L'assedio di Firenze. Francesco Domenico Guerrazzi

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L'assedio di Firenze - Francesco Domenico Guerrazzi

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volgere la pupilla dal punto dove stava fissa, cominciò il papa, «molto abbiamo fatto per voi...»

      «Beatissimo Padre...»

      «Non c'interrompete; — siate con noi più orecchi e meno lingua che potete: — molto abbiamo fatto per voi; e ciò vi rammentiamo soltanto perchè possiamo fare cose molto maggiori. Cavalcherete al campo sotto la nostra pa... sotto Fiorenza.»

      Gli occhi del personaggio chiamato Giovanni coruscarono a guisa di baleno dall'orbita profonda.

      «Colà attenderete a notare diligentemente le cose che vedrete, inviandocene debita relazione o sommario, dove la materia abbondi, per un cavallaro a posta a Roma, o a Orvieto, o a Bologna, secondo che vi terremo avvisato.»

      Tranne quello dei labbri, il papa non fece altro moto fin qui: — ora della mano chiusa sopra la tavola stendeva il dito pollice quasi per annovare le diverse commissioni che conferiva a cotesto suo fidato.

      «Osservate sopra tutti Baccio Valori nostro commessario al campo: egli ama sè prima; con immensa distanza dopo la libertà, poi i Medici: — noi l'adoperiamo, giovandoci il credito e l'autorità di lui; egli si pose ai nostri stipendii perchè non si affida nello stato presente di Fiorenza, e non potendo guadagnare nulla col popolo, s'industria avvantaggiarsi con cui intende dominarlo: — forse, chi sa? un giorno renderà alla nostra stirpe il danaro che ci cava di sotto con la sua testa per cambio della moneta, e non sarà troppo, ma basterà[100]. Per ora temiamo non voglia navigare con ogni vento e tenere il piede in due staffe... Spiatelo... se vedete ch'ei ponga più corde al suo arco, avvertiteci in tempo, onde anche noi possiamo mettergliene al collo una sola.»

      E qui spiegato l'indice, continuava: «Vi raccomandiamo in seguito il principe di Orange: se costui avesse ingegno quanta possiede mala fede e valore, noi saremmo spacciati. Ma cotesta è stoffa di cui la trama sente di ribaldo, l'ordito del pecorone. Egli intende a grandi cose; — al conte Rosso di Bevignano ha dato ordine non consegni Arezzo ad anima viva, inoltre gli confidò in segretezza volersi instituire re d'Italia, o almeno di Toscana, sposare la duchessina Caterina e comporsi in qualche modo, dopo aver messo il becco all'oca, con lo imperatore e con noi: — il conte in segretezza lo ha confidato a quanti lo vollero e non lo vollero sapere: se noi temessimo troppo di lui, a quest'ora avrebbe un altro generale l'esercito, gli avelli della sua famiglia un altro morto... Non pertanto badatelo. — Noi confidiamo meglio sul capitano dei nostri nemici che non su quello del nostro proprio esercito...»

      «Il signor Malatesta Baglioni!»

