L'assedio di Firenze. Francesco Domenico Guerrazzi

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L'assedio di Firenze - Francesco Domenico Guerrazzi

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di nullità impedire che i figli nati da illegittimo connubio sieno promossi alla dignità dell'episcopato; — voi non saprete come per ovviare a siffatto impedimento s'inducessero falsi testimoni, i quali, la grazia umana alla verità preponendo, deposero la madre della quale era stato generato costui innanzichè ammettesse agli abbracciamenti suoi il padre Giuliano, averne avuto la fede segreta di diventarle marito[97].»

      «Va oltre...»

      «E non saprete neppure come al pontificato ascendesse con manifesta simonia, però che suoni universale la fama ch'ei lo comperasse mediante una cedola segretissimamente firmata di sua mano, con la quale si obbligava di conferire al cardinale Colonna la vice-cancelleria e il sontuoso palazzo fabbricato dal cardinale di San Giorgio...[98]»

      «Dunque?»

      «Ed alla Maestà Vostra importa ancora moltissimo comporre le differenze dei luterani, le quali come offendono il papato, così un giorno potrebbero offendere anche voi. — Io penso che non vogliate andare tanto pel sottile intorno alle tesi di fra Martino: — la bisogna sta di porre un calcio in gola a Giovanfederigo duca di Sassonia, al langravio Filippo e a papa Clemente; — tutto ciò conseguirete in un punto.»

      «E in qual modo? Spácciati: — come san Lorenzo mi pare di starmi sopra le brace...»

      «Convocando un concilio ecumenico. — Quivi sarà deposto Clemente come bastardo e simoniaco, esoso all'universale; quivi perderanno la riputazione Giovanfrancesco e Filippo, alcune pretensioni concedendo, alcuni pretendenti guadagnando, poco dando ed a pochi, a tutti moltissimo promettendo; insomma adoperandovi le arti di regno, che io so per avere sentito dire, e voi per pratica diuturna molto meglio di me sapete[99]. Che ve ne sembra, Sacra Corona?» Carlo non lo ascoltava più; — accostandosi alla porta, chiamò Adriano di Croy e gli disse:

      «Sire conte, — mandate ad annunziare la presenza della nostra augusta persona; — voi accompagnateci con le debite cerimonie al convito.»

      «Sacra Maestà! Sacra Maestà!» — correndogli dietro gridava Cornelio Agrippa.

      «A che chiamate, cavaliere?»

      «E il ducato?»

      «Oh! un ducato non si ha mica per le mani come un consiglio. — Abbiamo promesso conferirvelo, e lo avrete: — però noi non ci siamo prescritto spazio fisso di tempo... sperate... lo avrete... sarete consolato.»

      Cesare incamminandosi al banchetto, queste diverse parole si facevano a mano a mano più languide e meno distinte, come la gratitudine dei re all'avvenante che si dilunga dal benefizio.

       Indice

      E' vi fu un tratto una donna lombarda

      Che credeva che il papa non foss'uomo,

      Ma un drago, una montagna, una bombarda.

      E vedendolo andare a vespro in duomo,

      Si fece croce per la meraviglia:

      Questo scrive uno storico da Como.

      Berni, Capitolo in lode del Debito.

      E che il gran vecchio onde ti appelli erede,

      Tiranneggiando in noi del ciel l'impero,

      Vergogna il prenda, ove talor ti vede.

      Alamanni, Satira II, parlando di Clemente VII.

      Clemente papa ora se ne sta ridotto nella stanza più riposta del suo palazzo: ella era di forma ottagona con bellissime colonne di ordine ionico. Da quattro lati vi fanno capo altrettante porte di rare modanature come sapeva condurre la eccellenza dell'arte così comune in quei tempi; gli altri sodi appariscono ornati di quadri rappresentanti martirii di santi, membra segate, capi fessi, brindelli laceri, che infondono, piuttosto che riverenza, ribrezzo; — intorno all'architrave superiore si innalza una parete che gli architetti chiamano tamburo, e sul tamburo una cupola elegante a imitazione delle forme immaginate dal divino Brunellesco.

