ribadì Alfeo.

      «Evidentemente il fatto che Michele gli abbia salvato la vita non è stato sufficiente per una bestia del genere!» rispose Corrado.

      «Modera i termini, e mostrati sottomesso!» fece Alfeo.

      Tuttavia Corrado afferrò il coltello col quale sua madre stava sbucciando un’arancia amara proveniente dalle vallate più basse, se lo infilò nella cintura dei calzoni e uscì fuori, divincolandosi da Apollonia, che preoccupata lo tratteneva per un braccio.

      «State qui!» intimò a tutta la famiglia prima di uscire.

      Umar l’aspettava in piedi vicino ad un mandorlo, mentre dietro, ad una decina di passi di distanza, se ne stava tutto il resto della sua famiglia.

      «Non ti è bastato che mio fratello ti abbia salvato la vita? Che altro vuoi da me?»

      «Michele ha pagato i tuoi torti passati, ma il suo gesto non può ripagare i tuoi odierni.»

      «E quei due giorni a lasciarmi morire appeso ad un palo che cosa hanno ripagato?»

      «Quello serviva solo a farti capire a che posto devono stare i maiali infedeli come te!»

      Corrado ebbe l’istinto di portarsi una mano alla cintura, ma appena avvertì l’impugnatura sotto le dita lasciò perdere.

      «Dimmi perché mi hai cercato.»

      «Gli uomini di un certo Salim hanno portato via mia sorella.»

      «Lo sanno tutti, Umar. Pensa... proprio tu che sei così geloso di Nadira, te la sei fatta soffiare da sotto il naso… proprio tu che permettevi che lasciasse vedere solo i suoi occhi... Che ti è saltato in mente quando hai accolto in casa quel criminale? Credevi di far bella mostra di Nadira con un estraneo senza averne conseguenze? Persino io nasconderei mia sorella allo sguardo di un forestiero. Metti la preda davanti alle fauci del lupo e poi ti lamenti che questo se la porti via? Umar… Umar… grande e stupido Umar!»

      Umar tirò fuori la scimitarra che teneva appesa alla cintola e fu lì per lì per rispondere alla provocazione.

      «Fallo, Umar… fallo! E poi chiederai alle volpi che l’altra notte girovagavano per il Rabaḍ cosa mi ha detto quell’uomo. Perché sono sicuro che è per questo che oggi vieni a cercarmi.»

      Umar rinfoderò la sua arma e rispose:

      «Visto che lo sai già, perché non sei venuto a dirmelo ieri?»

      «Credevo che il tuo Qā’id ti avesse già detto quello che vuoi sapere. O devo credere che neppure ti ha ricevuto…»

      «Ho parlato col Qā’id e farà di tutto per riportare a casa Nadira. Pagherà il riscatto e poi darà la caccia agli uomini che hanno osato fargli quest’affronto!»

      «Ti ha detto così? Ti ha parlato di riscatto?» chiese perplesso Corrado.

      «Quello che ho discusso col Qā’id non sono affari tuoi. Dimmi solo cosa ti ha detto quel Salim maledetto.»

      «Non ti dovrei niente… lo sai.»

      «Mi devi la vita, dal momento che se respiri ancora è grazie alla mia pietà.»

      «Per dirti quello che so voglio qualcosa in cambio.»

      Umar, spazientito, rimise la mano alla scimitarra, tuttavia Corrado afferrò l’impugnatura insieme al primo, impedendogli di intervenire. Umar quindi portò l’altra mano alla gola di Corrado e tentò di strozzarlo, salvo lasciare la presa quando si accorse del coltello che premeva sul suo addome.

      «Ti sbudellerei, Umar… ma non voglio portare la rovina in casa di mio padre.»

      Jala, che aveva assistito a tutta la scena, venne avanti correndo.

      «No, Umar, non così!»

      Corrado nascose nuovamente il coltello e Umar fece due passi indietro, consapevole che ci fosse mancato davvero poco.

      «Lasciami parlare col cristiano, da sola.» richiese Jala.

      «Sei impazzita?»

      «Per favore, Umar. Corrado non si rifiuterà di ascoltare la parola di una madre.»

      «È armato!»

      Ma Corrado intervenne:

      «E credi che possa fare del male a tua madre? Mi fossi chiamato Umar, o col nome di uno dei tuoi scagnozzi, forse avrei potuto pure colpire una donna; Apollonia porta ancora i lividi!»

      «Umar, va’ per favore vicino a tua moglie.»

      Quindi l’esattore del Qā’id si allontanò e, pur se con disappunto, lasciò sola sua madre.

      «Ragazzo, mi dispiace per tua sorella… so bene che un vigliacco ha pensato bene di malmenarla. Umar in questo non c’entra niente però… non è stato lui. E poi, i lividi di tua sorella tu puoi ancora vederli… avessimo avuto noi una ragazza malmenata da curare!»

      «Mi dispiace per tua figlia.»

      «La gente comincia a dire che i morti del Rabaḍ siano la conseguenza degli occhi di Nadira, e che la stranezza di quegli occhi inconsueti abbia dato il suo frutto l’altra notte; che Sheitan59 abbia legato agli occhi di Nadira la brama che conduce all’inferno! Adesso ci guardano tutti con diffidenza.»

      «Di che ti preoccupi? Noi ci viviamo da sempre nella diffidenza della gente.»

      «Corrado, ti prego! Ti ho visto con i miei occhi mentre quel forestiero ti parlava prima di scomparire nella notte.»

      Corrado non avrebbe rifiutato quella verità ad una madre disperata, tuttavia, consapevole che la sua famiglia fosse stata da sempre socialmente penalizzata, pensò bene di chiedere qualcosa in cambio.

      «Dove vi siete sistemati?»

      «Il Qā’id ci ha concesso di sistemarci in una piccola casa arredata. Perché me lo chiedi?»

      «Per quello che ti dirò voglio che la mia famiglia trovi alloggio in una casa come la vostra. La notte farà freddo, e non abbiamo abbastanza legna e coperte per scaldarci.»

      «Quello che mi chiedi è impossibile. Cosa ci appartiene tra queste mura perché concediamo una cosa del genere a qualcuno?»

      «Per certo dove il Qā’id vi ha accolto avrete spazio a sufficienza.»

      «La legge del Profeta vieta di condividere lo stesso tetto con i dhimmi per più di tre giorni.»

      «Vada per tre giorni allora… poi chiederai al Qā’id, tuo futuro genero, di trovarvi un altro posto dove stare.»

      «Andrebbero bene anche le stalle?» chiese Jala, intendendo comunque se andasse bene per i cristiani una sistemazione del genere.

      «Se la vostra legge non dice nulla in merito a condividere lo stesso tetto con i muli, vanno bene anche le stalle.»

      Jala

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