      «Egli stesso, Giovanni. Vivi col tuo nemico oggi come se dovesse diventarti amico domani; vivi oggi con l'amico come se domani dovesse riuscirti nemico. Ma di lui in seguito: — ora, per procedere con ordine, udite e riponete in mente.» A questo punto stendeva il medio e poi proseguiva: «Importa moltissimo che veggiate di rinvenire modo ad appiccare qualche pratica con i cittadini: — eccovi il filo onde svolgiate agevolmente la matassa; prendete questo segno e a chiunque vi porterà il compagno date piena fede. Monsignore da Carpi già e Giovambattista Negrini vi appianavano il sentiero; voi avete ingegno quanto basta per dispensarmi da troppe parole. In Fiorenza troverete di tre sorte fazioni: Palleschi, Ottimati e Arrabbiati. Ai primi voi prometterete poco, e noi manterremo meno: primo, perchè e' presumono farci ricuperare la città quando non hanno potuto impedire che noi la perdiamo; e siccome intendono vendercela, pagandoli secondo quelle ingorde loro voglie, a noi non basterebbe, non che Fiorenza, Roma; poi, guardati molti, moltissimi sostenuti come sospetti, non possono affaticarsi senza danno manifesto della cosa in pro nostro; terzo finalmente, tutto quello potranno fare faranno senza incitamento, costretti dalla condizione in che e' si trovano: — dal governo popolesco nulla hanno a sperare; — di mutare parte ormai non è più tempo; mutando, dall'infamia in fuori, non possono guadagnare altro: — quindi ci si manterranno fedeli... — Con gli Arrabbiati perderete l'opera e il consiglio; — costoro a suo tempo convertiremo con le mannaie. Perchè quali parole ha detto Gesù Cristo nostro divino Redentore? Ogni albero che non fa buon frutto va reciso e buttato al fuoco. — Rimane la parte del Capponi, o vogliamo dire Ottimati: questi il tiranno odiavano, non la tirannide, e la mia famiglia cacciarono per ampliare la propria; — ma più del principato detestano la repubblica: ed ora che esperimentano sotto il governo democratico essere divenuti incresciosi all'universale e confusi con l'onda del popolo, non dubito che sieno per porgervi ascolto; imperciocchè l'uomo più volentieri si accomodi a servire un solo e dominare su cento che a non servire a molti e a non dominare veruno...» — Ora stende l'anulare e continua: «Nè meno vi raccomandiamo Zanobi Bartolini, uomo superbo, amante della libertà, ma di sè più assai: guadagnarlo è impossibile, ingannarlo difficile; qui conviene adoperare l'estremo dell'arte. Questi uomini di acuto intelletto presentano quasi sempre un lato da potere essere offesi, e consiste nello stimare sè troppo, — troppo poco altrui: — fingerete che noi ci abbandoniamo nelle sue braccia, che vogliamo in tutto e per tutto rimetterci in lui, che la libertà intendiamo aver ad essere salva, arbitro egli a dettarne i regolamenti, padrone di provvedere alle sicurezze e d'imporle; null'altro desiderare noi oltre quello che si concede a qualunque cittadino non omicida, non ladro, di vivere cioè e di morire nel dolce luogo ove sortimmo la vita.» — Spiegò tutta la mano e riprese: «Fuori di modo gioverà accontare la parte col signor Malatesta. Quantunque cotesti scapestrati giovani gentiluomini abbiano ridotto in pezzi la nostra statua, noi perdoneremo loro per averci ammazzato di cera, purchè si curvino ad adorarci di carne.»

      ... O papa Clemente, trema che cotesta effigie del Redentore non si animi... Cap. V, pag. 138.

      «Beatissimo Padre, il mondo conosce la saviezza vostra; e certo quello mi dite del signor Malatesta muove da profondo consiglio. Pure se la mia audacia non vi offende, Santità, avete quanto basta pensato alla scelleraggine di costui?»

      «Ella è una cosa questa di cui egli farà i conti col diavolo a suo tempo. A noi anche giova la sua nequizia. E poi imparate gli uomini non essere nè del tutto buoni nè cattivi affatto; — basta sapere adoperarli: — e qui sta l'arte. E così come voi e noi lo riputiamo scellerato e sia, credereste, Giovanni, che un giorno una intera popolazione supplicasse la Regina del cielo per la salute di lui e, conseguita la grazia, consacrasse una tavola votiva a Maria consolatrice?»[101]

      «Il popolo di Dio, per quello che lamentano i profeti, non edificò altari negli alti luoghi e vi adorò Moloc? Ma se la fama è vera, il glorioso pontefice Leone X vostro cugino, ora corrono dieci anni, non fece strangolare in castello Giampagolo padre del Malatesta? Non ha egli da vendicare il sangue di suo padre sopra la vostra famiglia?»

      «Certi beneficii nuovi non tolgono di mezzo ingiurie vecchie; — ora però a tale è condotto Malatesta che, mantenendocisi avverso, la vendetta perderebbe e gli stati; delle due cose, siccome savio, accomodandosi ai tempi, renunzierà ad una, — sarà la vendetta della morte paterna: noi faremo in modo che il giorno per questa non arrivi mai. E poi Nicolò Machiavelli osserva in qualche parte delle sue scritture che gli uomini la morte del padre ti perdonano, la perdita della roba no; e la esperienza ce lo fa toccare con mano.»

      «Renunzierà alla vendetta!... — Ella parmi cosa indegna cotesta del nome italiano; l'inferno aspetta colui che si tura le orecchie per non sentire il grido del sangue de' suoi.»

      «Voi volete dire, il cielo aprirà alla sua anima i tesori delle sue beatitudini.»

      «A Malatesta?»

      «Certo che sì. — Rinunziare alla vendetta è opera meritoria, — rinunziarvi a causa della maggiore esaltazione della Chiesa poi diventa opera anche più meritoria; — non bastando questo, noi gli concederemo l'indulgenza plenaria per le colpe commesse e per quelle che commetterà. — Andate ad aprire la porta...»

      Si era fatto sentire un battere lieve ad una delle quattro

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