      Clemente posa in ampia sedia decorosa di velluto cremesino e per bollettoni dorati: un pulvinare di velluto sottosta ai suoi piedi; dinnanzi ha una tavola ricoperta di velluto; — sopra la tavola un Cristo effigiato con tanta maestria che par che spiri; — e un messale stupendo per gl'industri lavori di fermagli e cesellature co' quali maestro Benvenuto l'ornò.

      Il papa, deposta la pompa degli abiti pontificali, veste la cappa rossa, la mozzetta, o sarrocchino di velluto soppannato di pelli bianche come neve; — il capo ha coperto di un berretto che i preti chiamano camauro, di velluto anch'esso e soppannato di pelle. Gli occhi tiene fissi sopra il messale, ma come gli occhi già non vi teneva fissa la mente. Quel messale ad ogni pagina aveva una cartapecora miniata da artefice illustre, rappresentante il passo del Vangelo che ricorreva quel giorno. La cartapecora in quel punto aperta davanti al pontefice mostrava Gesù Cristo nell'orto di Getsemani sudante sangue, rifinito da incomprensibile angoscia, supplicare al Padre che rimuovesse dalle sue labbra il calice della passione; — se poi non si potesse altrimenti, avrebbe fatto la sua volontà. Come un Dio offeso sè a sè stesso sacrificasse per placarsi non si comprende: al nostro intendimento umano sembra che il meglio senza tanti andirivieni saria stato perdonare addirittura e risparmiare a sè il dolore, agli uomini il delitto. Dove per lo contrario cotesto fatto deva spiegarsi nel senso di un padre il quale per amore dei suoi figliuoli non aborre dai martirii e dalla morte, allora la storia si volge al cuore piena di tenerezza.

      Ma la mente del papa era le mille miglia lontana da cotesta immagine di sacrifizio: — egli fu ne' suoi tempi delle cose mondiali speculatore arguto; nelle bisogne di stato, diligente ed assiduo; — nel deliberare grave, nel deliberato costante: — più che d'altro si pasceva di ambizione; la quale non potè mai, per impedimento di fortuna, saziare a suo talento; e quando pure lo avesse potuto, non sarebbe per questo rimasta in lui la libidine di desiderare il bene degli altri. — A tante e siffatte qualità degne d'impero mancò animo pronto, audacia e costanza nell'eseguire, — e mancò eziandio (ma questo non credo sia qualità, non che necessaria, utile ai potenti della terra) misericordia del prossimo: — ebbe viscere di granito.

      La umiliazione di Carlo (sebbene contro la sua natura, la quale consisteva nel simulare e nel dissimulare stupendamente, egli non avesse potuto trattenere un sorriso di compiacenza nel vederselo così prostrato dinnanzi) non gli piacque come trionfo, sibbene come mezzo di aumentare la sua autorità: — pensava adesso a lenire la piaga di quell'anima superba; del concilio pur troppo, quantunque di cosa lontana, temeva; — più del concilio egli dubitava cesare non fosse per rendergli contrario il lodo pel quale aveva compromesso in lui insieme col duca d'Este intorno alla reversione del ducato di Ferrara alla Sedia Apostolica; — a queste e a ben altre cose egli pensava, ed attendeva a ristorare le maglie della rete di san Pietro, logore dagli anni o dalla incredulità, con un filo di violenza ed un altro di frode.

      Dietro la sedia stava in piedi un uomo immobile, cosicchè lo avresti tolto per una apparizione dell'altro mondo; con la destra stringeva un pomo della spalliera, la manca abbandonava lungo il fianco; — era pallido, di capelli nerissimi, vestito di nero; — quella sua fronte non compariva pacata, ma stanca dai lunghi combattimenti morali: — la quiete di un gruppo di nuvole raccolte nel cielo durante una notte di estate, quando non soffia un alito, e il demonio delle tempeste incatenato non può cacciarsele vertiginose

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