Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis
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Читать онлайн книгу Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi - Augusto De Angelis страница 13
Ho acceso le sette candele e adesso traggo di tasca la Browning. Verifico: sette colpi nel serbatoio e uno nella canna. Ce n’è più del necessario, vale a dire.
— A me! – grido. – Nikola! Se non mi aprite immediatamente, dico im-me-dia-ta-men-te, faccio fuoco.
La porta, infatti, si apre e compare nel riquadro di essa l’elegante figurina di una donna, giovane, graziosa, sorridente. Ma no! È impossibile! Quelle gambe diritte... quegli occhi verdi... È impossibile! E pure, non sogno: è la mia sconosciuta del Claridge. È lei, vi dico! Sto per gridare al fantasma. Quelle sette candele contro gli specchi, quella consolle panciuta... c’è magia!...
— A me!... – la voce mi esce strozzata dalla gola.
— Tacete, dunque, signore, vi prego! Nikola è molto occupato. Sta facendo lo za’ar a un Pascià del Cairo, che aspira alla presidenza del Senato.
— Nikola?!...
— Mio marito, signore.
R
3. L’orrendo sospetto
— Sapete? Io dico za’ar , ma non so che cosa significhi! Soltanto da tre mesi sono la moglie di Nikola Cripopoulo, e non so parlare l’arabo.
— Za’ar vuol dire esorcismo, magia nera, rimedio sicuro contro i demoni. L’ho imparato poco fa, venendo qui in carrozza. Ma non credo che Cripopoulo stia facendo uno za’ar , anche se lui lo dice soltanto gli stregoni indigeni possono farlo. Io, come inglese, conosco bene l’Egitto. Nikola, secondo voi, è uno stregone indigeno?
— Volete sedervi, signore? E quelle sette candele accese! Perchè avete acceso quelle candele?
— Non trovate che la facciata della casa di fronte sia troppo vicina alla finestra di questa camera e che le tolga tutta la luce? Per questo ho dovuto accenderle.
— Sette! Va bene il buio, ma proprio sette!
— E voi, perchè ne avete messe lì sette?
— Io?
— Non siete la moglie di Cripopoulo?
— Che cosa c’entra con le sette candele? Io vengo qui soltanto due volte il giorno.
— Non capisco! Ma a proposito... il cameriere del Claridge...
— Il Claridge è un albergo e io non so...
— No! Perbacco! O per Allah, come preferite. No, vi dico! Non crediate che vi sia possibile indurmi al suicidio, convincendomi che io farnetico! Voi siete la signora con cui ho parlato oggi, dopo colazione, nella hall del Claridge’s hôtel .... Voi e non un’altra!
— Io. Certamente. Ma perchè non vi sedete?
— Perchè non voglio produrmi delle echimosi alla schiena con i fiori di legno delle vostre poltrone. Dunque, voi! Ebbene, il cameriere mi ha detto che voi, signora, siete polacca...
— Infatti...
— Nikola Cripopoulo mi aveva in precedenza garantito di avere una moglie egiziana, nata in un harem. Come conciliate le due affermazioni?
— Nikola avrà avuto le sue ragioni, per darvi una informazione....
— Erronea!
— Inesatta.
— Bene. Lo vedremo. Adesso, se permettete, mi ritiro. Vi sarò grato, se vorrete dire a Nikola Cripopoulo, vostro marito, che lo attendo in albergo alle venti.
— Glielo dirò, signore.
Mi avvio all’uscita. Eppure no, non uscirò così! Sento che attorno a me c’è un mistero, un cupo mistero anzitutto da squarciare, indi da illuminare, e soprattutto che occorre io mi guardi da esso. Qualcosa e qualcuno minacciano la mia esistenza. La signora Cripopoulo – debbo, dunque, chiamarla così? – mi guarda e ha gli occhi verdi. Il suo sguardo è tale da esasperarmi.
— Anzi, signora, voi gli direte che io non potrò attenderlo alle venti.... Gli direte di venire invece... ecco! alle ventiquattro. Che ne dite?
— È una strana ora, per dare degli appuntamenti!
— Non sono il solo a darli a quell’ora. Che ne dite?
— Che ci sono appuntamenti e appuntamenti.
— E aggiungete che ho cambiato camera. Adesso, perbacco! ho la camera numero nove.
— In fondo al corridoio, a destra. Ha due finestre e un bagno senza finestra.
— Come lo sapete?
— Caro signore, vedete? Guardatemi in volto. Io sorrido. Io vi sorrido con molta grazia. Un altro uomo, che non fosse un inglese, penserebbe: in quel sorriso si racchiudono tutte le promesse. Pensatelo, signore, e non date un appuntamento a ore indebite, a un marito che a mezzanotte dorme, turbando così tutto un sistema di vita regolato e metodico.
Non si potrebbe con miglior grazia dirmi che sono un asino. E d’altra parte non è da lei stessa, questa notte, che io potrò avere una spiegazione del mistero?
— Riconosco, signora, di aver agito con qualche precipitazione. Ve ne chieggo scusa. Non alle ventiquattro, ma alle venti, attenderò l’ottimo Cripopoulo nel mio albergo. E a lui chiederò soltanto la ragione per la quale ha voluto chiudermi a chiave in questa camera.
— A chiave?... Chiudervi?... Ma voi vi ingannate, signore! Guardate! questa porta non ha chiave e non si potrebbe chiuderla, neppure a volerlo...
Infatti, infatti!.... Eppure, la porta era chiusa poco fa, essa ha resistito ai miei ripetuti sforzi. Il mistero s’infittisce.
— Non è vero, Nikola, che voi non avete chiuso a chiave questa porta, dietro le spalle del signore?
Nikola è comparso. Non è più in pigiama. L’abito grigio che indossa è impeccabile.
— Non v’è porta che non si apra dinanzi a un giusto, e mister Domiziani è un giusto. Ma voi, Franzyska, perchè siete qui, in compagnia del signore?
— Perchè appunto egli gridava d’essere rinchiuso e non lo era.
— Sta bene. Vi presento madama Cripopoulo, mister Domiziani. Non era nelle mie intenzioni farlo, ma talvolta le azioni vanno oltre le intenzioni. Per questo occorre sempre